In una buona storia c'è la bellezza sufficiente a riscaldarci il cuore

Intervista a Davide Camparsi, l'autore vincitore del XIX Trofeo RiLL
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2013]

Il vincitore del XIX Trofeo RiLL, Davide Camparsi, è un architetto, e svolge la sua professione a Verona, dove è nato nel 1970. Perché nulla vada perduto, il suo racconto che dà il titolo all’antologia 2013 della collana Mondi Incantati, l’ha spuntata sugli altri 259 testi partecipanti, ottenendo l’apprezzamento dei lettori-selezionatori del Trofeo RiLL (prima) e dei membri della Giuria Nazionale (poi).

Un risultato assolutamente significativo per un autore alla prima pubblicazione, e che abbiamo salutato con piacere: il fatto che il Trofeo RiLL, a diciannove anni dalla prima edizione, riesca (ancora) ad attirare e scoprire nuovi autori è un segno di buona salute, oltre che una bella conferma della capacità del concorso di raggiungere gli obiettivi per cui è nato.

Eccoci quindi a presentare ai nostri lettori il bravo Davide (e il suo racconto), che la Giuria Nazionale ha definito “potente e visionario; una storia di rinascita personale che diventa, sorprendentemente, epopea fantascientifica”.

Davide, il tuo racconto è molto particolare. Elementi tecnologici (come le nanotecnologie, le macchine super intelligenti e le astronavi) sono ben presenti nella storia, ma accanto a questi si rileva un forte “sentimento” visionario, se non addirittura mistico. È un connubio decisamente originale, rispetto ai racconti che normalmente riceviamo. Come nasce questa scelta?

Più che una scelta si tratta di una suggestione, dovuta al fatto di scrivere una storia a tema libero finalizzata a partecipare al Trofeo RiLL. Il tentativo è stato quello di esprimere la meraviglia del fantastico attraverso le varie possibilità e contraddizioni della mente umana: che si trattasse della sua capacità di immaginare e realizzare il futuro, di rivivere un leggendario passato creato dalla letteratura o in qualche modo nel trovare risposte a domande sulla natura umana - che è forse l’unica costante del progresso e della storia.
Pensavo quindi ad un racconto ad ampio respiro, ma contenuto nella brevità richiesta dal concorso.
Un linguaggio poetico mi sembrava il più adatto a definire i punti salienti della trama e a lasciare lo spazio per intuizioni e suggestioni personali.

Altro elemento particolare è il protagonista: un ragazzo autistico.

Questa scelta è stata condizionata in parte dal fatto che talvolta le persone affette da tale disturbo presentano tratti peculiari nelle loro capacità mentali, e ciò tornava utile all’economia del racconto.
In parte inoltre avevo il ricordo di un vecchio racconto di Asimov che mi aveva colpito a suo tempo, in cui il protagonista - affetto da disturbi simili - se pur all’esterno appariva “manchevole” di qualcosa rispetto alla norma, nell’intimità del suo essere provava la stessa ricchezza di emozioni di qualsiasi altro essere umano. Questo mi ha sempre fatto riflettere su ciò che comunemente viene definita come “diversità” e su quanto le differenze possano essere ingannevoli e sviarci dal vero.

All’inizio del racconto, quando ti concentri sulla condizione iniziale del protagonista, fai riferimento alla clinica dove vive, facendola chiamare “Zoo” dai suoi stessi custodi. Mi hai detto che questo è connesso ad alcune tue riflessioni legate al futuro...

In questo caso si tratta appunto di mie riflessioni personali, legate proprio allo sviluppo scientifico e alle nuove scelte che tale sviluppo ci porterà a fare. Se immaginiamo un futuro, ma anche un presente, dove è possibile scegliere se portare avanti la gravidanza di un embrione sano rispetto ad uno malato, credo che ognuno di noi, trovandovisi di fronte, opterebbe per la prima scelta. Ma dove non si cura la patologia di cui l’embrione è affetto, ed invece si sceglie tra queste due possibilità, io mi trovo a disagio.
Personalmente, e senza dare alcun giudizio, ho il timore che persone affette da determinate patologie non avranno più la possibilità di nascere (o, come nel racconto, una volta nate verranno viste alla stregua di bizzarrie). Non credo sia un discorso religioso, quanto invece un interrogativo legato alla nostra umanità.
Non posso non chiedermi se ritenere accettabile una scelta simile non ci privi comunque di una parte importante (e alla lunga fondamentale) di ciò che siamo intimamente.

Perché nulla vada perduto, oltre che la tua prima pubblicazione, è uno dei tuoi primi racconti, visto che scrivi “stabilmente” dal 2012. Come è nata in te la voglia di scrivere?

Mi ha spinto a scrivere semplicemente il desiderio di tentare di restituire qualcosa di tutto il piacere e la bellezza che ho ricevuto in questi anni da appassionato lettore.
Il mio obiettivo: scrivere una buona storia, che procuri al lettore almeno altrettanto piacere di quanto ne provavo io (e ancora ne provo oggi) di fronte a una buona storia. Credo che in una buona storia ci possa essere sufficiente bellezza a riscaldarci il cuore, appassionarci e desiderare di essere un po’ migliori.
Direi grazie cento volte a Stevenson, Verne, Dickens, H. G. Wells, Asimov, King, Simmons, Pennac e a tanti altri, ma la lista sarebbe troppo lunga per includerli tutti.


Leggi l'intervista agli autori del XIX Trofeo RiLL e di SFIDA 2013 pubblicati nell'antologia "Perchè nulla vada perduto e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni".


Nella foto: Davide Camparsi a Lucca Comics & Games 2013, nel corso della premiazione del XIX Trofeo RiLL.
(foto di Francesco Kaitner)

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