Scrittura e Gioco, un approccio differente

Il report del seminario di Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti a Lucca Comics & Games 2015
di Giorgia Pandolfo
[pubblicato su RiLL.it nel novembre 2015]


Nell’ambito di Lucca Educational 2015, Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti, ospiti di RiLL e del festival toscano, hanno tenuto un seminario intitolato “Scrivere Giochi, Scrivere di Giochi”. Giorgia Pandolfo ci racconta questo incontro…

Mi ero ripromessa di non andare a Lucca Comics & Games quest’anno, non trovo affatto divertente essere stritolata. Ho fatto le valige solo per il seminario di Andrea Angiolino e Beniamino Sidoti (“Scrivere Giochi, Scrivere di Giochi”) perché da qualche tempo ho iniziato a censire, nel piccolo progetto Emeroteca Ludica, la gran quantità di siti e sitarelli che, in questo mondo chiacchierone, di continuo nascono per parlare di gioco.

Per chi non conoscesse i due relatori, Andrea e Beniamino (qua sotto ammirabili in doppia foto, NdP) hanno firmato molti giochi e molte recensioni, sono stati nominati esperti di gioco dal Ministero dell’Istruzione, hanno affrontato la fatica di raccogliere lo scibile ludico in un Dizionario dei Giochi edito da Zanichelli; inoltre, sin dalla prima edizione sono giurati del Trofeo RiLL.


Per parlare dello scrivere giochi – il regolamento – e dello scrivere di giochi – la recensione – Beniamino, che è un semiologo, ha aperto le danze parlando di cosa compone il gioco: sorprendente la decisione di lasciar chiuso il vaso di Pandora della definizione del gioco, sfuggente e complessa, per fissare l’attenzione sulla concretezza di quello che in sostanza è il gioco.

Per intenderci, ci hanno chiesto: “Prova a descrivere il tuo gioco ideale, o quello che hai nel cassetto; come lo descriveresti in pochissime parole?”
Le risposte sono state diverse, ad esempio: “Una simulazione di guerra tra sottomarini nucleari dove tenere conto del sabotaggio da parte delle spie”, oppure “un gioco di carte dove si narra una storia a partire dalle immagini” e così via.

Quasi inevitabilmente, le risposte toccano tre punti: Meccaniche, Ambientazione, Materiale.

La Meccanica del gioco oggi ha una serie di termini in uso: si chiamano gestionali quando viene premiata la capacità di organizzare le risorse, cooperativi se la vittoria è di tutti contro il gioco. Si può scendere anche nel dettaglio, con tecnicismi su ogni singolo aspetto, più semplicemente si può sintetizzare la meccanica con “il gioco funziona così”.

L’Ambientazione ci porta alla definizione di giochi astratti se, come nel go o la dama, nulla nel gioco ci fa pensare a qualcosa che riguardi la realtà; andando avanti incontriamo giochi dall’ambientazione vaga (come gli scacchi, che rappresentano una battaglia); approfondendo sino ai dettagli più pittoreschi arriviamo infine ai giochi di simulazione.

Il Materiale è la sostanza fisica del gioco, comprende anche il design. Anzi, comprende persino le cose immateriali! Esistono infatti i non giochi, che si basano sulla sorpresa, oppure sulla non conoscenza di qualcosa: fanno parte di questa categoria gli scherzi o, più concretamente, molti dei giochi utilizzati nella formazione e selezione del personale.

Il fatto interessante è che questi tre elementi possono fare la differenza tra un gioco e l’altro; pensiamo al vecchio Paroliere ed al moderno Ruzzle: la meccanica è la stessa ma sono ben differenti; è il materiale in questo caso che trasforma un placido gioco in un successo mondiale.
Oppure pensiamo a Wings of Glory, il gioco di carte che simula i combattimenti aerei delle guerre mondiali: qui la meccanica è incastonata nel materiale, perché sono le carte stesse ad indicare come si muovono degli aerei, senza che i giocatori debbano fare calcoli.

Questi sono gli elementi principali, ma ce n’è almeno un altro.
Per parlarne, Beniamino ha letto giusto giusto la descrizione del mio gioco nel cassetto: “un seriuos game per esorcizzare la sofferenza”. Ecco, appare così l’elemento spurio del contenuto: può essere espresso attraverso le componenti che abbiamo visto e può fare di un gioco un veicolo di informazione, educazione, formazione, espressione di un pensiero politico, qualcosa insomma che non riguarda esclusivamente il piccolo fittizio mondo che creiamo giocando.
Un esempio può essere il primo dei giochi storici che conosciamo, il Senet, che troviamo nelle tombe egizie e richiama nelle raffigurazioni il Libro dei Morti.

Ora che abbiamo capito di cosa stiamo parlando, passiamo ad affrontare il punto di redigere regolamenti e recensioni di giochi: a dispetto dell’argomento, questi esercizi di scrittura non hanno granché di giocoso.

Sebbene esistano video tutorial ed infografiche, che sono la versione moderna della consolidata tradizione orale della spiegazione del regolamento (pochissimi, è noto, hanno mai letto le vere regole del celebre Monopoli), non si scappa: da qualche parte bisogna pur fissare le regole, scrivere un regolamento è indispensabile.
Si tratta di un esercizio delicato, perché vuol dire tracciare i confini e le leggi del piccolo mondo che il gioco rappresenta; occorre essere consapevoli che si tratta di un lavoro che per molti aspetti somiglia a quello del technical writer, quindi bisogna avere la stessa attenzione alla terminologia ed alla chiarezza che si usa per spiegare il funzionamento di un elettrodomestico.

Ovviamente, un gioco non è un elettrodomestico, quindi ci sono delle sostanziali differenze!
Una, ad esempio, è che nel gioco non esiste una terminologia univoca: uno stesso concetto può essere spiegato in più modi, sicuramente di più di quelli in cui puoi chiarire che il ferro da stiro va attaccato alla presa elettrica o che a un bottone corrisponde una certa funzione. L’univocità della terminologia (es. il nome di un dato movimento delle pedine sulla plancia di gioco da tavolo, o di una classe di personaggi in un gioco di ruolo) va comunque perseguita all’interno di uno stesso regolamento/ manuale (anche se tradotto, magari a più mani).
Un’altra, essenziale, caratteristica dello scrivere un regolamento di un gioco è che bisogna tenere conto di tanti aspetti che con l’oggetto in sé hanno poco a che fare, a cominciare dalla libertà d’azione che viene lasciata ai giocatori (motivo per cui la scatola rossa di Dungeons & Dragons è stata tanto amata).

Gipi, il noto fumettista che ha tentato di realizzare completamente da solo il suo gioco Bruti (uscito a Lucca Comics & Games 2015), mi ha detto che si è trovato costretto a cedere la penna proprio ad Angiolino per scriverne il regolamento, riconoscendo che la fatica di organizzare la spiegazione delle regole richiede una forma mentis che non è la sua.

Curiosamente, in Bruti, il potere evocativo del materiale (composto da disegni d’autore, una ricerca lessicale profonda e – attenzione! - un elemento nascosto e non scontato: la predisposizione all’immaginario del giocatore) forza in modo sottile la meccanica, che predispone alla narrazione.
Questo aspetto condiziona pesantemente la valutazione del gioco, per cui in rete si leggono opinioni diametralmente opposte: l’elemento della morte improvvisa in battaglia, ad esempio, è accettato da chi lo vive come amaro epilogo di un racconto, mentre sconcerta chi cerca di ottenere dal gioco la giusta ricompensa al suo impegno nella battaglia. Questione di gusto.




Ci colleghiamo così alla recensione.
Andrea Angiolino – che, a proposito di gusto, si è presentato durante il seminario come recensore della guida di ristoranti Roma nel piatto (ed. La Pecora Nera) – ha ricordato a tutti una delle frasi di Borges che meglio esprime la predisposizione d’animo che dovremmo tenere quando esprimiamo giudizi: censurare e lodare sono operazioni sentimentali che non hanno nulla a che fare con la critica (J. L. Borges, "Finzioni")

In effetti, queste parole racchiudono il contenuto che poi Beniamino ha espresso attraverso una serie di consigli, che erano sostanzialmente inviti alla moderazione, a valutare il contesto, a considerare l’oggetto del nostro giudizio: spesso le considerazioni negative riguardano solo in apparenza una delle tante figure professionali che sono coinvolte nella realizzazione di un gioco. Di rado gli errori sono macroscopici, ma il pensiero ridacchiante va al regolamento de I Cavalieri del Tempio, interamente stampato in caratteri gotici (e non certo per volontà degli autori!). Questo esempio mi porterebbe a parlare di usabilità ed accessibilità del gioco, argomento troppo spesso trascurato e che mi avvelena, ma torniamo a noi.

Tirando le somme del parlare di giochi attraverso lo scrivere recensioni e regolamenti, un aspetto senz’altro il accomuna: non si scrive per se stessi ma per qualcuno.
Ecco, a questo punto sono in difficoltà perché di questo tema starei a parlare per ore, meriterebbe un articolo perché è fondamentale cercare di mettersi nell’ottica di scrivere per altri: a partire dall’editore, che può chiedere di inserire elementi inizialmente non previsti, continuando con i giocatori talvolta esigenti altre distratti, fino (nel caso delle recensioni) al pubblico dei lettori che molti siti prevedono essere composto da appassionati – e allora visto il limitato bacino d’utenza diventa indispensabile distinguersi per trovare una propria identità evitando di sovrapporsi –, mentre davvero pochi considerano le esigenze degli altri, le persone estranee alla grande offerta ludica ma che potrebbero avvicinarsi per tanti motivi se gli fornissimo gli strumenti, se fossimo “amichevoli”: potrebbero usare il gioco per divertirsi, certo, ma anche per educare, per stimolare le capacità dei bambini, per accompagnare l’invecchiamento, per integrare la didattica o per tanti diversi altri motivi.

Questo seminario ha tradito le mie aspettative iniziali di ficcanaso, ero andata solo per osservare chi tra i bloggers ludici avrebbe avuto voglia di ascoltare la voce degli esperti relatori, credevo che si sarebbe aperto una sorta di gruppo di “auto-aiuto”, così non è stato ma l’incontro mi ha dato molto più di quanto sperassi di poter ricevere: un’aumentata consapevolezza sui punti di forza di alcuni giochi, che ora mi appaiono più densi.

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