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Intervista a Luca Trugenberger, scrittore e, dal 2006, giurato del Trofeo RiLL
di Andrea Angiolino
[pubblicato su RiLL.it nell'aprile 2006]
Come ti presenti a quelli tra i nostri lettori che non ti conoscono?
Semplice: io sono una persona che si interessa di persone. Da tutti i punti di vista. E questo spiega i tanti mestieri che ho fatto e quelli che tuttora faccio. Dall’attore al medico, passando per lo psicotraumatologo e lo scrittore. Questo sono io di base. Il resto diventa materia di arbitrio. Di che cosa si parla quando si vuole descrivere una persona? Gli ambiti e i campi in cui addentrarsi sono mille e ognuno contribuisce a dipingere la "vittima" in un modo o nell’altro anche per il solo fatto di essere stato incluso nell’elenco di quelli riportati. Oppure escluso. Parlerò dunque solo di un’altra mia caratteristica: io sono una persona che ama lo stupore. Amo la meraviglia. Amo stupire e meravigliare. Sia me stesso che gli altri. E cerco di farlo, in sensi e modi diversi, sia quando curo i miei pazienti che quando racconto una storia.
Quando hai cominciato a raccontare per iscritto? E come hai iniziato a pubblicare quello che scrivevi?
Ho cominciato per divertimento senza pensare che ne avrei mai fatto qualcosa di serio. Poi, anni più tardi, mi è capitata l’occasione di collaborare con l’editore Bonelli e così ho scritto per lui alcune storie di Mister No. Per il resto, per la pubblicazione dei miei romanzi, devo tutto a Roman Hocke, mio agente e, ormai da un pezzo, amico.
E grazie a lui, nelle librerie italiane troviamo diversi tuoi volumi: "Il Risveglio dell'Ombra", ultimamente ripubblicato come tascabile; il recentissimo "Il Predatore di Magia" uscito con Rizzoli, seguito fruibile in maniera indipendente; il ciclo per ragazzi di Damlo il Rosso. Ce li presenti brevemente, per aiutare il tuo aspirante lettore a orientarsi?
Il Risveglio dell’Ombra è il mio romanzo d’esordio. Quello durante la stesura del quale (cominciata un po’ per gioco) mi sono reso conto che potevo scrivere "davvero". È un fantasy che, pur appoggiandosi a situazioni di genere tolkeniano (vi ho espressamente inserito, nascondendoli, due "omaggi" al maestro), vive di una storia sua. Originale. Racconta le avventure di un adolescente alle prese con la sua età e con l’avventura di scoprirsi "molto" speciale.
Il ciclo di Damlo il Roscio è una riduzione (in realtà un ampliamento) de Il Risveglio dell’Ombra, scritto per rendere la storia leggibile con facilità anche dai ragazzi più giovani. Dividerlo in tre volumi è stata un’operazione complessa perché, se un romanzo è stato steso con un minimo di criterio, non lo si può facilmente prendere e spezzare sperando che le parti risultino leggibili anche una alla volta. Magari, anche in ordine inverso. E infatti, per ottenere questo risultato, ho dovuto scrivere una fine per il primo volume, un inizio e una fine per il secondo, e un lungo inizio per il terzo.
In tutto ne sono uscite quasi duecento pagine di avventure supplementari, con nuovi personaggi e nuove situazioni. Tutte perfettamente compatibili con ciò che avevo scritto ne Il Risveglio dell’Ombra, cosa di cui vado piuttosto soddisfatto.
Per quanto riguarda Il Predatore di Magia, come hai detto, pur essendo un romanzo leggibile di per sé, è il seguito de Il Risveglio dell’Ombra. Allo stesso tempo, però, e sempre rimanendo un libro perfettamente godibile anche senza conoscere gli altri, costituisce il primo terzo di una trilogia alla quale sto lavorando e che, spero, finirò entro un paio di anni.
In un mondo ricco e variegato come il Fantasy, quale pensi che sia la specificità dei tuoi libri?
Io amo le persone. Certo, le avventure mi piacciono moltissimo. Così come la magia, le guerre epiche o qualsiasi altro "vestito" vogliamo dare a un personaggio in azione e al mondo che lo circonda. Di base, però, io amo le persone. E di persone parlo. Di come agiscono, di come reagiscono. Di cosa provano e del perché si comportano come fanno. Ne parlo senza psicologismi, naturalmente, facendo vivere ai lettori quel che succede senza fornire interpretazioni più o meno cervellotiche. Però è di quello che tratto. In pratica, quando scrivo sono molto vicino ai miei personaggi. Sia ai "buoni" che ai "cattivi".
Tu sei un giocatore: a cosa ami giocare?
Amo giocare a tutto. Penso che il gioco rivesta nella vita un ruolo insostituibile.
Al di là del divertimento (che comunque ne è parte essenziale) il gioco è spesso l’unico modo che abbiamo per "provare" cose necessarie ma rischiose, senza incorrere nei pericoli che rappresentano. Guarda come giocano i gattini. Quello che fanno, in realtà, è imparare a tendere agguati senza rischiare di morire di fame quando sbagliano l’assalto. Noi facciamo lo stesso. Per esempio, giocando, impariamo a competere senza ucciderci a vicenda. Impariamo ad accettare le sconfitte quando arrivano, e non è poco. Impariamo a gestire le relazioni col nostro prossimo. Imparare senza rischiare. Pensa ai simulatori di volo...
Pensi che i giochi che fai abbiano influenzato quello che scrivi?
Ti dico solo che la scelta stessa del mio genere di esordio, il Fantasy, è stata influenzata dal fatto che in quel periodo giocavo molto su Lumen et Umbra, uno dei primi MUD italiani.
I tuoi libri sono tradotti anche all'estero: dove?
In Germania e in Corea, per il momento. Forse dovrei dire anche in Brasile ma, finché non lo vedo scritto nero su bianco... E questo vale anche per le trattative che sono in corso con diversi altri paesi.
I libri tedeschi hanno una grafica completamente diversa. Ti riconosci più nel Damio il Rosso italiano o in quello d'oltralpe? O te lo immagini ancora diverso?
Mi hanno spiegato che il creare una copertina "funzionante" è una "magia" che va lasciata agli artisti del luogo in cui il libro verrà distribuito. Pare che i lettori di ogni paese, infatti, siano abituati a immagini e a grafiche che poco o nulla hanno a che fare con quelle familiari ai lettori di un’altra nazione. Perciò io mi riconosco nel Damlo che ho scritto, e non in quello che alcuni disegnatori, certamente valenti, hanno ideato ognuno per i lettori del proprio paese.
Il passaggio a un editore di primissimo piano come Rizzoli non è certo un salto da poco. Cosa ne pensi?
Che sono molto fortunato. Ancora fatico a crederci. Quando ci rifletto, mi scopro a cercare con la mano la sveglia sul comodino... Finora non l’ho trovata. Perciò, forse, tutto va bene.
Da ora in poi lavorerai ancora con Damlo? Passeranno a Rizzoli anche i tuoi titoli precedenti?
La risposta alla prima domanda è: spero proprio di sì. Quanto alla seconda, naturalmente, bisognerebbe porla a Rizzoli. Quel che ti posso dire è che i diritti dei libri già pubblicati sono stati concessi solo per un certo numero di anni. Quando torneranno a me, si vedrà.
Inevitabile la domanda di chiusura: quali sono i tuoi progetti per il futuro, in campo narrativo?
Come puoi immaginare, sono molto legato a Damlo e non penso di abbandonarlo. Anche perché so che la sua storia è ancora lunga e piena di risvolti movimentati. Però è vero che, oggi, uno scrittore non deve farsi confinare in un solo genere. Altrimenti viene etichettato e questo può rivelarsi controproducente. E, infatti, pur senza abbandonare il lavoro sui seguiti de Il Risveglio dell’Ombra (la trilogia Fantasy di cui ho già parlato) ogni tanto mi titillo i neuroni con una certa vicenda che si svolge ai giorni nostri...