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Lezioni sul mondo, la letteratura fantastica e l’Alzheimer attraverso il fantasy umoristico di Terry Pratchett
di Francesca Garello
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2010]
Un giorno di molti anni fa il mio amico Andrea si presentò a casa mia con un sacchetto di plastica. Stava traslocando per l’ennesima volta e chiedeva ospitalità per un po’ di libri a cui teneva e che non voleva rischiare di perdere nei vari spostamenti.
Ovviamente dissi di sì, già pregustando il piacere di ficcanasare tra le sue letture, sempre interessanti.
Il primo esame però mi procurò una delusione: la prima manata di libri che tirai fuori dal sacchetto era la serie completa della Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams. Mannaggia, l’avevo già letta tutta.
Un po’ contrariata allungai nuovamente la mano dentro il sacchetto e tirai fuori una serie di tre libri piuttosto sottili, con copertine esageratamente illustrate, e lessi il primo titolo: Truckers.
In che senso? pensai. Un romanzo sulla dura vita dei camionisti? E allora che c’entravano i buffi ometti con orecchie a punta che si affollavano sulla copertina?
Esaminai quindi gli altri due volumi per chiarirmi le idee: il secondo era intitolato Diggers (sulla copertina una ruspa gialla letteralmente ricoperta dai medesimi ometti caracollava gagliardamente nella neve) e il terzo Wings (gli ometti a bordo di un’oca volteggiavano attorno ad uno Shuttle sulla rampa di lancio).
Rimasi perplessa. Che roba era? Nonostante i tre libri fossero conservati assieme alla quadrilogia di Adams non sembrava trattarsi di fantascienza. Data la presenza degli ometti con le orecchie a punta si sarebbe potuto ipotizzare che fosse fantasy, ma allora come spiegarsi la ruspa e lo Shuttle?
Quanto all’autore, mai sentito nominare. Non si capiva neanche di che sesso fosse. Terry Pratchett. Terry è un nome da donna o da uomo, mi chiesi?
Non c’era che un unico modo per capire che roba fosse: leggere. Quindi aprii il primo libro con circospezione e lessi.
Un’oretta dopo, folgorata come si conviene dopo una Rivelazione, istituivo il nuovo culto della Pratchettology proclamandomene contestualmente Somma Sacerdotessa.
Terry Pratchett, ora lo so, è un signore inglese di poco più di sessant’anni, prolificissimo autore di un genere molto speciale che praticamente viene bene solo a lui, ovvero il fantasy umoristico.
Scrive dal 1971, anno in cui pubblicò il suo primo romanzo intitolato Il popolo del tappeto, la storia dell’avventuroso viaggio di una razza di minuscoli folletti, i Munrungs, attraverso il loro mondo, un normale tappeto, appunto, che però per loro rappresenta l’universo intero.
Al popolo del tappeto sono seguiti tanti altri libri affollati da strani personaggi, tra cui i miei Truckers, in italiano Il piccolo popolo dei grandi magazzini (1989). Simili ai folletti del Tappeto, vivono appunto in un grande magazzino che credono l’universo e che sta per essere demolito. Ecco quindi che devono intraprendere un periglioso viaggio con vari mezzi di trasporto per salvarsi e trovare una nuova terra promessa. Il problema è che essi non credono che esista alcunchè al di fuori dallo Store ed anzi, anche solo accennare alla presenza di un “fuori” è eresia, e quindi comprenderete come salvarli dalla distruzione sia piuttosto complicato per l’eroe, tanto da richiedere una trilogia completa, come il Signore degli Anelli.
Ma la serie più famosa di Pratchett, quella per cui è universalmente celebrato, è certo quella del Mondo Disco. Si tratta di una serie di circa 30 libri, ambientata in un mondo fantasy in cui sono riconoscibilissimi molti elementi presenti in varie opere del genere, ma mescolati, interpretati, reinventati in modo tale da rendere le storie assolutamente irresistibili e anche molto piene di riferimenti letterari “seri”.
Ed è precisamente questo che amo in Terry Pratchett (e mica solo io, visto che la regina Elisabetta l’ha anche fatto cavaliere per meriti artistici): la sua capacità di utilizzare contemporaneamente toni umoristici e “leggeri” e contenuti intelligenti.
Questo aspetto va chiarito subito, per non incorrere in dannose incomprensioni. Scrivere “fantasy umoristico” nel senso in cui lo fa Pratchett non vuol dire descrivere situazioni ridicole ambientate in uno sfondo di cavalieri e maghi generici. Per strappare un sorriso Pratchett non ha bisogno di mettere in ridicolo situazioni o personaggi già noti al pubblico dei lettori del fantasy. Insomma, non fa parodie. Non immaginatevi nulla di simile a Bored of the Rings o simili.
Il mondo fantasy della saga del Mondo Disco è del tutto originale, pur avendo riconoscibili caratteristiche di genere: come si comprende dal nome della saga, il mondo in cui si svolgono le sue storie è piatto ed è sostenuto da quattro elefanti che a loro volta poggiano su un’immensa tartaruga, A’Tuin, la quale viaggia eternamente attraverso l’universo.
Sul Disco esistono vari regni, ma la città in cui si svolgono la maggior parte delle storie è Ankh-Morpork, una caotica metropoli in cui tutto può accadere (e accade), attraversata dall’Ankh, il fiume più inquinato del mondo, le cui acque sono così piene di roba innominabile che sono quasi solide, tali da poterci camminare sopra. In questa città si trova l’Università Invisibile, magica sede di insegnamento e residenza dei più illustri maghi del mondo. Questa società medievale è governata dal machiavellico Lord Vetinari, politico abile e senza scrupoli la cui educazione giovanile si è svolta presso la locale Gilda degli Assassini.
Gli elementi principali di questa ambientazione, però, non servono a Pratchett soltanto per creare l’ossatura delle sue storie, ma anche per inserirvi una garbata ma riconoscibile satira sociale.
Lord Vetinari, per esempio, offre numerosi spunti per riflessioni sul potere e sulla politica. Ispirato a un modello di “signore” italiano (nel senso di signore mediceo, non fraintendetemi), è spregiudicato ma coerente nel perseguire la sua politica di rafforzamento del potere e di amministrazione della cosa pubblica. Per esempio, una delle più riuscite imprese del “Patrizio”, come anche viene chiamato, risulta essere la repressione di attività illegali come il borseggio e la rapina da strada. Ciò è stato astutamente conseguito mediante un accordo proposto alle Gilde dei Ladri: le Gilde divengono “legali”, i suoi membri di rango più elevato stimati membri della società, ma in cambio le attività dei suoi affiliati vengono disciplinate con fermezza, e i non affiliati che esercitino il mestiere senza “patente” vengono immediatamente arrestati. Per questo motivo i cittadini di Ankh-Morpork, dietro una modesta quota, possono serenamente passeggiare per le più malfamate strade con la certezza che non saranno aggrediti più di cinque volte all’anno, ogni volta dietro regolare ricevuta. Insomma, più che repressione si tratta di regolamentazione dell’illegalità. Un esempio da manuale di realpolitik.
Un altro notevole spunto per riflessioni sociali viene offerto dall’Università Invisibile. Il corpo docente è composto dai maghi più eccelsi del Mondo Disco che portano i più improbabili titoli accademici: Professore emerito di Geografia Crudele e Inusuale, Professore associato di Accuratezza Approssimata, Lettore di Scritture Invisibili, Capo Dipartimento della Comunicazione post-mortem (la necromanzia vera e propria è proibita), ecc. Ma a parte il fatto che questi docenti sono maghi, la struttura dell’Università è esattamente quella di una qualunque simile istituzione inglese e questo permette a Pratchett di prendere amabilmente in giro la tendenza del mondo accademico a rinchiudersi in un mondo autoreferenziale e piuttosto egoistico. Vediamo quindi i maghi pigramente impegnati in discussioni su quante qualità di formaggi dovrebbe avere il carrello dei formaggi della mensa dei docenti per essere definito accettabile (almeno 103) oppure sfidarsi in uno dei loro sport preferiti, “Mangiare Competitivo” o “Pennichella Estrema”.
Ovviamente spesso i personaggi di Pratchett sono semplicemente divertenti e basta: uno dei più assurdi è il cosiddetto “Bagaglio”, un pericoloso baule magico senziente con moltissimi piedi e una grande bocca dentata definito “metà valigia, metà maniaco omicida”. Inseparabile compagno del l’imbranato mago Scuotivento lo segue ovunque (spesso contro la sua volontà) fungendo da sua guardia del corpo e nello svolgimento di questa attività a volte inghiotte persone e cose (anche molto grandi come intere navi) per non restituirle mai più.
Ma non sono soltanto i contenuti delle storie a rendere irresistibile la prosa di Pratchett, è anche lo stile. Contrariamente a quanto normalmente in uso nella narrativa, utilizza spesso le note a piè di pagina, un sistema di sicuro effetto per cambiare significato o aggiungere sfumature a una situazione apparentemente “normale”. La nota interpreta in modo ironico quanto detto nel testo o vi aggiunge particolari buffi o riflessioni personali dell’autore, spesso vere e proprie considerazioni sulla società contemporanea e sulle abitudini del nostro mondo.
Inoltre, Pratchett non usa suddividere la storia in capitoli, ma utilizza una narrazione continua, il che consente di essere completamente avvolti dalla storia, senza interruzioni o cesure. A chi gli chiede perchè, fa notare che la vita non è normalmente divisa in capitoli. In realtà in qualche caso compaiono capitoli nei sui libri, come per esempio in Going Postal e Making Money (non ancora tradotti in italiano), ma Pratchett si è giustificato dicendo che qualche volta deve pure inserirli perchè il suo editore li vuole e urla finché non viene accontentato.
Altri artifici utilizzati per movimentare la narrazione e inserire piccoli tocchi umoristici sono legati alla resa grafica di certe frasi. Per esempio, Morte (no, non è metaforico, si tratta proprio del Tristo Mietitore) parla sempre in tutte maiuscole e il discorso diretto non è mai preceduto da segni di interpunzione tipo virgolette o trattini. È un modo per suggerire l’idea di un tono di voce sepolcrale e privo di inflessioni umane, che non si sente nell’aria ma direttamente nella mente dell’interlocutore, come emesso per telepatia. Ciò provoca un irresistibile contrasto, invece, con ciò che dice. Morte non è affatto “piatto”, quando parla, o avulso dalla realtà: al contrario, si dimostra sempre sarcastico, allusivo, profondo conoscitore dell’animo umano e rappresenta un sofisticato esempio di humor nero molto inglese e magistralmente eseguito.
Detto tutto ciò, si potrebbe concludere che Pratchett sia un autore universalmente amato e riconosciuto come uno dei maestri del genere fantasy del XX secolo (e di un pezzo del XXI).
Infatti è così quasi dappertutto, tranne che in Italia.
Se cercate i libri di Pratchett in una qualsiasi libreria ben rifornita (mettiamo Feltrinelli), ne troverete una decente selezione nella sezione della letteratura per ragazzi ma non lo troverete quasi mai nella sezione generale fantasy (quella per intenderci dove si può trovare Tolkien, la Rowling o la Meyer... vabbè, questa magari potevo anche non citarla). Nelle piccole librerie la situazione invece è drammatica: un paio di titoli se va bene, di solito i più recenti. A questo, poi, va aggiunto il fatto che non tutti i libri sono stati tradotti in italiano, quindi chi non legge in inglese si ritrova con una scelta ancora più limitata nonostante la possibilità di acquistare le versioni originali da Amazon.
Non voglio minimamente sminuire la letteratura per ragazzi, ma onestamente non credo proprio che Pratchett debba essere confinato in essa. Le sue storie hanno diversi livelli di lettura, uno dei quali è certamente adatto ai bambini (mia figlia di 10 anni sta leggendo con grande divertimento Il colore della magia), ma altri livelli richiedono una competenza di lettori che i bambini non possono avere.
Per fare un paio di esempi, alcuni accenni sono chiaramente riferiti al fantasy classico: il mago di più alto grado del Mondo Disco, l’Arcicancelliere dell’Università della magia Munstrum Ridcully, è anche detto “Ridcully il Marrone”, con evidente allusione a Gandalf il Grigio e Saruman il Bianco. Per non parlare di Cohen il Barbaro, il più celebrato eroe del Mondo Disco (ora in pensione perché novantenne, ma ancora tosto), noto per le sue classiche imprese di salvare fanciulle in pericolo, sgominare malvagi sommi sacerdoti di culti oscuri, saccheggiare antiche rovine ecc.
Ma altri riferimenti spaziano tra generi letterari classici e di elevato livello. Il romanzo Sorellanza stregonesca ha così tanti rimandi al Macbeth di Shakespeare che se non si conosce l’opera di partenza si perde la metà del divertimento nella lettura. Così come se non si conosce la poesia Il Corvo di Edgar Allan Poe è difficile capire le allusioni contenute nel personaggio minore di Quoth, un corvo che accompagna spesso Morte.
Vi sembra roba per (soli) bambini questa?
Abituata alla triste vita di una sacerdotessa pratchettiana in Italia è stata quindi una grande gioia per me l’estate scorsa fare un viaggio in Inghilterra. Qui la Pratchettology è senz’altro una delle principali fedi letterarie.
Sempre per rimanere nel campo delle librerie di grande diffusione sul modello di Feltrinelli, le opere di Pratchett non soltanto non sono confinate alla sezione per ragazzi, ma anzi risultano tra i best-sellers in generale (cioè non nella categoria “fantasy” o “fantastico” o analoghe).
A Londra, nella libreria Waterstone’s di Trafalgar Square, Terry Pratchett risultava in testa alla classifica dei più venduti del negozio, come dimostra la foto che ho devotamente scattato (riportata sopra, NdP). Inoltre, ben tre scaffali della libreria erano dedicati all’autore e alle sue numerose opere, senza contare le graphic novel che stavano in un’altra sezione del negozio in bella esposizione. A Cambridge, d’altra parte, presso l’intellettualissima libreria della Cambridge University Press ho potuto comprare la mappa ufficiale di Ankh-Morpork, reliquia di cui neppure immaginavo l’esistenza.
Inoltre, nel corso di questo viaggio ho potuto toccare con mano l’ampiezza del successo che in Inghilterra riscuotono le opere di Pratchett. La diffusione presso un pubblico molto diversificato è rappresentata dalla realizzazione delle due citate graphic novel (ispirate a Il colore della magia e La luce fantastica) e ben tre film per la tv: uno tratto da Hogfather (realizzato nel 2006, da un romanzo non tradotto in italiano), uno da Il colore della magia e La luce fantastica (2008, in cui il ruolo di Vetinari è stato impersonato nientemeno che da Jeremy Irons e la voce di Morte affidata a Christopher Lee) ed uno da Going Postal (appena uscito nell’agosto 2010).
Rinfrancata da questo pellegrinaggio pratchettiano sono tornata in Italia piena di fervore e intenzionata a fare molti proseliti.
Vi esorto quindi a leggere più libri possibili di Terry Pratchett, non soltanto perchè così la vostra vita risulterà molto migliorata ma anche perchè potreste presto non averne più la possibilità. Dal 2007 Pratchett si è scoperto malato di Alzheimer e, benché si sia sottoponendo a tutte le cure possibili, spesso offrendosi anche come cavia per eventuali terapie sperimentali, la malattia sta lentamente progredendo. Scrive ugualmente, ma con l’aiuto di un collaboratore a cui detta i testi. Va ancora alle convention e alle presentazioni dei libri e firma autografi, ma non riesce più a scrivere le dediche personalizzate a chi gliele chiede.
Come è nel suo stile, ha preso questa disavventura con realismo, speranza e senso pratico. Ha subito fatto una cospicua donazione all’Alzheimer Research Trust, ben un milione di dollari, che ha scatenato una campagna dei suoi fan su Internet per eguagliare la cifra (“Match it for Pratchett”).
Per tranquillizzare i suoi fan ha promesso di scrivere “ancora qualche libro”, e intanto si offre come testimonial per sensibilizzare la gente nei confronti di una malattia che, nonostante sia parecchio diffusa, ottiene soltanto il 3% dei finanziamenti normalmente destinati alla ricerca sul cancro.
Quanto a me, io continuo a sostenere e divulgare il culto di Terry Pratchett, un uomo che ha capito il mondo e nonostante ciò ha ancora voglia di scherzarci sopra, come dimostra la frase che più mi sembra rappresentativa del suo stile e del suo carattere: “The pen is mightier than the sword if the sword is very short and the pen is very sharp”. O, come diremmo noi: “Ne uccide più la penna della spada, se la spada è molto corta e la penna molto affilata”.