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Intervista a Steve Perrin
di Emiliano Marchetti e Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nell’aprile 2011]
Steve Perrin è uno dei più importanti game-designer degli ultimi trent’anni. Gli appassionati di giochi di ruolo della prima ora non possono dimenticare i role-playing che realizzò per la Chaosium, fra la fine degli anni ’70 e il decennio successivo: Runequest, Stormbringer, Elfquest, per citare i tre forse più famosi.
Lasciata poi la Chaosium, il nostro ha lavorato per molti storici editori americani di giochi di ruolo, come la TSR, la West End Games, la FASA, la ICE, e può vantare importanti collaborazioni anche in ambito video-ludico (Star Trek: Starfleet Academy, Sim City 2000).
Insomma, Steve Perrin è stato “meritatamente” uno degli ospiti d’onore di Lucca Comics & Games 2010 (accanto, fra gli altri, a Terry Brooks, anche lui intervistato per RiLL.it), e proprio in quell’occasione abbiamo avuto il piacere di incontrarlo per un’intervista.
È stata per noi, senza dubbio, una degna chiusura per l’edizione 2010 della kermesse toscana, dopo tante e tante partite passate a giocare, negli anni, proprio i giochi di Steve. È con soddisfazione, quindi, che proponiamo ora il resoconto di quella chiacchierata…
Prima di entrare in medias res, vogliamo porgere il nostro ringraziamento a Emanuele Vietina e Andrea D’Urso, che ci hanno permesso di realizzare questa intervista, in quel di Lucca Comics & Games 2010.
Ricordiamo inoltre che su RiLL.it è anche on line il report del seminario tenuto da Steve Perrin a Lucca Educational, dedicato al combattimento nei giochi di ruolo.
Molti suoi giochi derivano da romanzi. Ad esempio Stormbringer, tratto dai romanzi su Elric di Melnibonè. Come ha affrontato questo tipo di lavori? Già conosceva l’opera letteraria o l’ha letta appositamente per realizzare questi giochi?
Avevo già letto praticamente tutti i libri di Elric prima che venisse fuori la possibilità di farne un gioco. Li avevo letti come fan, ma molta della ricerca vera su quei libri fu fatta da Ken St. Andrè (co-autore di Stormbringer e autore di Tunnels & Trolls, NdE). In pratica io ho elaborato quello che aveva fatto lui, e ho aggiunto il concetto delle virtù legali, perché Ken era molto interessato al Caos e non tanto alla Legge. Ho ripulito un po’ di cose, ma Ken era un ottimo scrittore, quindi non c’era molto da cambiare. Ho verificato le sue ricerche, facendo confronti con quel che avevo studiato io, per controllare che fosse tutto corretto ma, per quello che mi sembrò, il lavoro di Ken andava più che bene.
Il gioco su Elfquest fu praticamente un’idea mia. Non mi ricordo chi contattò inizialmente i Pini (la coppia di coniugi autrice del fumetto cui il gioco è ispirato, NdE), ma ero già un fan di Elfquest da tanto tempo, per cui ho colto subito l’occasione.
In realtà quella è stata l’unica opera su cui sono stato principalmente io a fare la ricerca sull’ambientazione. Per Il Richiamo di Cthulhu tutta quella parte del lavoro fu di Sandy Petersen. È lui l’esperto di Cthulhu, in realtà io ho a malapena letto Lovecraft, non apprezzo molto quel tipo di letteratura. Non ho avuto tanto a che fare con quel progetto, tranne che per alcune regole riguardo all’ambientazione storica. Non sono un fan di Cthulhu, dicevo, ma mi interessa molto la storia, e mi sono assicurato che quella parte fosse fatta bene. Ma anche Sandy è bravo da quel punto di vista, e lo era anche Lynn Willis, per cui non abbiamo avuto problemi a occuparci di queste cose assieme.
Thieves’ World (la prima della serie di antologie fantasy curate da Robert Lynn Asprin, NdP) era un altro libro che avevo già letto prima che prendessimo la licenza. Ho lavorato un bel po’ sulla caratterizzazione dei personaggi, il che mi era familiare, e un po’ sulla politica e cose del genere, anche se ci sono state parecchie persone che hanno contribuito a quel progetto.
Questo è più o meno tutto per quanto riguarda i miei “contatti letterari” nel campo dei giochi di ruolo.
Alcuni dei miei lavori su giochi per computer avevano a che fare con i Forgotten Realms e, avendo già lavorato su questa ambientazione per conto della TSR, non è stato uno sforzo eccessivo per me. E naturalmente per Starfleet Academy avevo una certa familiarità con Star Trek.
Quando si lavora su di un gioco in cui l’ambientazione è molto importante e ci sono diversi autori coinvolti, come ci si divide il lavoro?
Normalmente ciascuna persona ha un proprio compito. Per esempio il regolamento e l’ambientazione, se c’è più di una persona che lavora al progetto, probabilmente sono tenuti ben distinti. A meno che gli autori non siano tutti egualmente entusiasti e quindi tutti si vogliano occupare dell’ambientazione, in generale è meglio dividersi i compiti, così che una persona segue le meccaniche del gioco e una l’ambientazione.
Quando mi occupavo di giochi per computer questa divisione diventò ancora maggiore, perché non ero un programmatore. Quindi io mi occupavo dell’ambientazione e dello sviluppo della storia, e altre persone delle meccaniche del gioco.
Al momento il gioco di ruolo più popolare è sicuramente ancora Dungeons & Dragons. Almeno dall’esterno, sembra che ci sia però un cambiamento di stile. La Wizards of the Coast gestisce il lavoro in modo quasi ingegneristico, con un team di sviluppo. C’è molta interazione e molti controlli rigorosi, matematici. Come pensa che questo abbia cambiato il tipo di lavoro nell’industria dei giochi? Pensa che sia una buona evoluzione?
È un’evoluzione aziendale del gioco di ruolo. Ma riguarda praticamente solo sulla Wizards of the Coast, sono gli unici che hanno abbastanza personale per fare in questo modo. Se si guarda ai giochi di qualunque altra compagnia, inclusa la White Wolf, il controllo non è molto accurato: ci sono errori, ci sono personaggi che non rispettano davvero le regole, e questo accade molto di frequente. Il temuto “vedi pagina xxx” si può trovare anche nei più moderni regolamenti. Dato che in questo periodo mi sto occupando di letteratura tecnica in ambiente aziendale, adesso noto ancora di più questi errori, nei giochi che leggo e su cui talvolta lavoro.
Nella letteratura tecnica c’è molto più controllo dei fatti ma anche, vorrei aggiungere, molti errori. Nella scrittura, anche nell’ambiente più aziendale, ci sono sempre aspetti che sfuggono e cose che vanno in due direzioni diverse, senza che nessuno se ne accorga. Quindi penso che tutto il controllo qualità di tipo aziendale che la Wizards of the Coast sta facendo, e il look aziendale del materiale, sono in generale cose abbastanza buone, se non altro per il fatto che un regolamento più preciso è meglio per i giocatori, ma non se sarei troppo impressionato.
Nella sua carriera lei ha lavorato con molti altri autori. Ha qualche aneddoto? E, più seriamente, ritiene di aver imparato qualcosa da queste collaborazioni?
In generale c’è sempre qualcosa da imparare e io ho imparato da alcune persone davvero brave. Specificamente... ho un po’ di difficoltà a ricordare degli aneddoti. Si tratta in gran parte di ricordi personali, non legati al lavoro.
Non vorrei mettermi a fare delle rivelazioni… (ride)
Ken St. Andre ha un atteggiamento per il quale si può provare di tutto, un po’ sopra le righe, a volte bisogna mettergli un po’ il freno. Sandy Petersen è estremamente meticoloso e molto bravo con le atmosfere e...
…Greg Stafford?
Greg è sempre stato molto bravo con il quadro di insieme. Spesso qualcun altro si deve occupare dei dettagli.
Tra le sue esperienze di lavoro quale è stata la più piacevole e più stimolante?
Probabilmente lavorare alla Chaosium. C’era sempre qualcosa di creativo in corso, sempre qualcosa di interessante a cui poter partecipare.
Per quanto riguarda altre collaborazioni, mi è piaciuto lavorare con George McDonald a Robot Warriors (un gioco di ruolo della Hero Games compatibile con Champions, NdE). In pratica George mi ha detto: “queste sono le linee guida, queste sono un paio di idee… fai tu!”
Sempre con la Chaosium, è stato piacevole lavorare con i Pini a Elfquest: erano delle ottime persone con cui lavorare, entrambi pronti a fornire incoraggiamento e supporto.
È stato anche interessante lavorare a Starfleet Academy (videogioco della Interplay ambientato nel mondo di Star Trek, NdE) e avere a che fare con la Paramount Pictures.
Le hanno dato problemi? Questioni sulla licenza?
No, erano molto aperti. A quanto pare erano stati molto rigidi qualche anno prima, ma c’era gente diversa che prendeva le decisioni o comunque avevano cambiato atteggiamento. Quindi erano molto aperti. Naturalmente ci furono alcuni problemi, ma non riguardarono me.
In realtà, mi trovai a riscrivere la sceneggiatura generale di Starfleet Academy, perché la Paramount, dopo aver esaminato quella precedente, disse che non era molto fedele allo spirito di Star Trek. Fui molto soddisfatto quando, dopo aver letto la mia, dissero che andava bene, perché quella sì che era Star Trek. Ebbi la sensazione di aver catturato bene lo spirito dell’ambientazione, e fu molto piacevole.
Una cosa interessante è che, mentre noi lavoravamo a quel videogioco, la Marvel Comics (credo fossero loro) stava lavorando a un fumetto sulla Starfleet Academy.
Noi avevamo realizzato un set, che doveva essere l’ufficio del comandante dell’Accademia. L’assistente della persona che lavorava come rappresentate della Paramount presso di noi aveva degli amici alla Marvel, e mandò loro delle copie dei disegni del nostro set, che apparvero, praticamente identici, nel fumetto. Naturalmente era tutto proprietà intellettuale della Interplay, anche se nel mondo di Star Trek, e quindi ci furono delle polemiche per questo.
Tra l’altro, il videogioco e il fumetto erano ambientati in epoche diverse: il fumetto era nel periodo Next Generation, il nostro videogioco invece era ambientato poco dopo la serie originale. Quelli della Marvel non avevano pensato alla stranezza dell’ufficio del comandante dell’Accademia che rimane uguale per duecento anni (anche se non si sa mai, con le accademie militari…). Fu un episodio interessante.
Torniamo sul game design: quanto è importante il playtesting? Ovviamente permette di trovare errori, ma quanto ritiene che il playtesting possa concretamente indirizzare il processo di design?
Naturalmente il playtesting influenza il lavoro, accade molto spesso. Il problema è che bisogna essere sicuri di testare tutto.
Ci possono essere due problemi.
Il primo è fare playtesting solo con alcune persone. In quel caso il loro stile influenzerà in modo decisivo il gioco, e quindi si perde completamente traccia di aspetti e situazioni diverse. Questo uno può pagarlo dopo, perché non ha coperto tutti i casi possibili.
La seconda cosa che può capitare è di ricevere critiche che non hanno nulla a che fare con il gioco e che possono distorcerlo in modo sbagliato. Questo perché le persone che fanno il test in realtà non apprezzano il modo in cui il gioco dovrebbe essere.
Un classico esempio è la versione originale del gioco Ogre di Steve Jackson (gioco da tavolo di guerra futuribile, in cui un giocatore controlla l’Ogre, un veicolo corazzato molto potente, e l’avversario una serie di unità di fanteria e veicoli vari, NdE). Conoscete il problema dei veicoli a effetto suolo? (veicoli leggeri simili a hovercraft, abbreviati in inglese in GEV, NdE).
Abbiamo giocato solo a versioni successive del gioco…
Nella prima edizione di Ogre i veicoli a effetto suolo potevano partire fuori dalla gittata delle armi dell’Ogre, avvicinarsi, sparare e allontanarsi di nuovo fuori gittata. Nessuno alla Steve Jackson Games amava questi veicoli, e quindi nessuno aveva mai provato a giocare con uno schieramento di soli GEV contro l’Ogre. Insomma, se avevi un singolo grosso cannone a lunga gittata (con il quale eliminare il cannone principale dell’Ogre) e dei GEV con i quali distruggere i cingoli dell’Ogre, questo era bloccato. E non c’era niente che l’Ogre potesse fare a quel punto contro i GEV, perché quelli facevano avanti e indietro, sparandogli e poi ritirandosi fuori portata. Così la Steve Jackson Games cambiò i GEV, in modo che non potessero ritirarsi fuori dalla gittata dell’Ogre, rendendo il gioco molto più equilibrato. Fu però necessario prima pubblicare il gioco e poi ricevere il feedback del pubblico, perché alla Steve Jackson Games tutti preferivano giocare contro l’Ogre usando i carri pesanti, e quindi non si resero conto che i GEV erano un problema col regolamento iniziale.
Lei ha iniziato in un’epoca pionieristica. Naturalmente molto è cambiato, e adesso c’è un pessimismo diffuso sulle condizioni di salute dell’industria del gioco di ruolo. Che suggerimenti avrebbe per qualcuno che volesse iniziare adesso?
Stavo proprio facendo qualcosa di simile prima, guardando dei prototipi con alcune persone…
Sì, c’è un’atmosfera molto pessimista riguardo ai giochi di ruolo. Ci sono troppe altre attività che competono per il tempo libero delle persone ed è difficile far sedere un gruppo di persone intorno a un tavolo per giocare. Tuttavia, la recessione attuale può essere una cosa positiva da questo punto di vista: le persone, se non hanno soldi per gli spettacoli e altre cose, sono più propense a giocare.
Il mio consiglio per chi vuole entrare in questo mondo, a meno che non abbia qualcosa di davvero unico che può piacere a molte persone, è di considera questa attività come un secondo lavoro e di trovarsi un’altra occupazione per pagarsi le bollette. Le cose stanno così, di questi tempi.
Ci sono persone nell’industria del gioco di ruolo che si mantengono col proprio lavoro, ma stanno diventando sempre di meno. Non so quanti siano i free-lance che lo possono fare… Ken Hite lo fa ma, a dirla tutta, sua moglie ha un buon posto e un’assicurazione medica che li copre entrambi. Questo succede spesso: molte persone possono lavorare a tempo pieno in questo ambiente perché hanno un coniuge che guadagna bene e che li copre con un’assicurazione sanitaria. Soprattutto negli Stati Uniti, con la situazione attuale delle assicurazioni mediche.
Potersi permettere di vivere facendo solo il game designer è qualcosa per persone appena laureate, che non hanno particolari impegni, sia di tempo che finanziari, perché non ci si può davvero mantenere facendolo, a meno che non ci sia nella famiglia un’altra fonte di reddito. Naturalmente ci sono eccezioni, ma non sono molte.
Lei ha avuto una carriera trentennale. Come si tiene aggiornato?
È una domanda interessante. Mi tengo aggiornato giocando. Io gioco ancora, e gioco molto di più di quanto io scriva. Gioco a Scion (gioco di ruolo della White Wolf in cui si interpretano discendenti degli dei, NdE), a Mutants & Masterminds (gioco di ruolo della Green Ronin con supereroi, scritto da Steve Kenson, NdE) e a ICONS (altro gioco di ruolo con supereroi della Adamant Entertainment, sempre di Steve Kenson, NdE). Sto dando, in particolare, un’occhiata a ICONS, perché sto pensando a un progetto…
Direi che lei è un fan di Steve Kenson…
Sì, Steve lavora molto bene. Sto pensando di realizzare un progetto con un piccolo editore, essenzialmente qualcosa con eroi sul “fronte domestico”, negli anni ’40 in America. Non un gioco, ma un supplemento per Mutants & Masterminds e ICONS, pubblicato da Vigilance Press, che supporta entrambi questi giochi.
C’è anche una possibilità basata su RuneQuest, ne sto parlando con Luca Cattini di Asterion Press, ma non c’è ancora nulla di definitivo.
Può parlarci un po’ del suo lavoro più recente?
L’ultimo mio vero lavoro come game designer è stato Black Nine Ops, che ho curato per una ditta di videogiochi come versione cartacea di un videogioco. Poi il gioco non è stato pubblicato, ma sono stato pagato per la sua realizzazione e quindi lo rendo disponibile a chi lo richiede, anche perché sarebbe dovuto comunque essere gratuito ed è un buon modo di mostrare quel che sto facendo ora.
Sto anche lavorando a un paio di supplementi per Mutants & Masterminds, ma al momento sono soprattutto impegnato a cercare lavoro e a occuparmi di mia moglie, che è stata appena operata alla schiena …
Un’ultima domanda. Che tipo di giocatore è? Si concentra sul lato narrativo? Sulle regole? Cosa è importante per lei quando gioca?
Come giocatore, il mio divertimento dipende molto dal ritmo, dal far andare avanti le cose.
Ci sono un paio di gruppi con cui gioco in cui a volte la partita si ferma completamente per controllare bene una regola. La cosa mi dà piuttosto fastidio, ma il master è molto bravo e quindi sopporto per quanto possibile.
Quando gioco tendo verso ruoli classici. I miei supereroi sono basati su supereroi classici. In Scion gioco il figlio di Freya, il dio nordico, solamente perché avevo un personaggio chiamato Gunther Freyson che giocavo a D&D, a Fantasy Hero, in un mix di Runequest e D&D e in un altro sistema non ufficiale. Quando è venuta fuori l’idea di giocare degli dei, ho detto che avrei giocato quello nordico, così che il mio vecchio personaggio avrebbe avuto un posto. Fondamentalmente, è sempre lo stesso personaggio. Come dicevo, la gran parte dei miei personaggi sono piuttosto classici.
La foto a corredo dell'articolo è di Alberto Panicucci.