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Dai leggendari Dvergar ai tolkieniani Khazad (e oltre...)
di Norbert Spina
[pubblicato su RiLL.it nel novembre 2011]
Nell’ambito di Lucca Educational 2011, la sezione di Lucca Comics & Games dedicata a incontri seminariali con autori, scrittori ed esperti di Fantastico, gli amici dell’Associazione Romana Studi Tolkieniani (ARST) hanno curato alcune conferenze incentrate sul fantasy e sull’opera tolkieniana. Con piacere proponiamo sul sito di RiLL l’intervento di Norbert Spina, socio fondatore dell’ARST, dedicato a uno dei più celebri popoli dei mondi fantasy (oltre che della mitologia).
I primi riferimenti letterari ai Nani si trovano nell'Edda Poetica, raccolta di poemi mitologici in lingua norrena (cioè dell'area scandinava e islandese), composti in Norvegia o in Islanda tra il nono e l’undicesimo secolo.
In questa raccolta di poemi mitologici si narra come i Nani (dvergar) siano nati dalla terra e dalla roccia, ovverosia dal corpo del gigante primordiale Ymir, come vermi dalla carne morta.
Snorri Sturluson, storico, poeta e politico islandese, compose intorno al 1200 un manuale di poesia contenente anche alcuni brani commentati dell’Edda Poetica. In tale manuale afferma che, sebbene i Nani siano nati dalla roccia, furono gli dei a dar loro aspetto antropomorfo e intelligenza.
Nella mitologia norrena i Nani erano abilissimi fabbri e orafi. Conoscevano i segreti dei metalli e riuscivano a lavorarli con impareggiabile maestria. Creavano oggetti belli e preziosi, con caratteristiche che nessun altro manufatto poteva eguagliare. Fra gli altri, crearono il laccio Gleipnir, capace di tener legato il feroce lupo Fenrir, o l'infallibile lancia Gungnir di Odino e lame capaci di tagliare gli altri metalli con facilità.
Un esempio di questo tipo, nelle opere tolkieniane, può essere il coltello Angrist, che “era stato fabbricato da Telchar di Nogrod [...]: tagliava il ferro come se fosse legno verde” (citazione da “Il Silmarillion”).
Ma non alla sola metallurgia era legata la loro scienza: vivendo molto a lungo divenivano creature sapienti in molti campi, conoscitori di rune e incantesimi
Le capacità tecniche eccellenti non erano accompagnate da principi etici altrettanto elevati. Nelle leggende scandinave i Nani sono spesso pronti al tradimento, subdoli e malevoli, o vendicativi. Per esempio nella Saga di Hervör (XIII secolo) si narra che forgiarono per re Siglami una spada capace di tagliare il ferro come tessuto, in grado di penetrare la roccia, ma che avrebbe ucciso un uomo ogni volta che fosse stata sguainata, che avrebbe fatto compiere a chi la impugnava tre azioni malvagie e che, alla fine, reclamò la vita proprio di re Siglami.
Una leggenda dolomitica, quella del re Nanico Laurino, è utile per esemplificare il passaggio, avvenuto grossomodo nel tredicesimo secolo, del Nano da creatura mitica, di cui ho parlato sinora, a essere grottesco, mostro da usare come buffone di corte.
Narra la leggenda che sul massiccio del Catinaccio, chiamato in tedesco Rosengarten, vivesse un tempo un potentissimo e ricchissimo re e stregone, il nano Laurino. Egli abitava in una reggia scavata nella montagna, davanti alla quale si stendeva un magnifico roseto. Laurino rapì la bella principessa Similde per farne la sua sposa. Per liberarla si mosse Teodorico di Verona, re degli Ostrogoti, che, arrivato al Catinaccio, identificò facilmente la residenza di Laurino grazie allo splendido giardino di rose. Teodorico combatté contro re Laurino e riuscì a batterlo, malgrado il nano avesse una cintura che gli dava la forza di molti uomini e avesse poi indossato un cappuccio che donava l'invisibilità. Similde fu quindi liberata e Laurino fu portato a Verona come prigioniero, per diventare lì il giullare di corte e impressionare gli astanti con i suoi giochi di prestigio (per maggiori dettagli su questa leggenda rimando a C. F. Wolff, “Re Laurino e il suo roseto”, Athesia, 2006).
Un rifiorire d’interesse per i Nani o, più precisamente, per le fiabe e le leggende si ebbe dal diciannovesimo secolo, con le ricerche sul folklore iniziate in Germania dai fratelli Grimm e poi riprese da altri studiosi in diversi paesi. Ma è con Tolkien, e con il successivo sviluppo della letteratura fantasy, che il Nano tornerà popolare. Non sarà più una creatura superumana, quasi di un'altra dimensione, come i dvergar norreni, ma una delle razze che abita il mondo.
I primi scritti di Tolkien riguardo ai Nani si trovano nei due volumi di Racconti Perduti e Racconti Ritrovati. In essi i Nani sono creature malvagie, come mostra questo passo sul sire dei Nani di Belegost che:
“Raccolse intorno a sé una grande schiera di orchi e di diavoli erranti, promettendo loro una buona paga e per di più la soddisfazione del loro Padrone, e alla fine un ricco bottino: e li equipaggiò tutti con le proprie armi.”
(dai “Racconti ritrovati”, Rusconi, 1987, pag. 282)
Già in questi primi scritti i Nani hanno caratteristiche che rimarranno per tutto il legendarium: la loro bruttezza fisica, le lunghe barbe, la loro meravigliosa capacità di modellare il metallo, la capacità di commerciare e la lenta crescita demografica . I Nani si riproducono poco, e non certo perché nascano dalla pietra, ma perché le donne Nane, indistinguibili dai maschi (per le altre genti), talvolta desiderano qualcuno che è già sposato oppure che non ha intenzione di sposarsi, essendo troppo preso dal proprio lavoro.
Dagli anni ’30 negli scritti di Tolkien i Nani diventano creature non necessariamente malvagie, ma nemmeno troppo affidabili, interessate solo al profitto e pronte a commerciare tanto con gli Elfi che con gli Orchi:
“In quei tempi i fabbri di Nogrod e Belegost erano occupati a forgiare maglie e spade e lance per molti eserciti, e molte delle ricchezze e dei gioielli degli Elfi e degli Uomini presero per sé, malgrado non scendessero in guerra. Perché non sappiamo chi abbia ragione - dicevano - e non siamo amici di nessuna parte, fino alla sua vittoria.”
(da “The Shaping of Middle Earth”, Harper Collins, 1986, pag. 116)
Anche ne Lo Hobbit troviamo delle informazioni sui Nani.
Scrive Tolkien:
“Il massimo che si possa dire in favore dei nani è questo: essi intendevano veramente ripagare Bilbo in modo splendido per i suoi servigi; lo avevano assoldato per compiere un lavoro pericoloso per conto loro e non gliene importava niente del povero piccoletto che lo faceva, purché lo facesse; ma avrebbero tutti fatto del loro meglio per toglierlo dai guai, se ci fosse capitato in mezzo, come era avvenuto nel caso degli Uomini Neri all'inizio delle loro avventure, quando ancora non avevano nessun motivo particolare per essergli riconoscenti. Questo è il punto: i nani non sono eroi, bensì una razza calcolatrice con un gran concetto del valore del denaro; alcuni sono una massa infida, scaltra, e pessima da cui tenersi alla larga; altri non lo sono, anzi sono tipi abbastanza per bene come Thorin e compagnia, sempre però che non vi aspettiate troppo da loro.”
(da “Lo Hobbit annotato”, RCS Quotidiani, 2005, pag. 266)
Insomma, non sembrerebbero personaggi particolarmente positivi.
Questa concezione così negativa dei Nani visti, nel migliore dei casi, come una razza calcolatrice viene cambiata radicalmente ne Il Signore degli Anelli.
Gimli, ad esempio, rimbrotta Legolas affermando che nessun Nano penserebbe mai di estrarre minerali dalle splendide Caverne Scintillanti di Aglarond, rovinandole. Le sue descrizioni mostrano una passione e una competenza non comuni:
“No, non capisci” disse Gimli. “Non vi è Nano che rimarrebbe impassibile innanzi a tanta bellezza. Nessun discendente di Durin scaverebbe quelle caverne per estrarne gemme e minerali, nemmeno se vi fossero diamanti e oro in abbondanza. Abbatti tu, forse, boschetti di alberi in fiore per raccoglier legna in primavera? Noi cureremmo queste radure di pietra fiorita, non le trasformeremmo in miniere. Con cautela e destrezza, un colpetto dopo l’altro un’unica piccola scheggia di roccia e nient’altro, forse, in tutta una giornata ansiosa: tale sarebbe il nostro lavoro”
(da “Le Due Torri”, RCS Quotidiani, 2005, pag. 175)
Un altro esempio del cambiamento nella figura del Nano lo troviamo nell'Appendice A della trilogia, dove si narra la spietata guerra fra Nani ed Orchi e si spiega che fu iniziata dai Nani per vendicare la morte di Thrór, signore della casata di Durin.
Non direi, pertanto, che siamo più di fronte al popolo “calcolatore” descritto da Tolkien ne Lo Hobbit.
È sempre ne Il Signore degli Anelli che appare per la prima volta il termine Khazâd, che Tolkien userà da lì in poi per definire i “suoi” Nani.
Ne Il Silmarillion molto altro è detto sui Nani.
Viene narrato come siano stati creati da Aule il Fabbro, per il suo desiderio di avere dei discepoli cui insegnare. Ma, appena ebbe creato i Nani, si pentì di questa sua azione; pronto a distruggere le proprie creature, le vide fuggire e chiedere pietà, perché Iluvatar, il creatore dell'Universo, le aveva accettate come suoi figli, dando loro il libero arbitrio.
Nello stesso capitolo Tolkien descrive i “suoi” Nani:
“Poiché erano destinati a giungere nei giorni del potere di Melkor, Aulë rese i Nani forti e resistenti. Per questo sono duri come la pietra, testardi, rapidi a stringere amicizia e a scatenare ostilità, e sopportano la fatica e la fame e il dolore fisico con più fermezza di ogni altro popolo dotato di parola; e vivono a lungo, ben più degli Uomini, eppure non per sempre.”
(da “Il Silmarillion”, RCS Quotidiani, 2005, pag. 69-70)
Sauron stesso si rese conto della potenza dei Nani e cercò di dominarli, donando ai signori dei Nani Sette Anelli del Potere:
“In verità, i Nani si rivelarono tenaci e difficili da domare; essi mal sopportano il dominio di altri e i pensieri dei loro cuori sono difficili da sondare, né possono essere trasformati in ombre. I Nani si servirono dei propri anelli soltanto per accumulare ricchezze; ma nei loro cuori si accesero l’ira e un’incontrollabile brama per l'oro, da cui derivò poi sufficiente male a vantaggio di Sauron.”
(da “Il Silmarillion”, RCS Quotidiani, 2005, pag. 337)
Dopo il grande successo de Il Signore degli Anelli, fiorì un filone letterario - il Fantasy - che spesso descrive mondi in cui molte razze diverse vivono e combattono. Ne è un esempio la saga di Shannara di Terry Brooks.
Analoghe ambientazioni sono state e sono tuttora usate da una molteplicità di giochi, tra cui i giochi di ruolo (citerò solo Dungens & Dragons) e videogiochi.
Vorrei poi citare l'unico protagonista nano, cioè di razza umana ma affetto da nanismo, a me noto, ovvero Tyrion Lannister, personaggio delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin.
Concludo con una nota scherzosa: esiste una simpatica organizzazione il cui nome, in italiano, dovrebbe suonare più o meno così: Fronte di Liberazione dei Nani da Giardino. Scopo di tale associazione è quello di riportare nei boschi, loro habitat naturale, i poveri Nani imprigionati come ornamento dei giardini.
Norbert Spina (che potete vedere ritrato in foto qua sopra) è un appassionato delle opere del prof. Tolkien, oltre che di aerei e delle Dolomiti. Ha raccolto una serie di errori di traduzione nelle edizioni italiane de “Il Signore degli Anelli” e de “Il Silmarillion”, che sono online sul sito dei Proudneck, lo smial della Tolkien Society che riunisce numerosi fan romani della Terra di Mezzo.
È socio fondatore dell'Associazione Romana Studi Tolkieniani, il cui scopo statutario è lo studio e la diffusione della conoscenza della vita e delle opere di J. R. R. Tolkien.
Le illustrazioni che corredano questo articolo sono opera del grande Angelo Montanini, e ritraggono rispettivamente i nani tolkieniani Gloin e Bombur.