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Il seminario di Zeb Cook a Lucca Comics & Games 2016
di Iacopo Trotta
[pubblicato su RiLL.it nel novembre 2016]
Nell’ambito di Lucca Educational 2016, Zeb Cook, uno dei più celebri autori di regolamenti e avventure per Dungeons & Dragons, ha tenuto un seminario intitolato “Creating improvised adventures”. Iacopo Trotta ci racconta questo incontro…
Come già ho avuto occasione di raccontare lo scorso anno, ritengo veramente lodevoli le iniziative organizzate dalla sezione Educational di Lucca Comics & Games ed anche in questa edizione ho avuto la fortuna di partecipare ad un interessantissimo seminario, tenuto da chi scrisse qualche anno fa moduli d’avventura come L’Isola del terrore nonché Il Maestro dei Nomadi del Deserto ed il suo seguito Il tempio della Morte: lo statunitense David “Zeb” Cook.
Premetto che, contrariamente al titolo del seminario, io sono un arbitro di Giochi di Ruolo (GDR) che pianifica tutto nei dettagli per minimizzare l’influenza del caso durante il gioco, sia quando scrivo le mie avventure sia quando ne adatto una già pubblicata alle particolarità del mio gruppo. Non mi piace, ad esempio, dovermi inventare nomi sul momento (con effetti che rischiano di essere esilaranti, come ci insegna il signor Aieie del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) piuttosto che perder tempo in conti per sapere quanti giorni occorrono per attraversare il tal deserto. Se tutte queste informazioni le ho già prima, mantengo la sessione fluida con beneficio di tutti.
È vero che un po’ di improvvisazione ci vuole sempre e comunque, dato che i giocatori (ed i loro personaggi) sono parecchio imprevedibili, ma la pianificazione, se fatta per tempo e rivista più volte lasciando partire un nostro interno flusso di coscienza creativo, permette poi di sfruttare in modo ottimale tutte le situazioni, portando anche a migliorare la trama con l’inserimento di eventi secondari o altri elementi che in una situazione puramente improvvisata sarebbero difficili sia da ideare sia da gestire. Insomma, essendo il tema del seminario esattamente il contrario del mio stile di gioco, questo ha destato in me il massimo della curiosità.
Il seminario che David Cook ha condotto è stato preparato e gestito come una sessione di gioco di ruolo fantasy tradizionale e le considerazioni che seguono hanno interesse per questo tipo di GDR.
Per motivi storico-personali, Cook ha considerato un’ ambientazione fantasy con le peculiarità del classico set Expert di Dungeons & Dragons (la terza edizione, quella del 1983), dopo aver definito le seguenti regole per la gestione di un’avventura improvvisata, cui aggiungo un po’ liberamente anche delle mie considerazioni a complemento:
1. Essere ben preparati (prima):
Per poter gestire con successo un’avventura improvvisata, è necessario:
● conoscere bene le regole e che queste siano in grado di coprire le situazioni che prevedibilmente potrebbero avvenire nel gioco;
● usare regole ragionevolmente semplici e che consentano velocemente la risoluzione di azioni, conflitti ed eventi;
● avere una collezione di idee di base da poter sfruttare (e qui contano l’esperienza e quanti libri, fumetti, film etc. avete digerito ed assimilato nella vostra vita).
2. Fiducia:
È necessario che i vostri giocatori abbiano fiducia in voi e possano sospendere il giudizio mantenendo il senso del fantastico durante la partita. Siate giusti ed onesti, senza creare forzature, mantenete una atmosfera intrigante e cercate di farli divertire. Allo stesso modo, date fiducia ai vostri giocatori ed alla loro creatività. Cercate di dare spazio a tutti, anche in relazione ai loro personaggi (vedi punto 5, sotto): l’improvvisazione è collettiva e, come succede all’interno di un gruppo di musicisti o di attori, tutti cercheranno di seguire un filo conduttore comune piuttosto che essere disarmonici, anche se delle singole scelte magari piaceranno meno a qualcuno. Qui il compito più difficile dell’arbitro è di limitare le dispersioni, lasciando sempre venir fuori un appiglio per tornare alla trama principale.
3. Non dite mai di “no” ad un’idea:
Questo aiuta lo sviluppo dell’avventura. Potete fare vostre le idee dei giocatori (senza farlo notare troppo) e/o prendere spunto dall’azione proposta per dare ulteriore sviluppo alla trama. Nel caso ci siano delle ovvie difficoltà trasformate il “si può fare” in un “sì, ma…”
4. Finite sempre le descrizioni con un “che fate adesso?” Descrivete la situazione e lasciate che questa sia dinamica e fluida, dando ai giocatori qualcosa a cui reagire o su cui decidere. I giocatori a questo punto porteranno avanti la storia con le loro azioni. Se esitassero, inserite eventi che li portino ad agire (dal rumore di passi oltre l’angolo ad un incontro con degli altri personaggi, all’arrivo di un folto gruppo di inseguitori etc.).
5. Definizione dei personaggi:
I personaggi dei giocatori devono avere un minimo di caratterizzazione, che serve anche allo sviluppo dell’avventura, analogamente a quanto succede in tutti i film o romanzi, dove nella prima parte di solito non si fa altro che presentare i personaggi. Le domande possono essere varie (quasi tutti i manuali di GDR contengono dei suggerimenti per i giocatori alle prime armi, per aiutarli a delineare il proprio personaggio), ma nello specifico “Zeb” ha usato le seguenti (con ovvi riscontri sul gioco):
● Mio padre/ madre avrebbe sempre voluto che diventassi un…?:
questo può aiutare a definire degli incontri con dei personaggi non-giocanti nel luogo di partenza dell’avventura (assumendo che questo sia un posto familiare al personaggio ed in cui il personaggio è noto);
● Nella mia vita, spero di essere…?:
questo delinea l’obiettivo del personaggio, per cui può essere un incentivo nella storia affinché il personaggio sia spinto a far qualcosa;
● Sarei molto in imbarazzo se fossi sconfitto da…?:
questo indica quali mostri, trappole o personaggi (magari in salsa comica o comunque inusuale) è interessante inserire nell’avventura. Dato che viene fatta loro questa domanda, i giocatori probabilmente si aspetteranno di trovare quanto sopra nell’avventura, quindi le informazioni raccolte con questa domanda vanno usate cum grano salis.
● La mia paura più grande è…?:
idem come sopra, con la differenza che mentre l’altra può essere giocata sul comico, qui c’è spazio per il terrore. In genere però questa domanda è intesa come una possibile fobia del personaggio, piuttosto che come la paura di uno specifico mostro o avversario (vedi sotto).
● L’ultima cosa che mi vorrei trovar davanti in una notte scura è…?:
questa, alla fin fine, è la personificazione del punto precedente (una persona, un mostro), sebbene possa essere anche qualcosa di totalmente diverso o un’altra situazione, piuttosto che un incontro.
La domanda è giustamente vaga, nel senso che non si vuole dare alcun suggerimento al giocatore: nel nostro caso c’è stato chi ha visto in questa domanda una persona, chi un mostro, chi il dover pagare tutti i propri debiti nello stesso giorno etc.
6. Tema:
Definite un tema e continuate a costruire attorno ad esso.
Il tema può essere l’ambiente (deserto, foresta, lande ghiacciate o semplicemente una stagione come l’inverno), una minaccia incombente (orchetti o altri che premono alle frontiere, un’invasione ultraterrena di non-morti o demoni, streghe che fanno rituali malefici nelle campagne o nei vicoli della città, etc.) o un evento di altro tipo (un torneo, un matrimonio regale, una carestia, la peste…). Una volta deciso, anche in relazione a quali siano le peculiarità dei personaggi definiti al punto 5, su questo potrete basare molti aspetti dell’avventura, mantenendo una certa coerenza.
Ad esempio: un incontro sulla strada tra la città ed un villaggio, in caso di torneo potrebbe benissimo essere con un cavaliere ed il suo scudiero che si recano all’evento, piuttosto che con una colonna di profughi nel caso di una guerra che si avvicina etc.
7. Mantenere il mistero:
Non c’è limite a quello che può venir fuori dalla mente dei giocatori quando viene loro affidato un oggetto misterioso, meglio se nascosto in un contenitore che non deve essere aperto, ma che è loro compito consegnare intatto a qualcuno che magari non conoscono.
Le domande nascono spontanee: è giusto consegnare questo oggetto a chi mi è stato detto? Ma lo stiamo davvero consegnando alla persona giusta? O forse sarebbe meglio scoprire cosa sia e nel caso distruggerlo/ impadronircene/ sostituirlo?
8. Gestite un problema alla volta:
Questo è vero per i problemi che potete avere come arbitri, ma soprattutto per quelli dei personaggi. Ad esempio, se avete (più o meno volutamente) esagerato nel “dimensionare” degli avversari in una fase iniziale dell’avventura, permettete ai personaggi di fuggire (o fate sparire per qualche motivo i nemici, magari per l’arrivo di un aiuto inaspettato) per poi replicare l’incontro alla fine dell’avventura, come gran finale.
9. La mappa:
Il nostro ci ha raccomandato la mappa che vedete sotto (intendo come schema di principio, quella nello specifico è stata da me realizzata). Questa consente di partire in un ambiente urbano, passare per uno rurale e poi arrivare al mistero delle terre selvagge. In base al tema, la destinazione può essere un’abbazia, un castello, delle rovine, un eremo, una grotta etc. Anche qui, c’è molto terreno fertile su cui far crescere la storia. La vera natura della destinazione potrebbe anche essere ignota ai personaggi all’inizio dell’avventura.
Una volta definito quanto sopra, si parte con l’avventura, che vedrà nella città di partenza qualcuno affidare qualcosa ai personaggi affinché lo portino a destinazione.
Se avete ben letto le regole sopra, vi saranno già venute in mente una serie di trame da sviluppare con questo semplice espediente iniziale e così è stato per noi e la nostra sessione di gioco, in cui ciascuno ha portato avanti a rotazione una parte dell’avventura come arbitro, mentre gli altri facevano i giocatori con risultati estremamente interessanti e con il massimo divertimento di tutti.
Conclusioni e riflessioni
Alla fine mi sono però reso conto che quanto sopra esposto non è solo appannaggio delle avventure improvvisate, bensì è la base per trasformare un’avventura ben pianificata in un’avventura sicuramente completa e piacevole da giocare.
La pianificazione, infatti, serve solo a dare varietà alle possibili trame (non ci sono solo oggetti misteriosi da portare in giro) e a legare tra loro le avventure. Inoltre, non si può improvvisare un dungeon interessante e ben architettato (soprattutto se si vogliono inserire delle astute quanto letali trappole). Analogamente, è difficile improvvisare una città con tutti i suoi abitanti o persino una nazione col suo re, il suo esercito etc..
Se non si pianifica con una buona tabella di mostri erranti, se non si conoscono i personaggi dei giocatori, se non si vuole cadere nel ridicolo lasciando “statiche” (cioè fisse ed immobili) nelle loro stanze le creature che infestano un dungeon, insomma, per non rischiare di perdersi parte del divertimento, tutte le regole di sopra (tranne la 9, altrimenti avrete sempre lo stesso tipo di avventura di viaggio verso le terre selvagge) sono da applicare sempre e in toto.
Di fatto, mentre si svolgeva il seminario, mi son reso conto che anch’io, giocando, facevo più o meno allo stesso modo, senza mai averci riflettuto più di tanto ed, ovviamente, averlo formalizzato in regole.
Sulla regola 3 (Non dite mai di “no” ad un’idea) ho avuto in passato delle divergenze con altri arbitri, nel senso che da più voci (anche autorevoli) mi si è detto che un arbitro deve comunque guidare l’avventura secondo la sua trama, per non essere troppo dispersivo. Ora, se è vero che un eccessivo “potere narrativo” dei giocatori (come avviene in molti GDR recenti, più orientati ovviamente all’interpretazione praticamente teatrale piuttosto che al vecchio “dungeon crawling”) possa secondo me annichilire trame complesse, non si può neanche limitare la libertà dei personaggi, che deve essere totale come nella vita reale e, come in questa (Seneca docet), ad ogni nostra azione corrisponderà una serie di conseguenze, il cui possibile avverarsi è, di fatto, il vero limite alla nostra libertà. Quindi, se non siete ludicamente preparati all’imprevisto, è il momento di riflettere e mettere in pratica quanto sopra.
...Buon divertimento!
(la foto di Zeb Cook in questo articolo è di Alberto Panicucci)