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La presentazione della mostra, a Lucca Comics & Games 2022, su Alex Randolph, nel centenario della nascita
di Tiziano Antognozzi
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2022]
Con piacere proponiamo su RiLL.it l’intervento (di Tiziano Antognozzi) di presentazione della mostra dedicata da Lucca Comics & Games 2022 al celebre autore di giochi Alex Randolph, nel centenario della sua nascita.
Questo pezzo è anche presente nell’Artbook 2022 del festival (pubblicato da Edizioni If, che ringraziamo per la gentile concessione; qui il link per l’acquisto dal sito dell’editore).
Facendo questo articolo riferimento a molti elementi del percorso espositivo, per una maggiore fruizione linkiamo di seguito il documentario di Raiplay sulla mostra e il percorso interattivo dedicato da LCG alle mostre del 2022.
L’opportunità di raccontare la straordinaria vicenda biografica e creativa di un gigante del XX secolo ludico come Alex Randolph, farlo in un contesto tanto orizzontale quanto verticale come Lucca Comics & Games e in concomitanza di un anniversario dall’evidenza quantitativa così rotonda, potrebbe apparire come una circostanza perfetta. Il che è senza dubbio vero, ma ci sono delle regole speciali.
L’eredità di Alex Randolph nell’anniversario del primo centenario dalla nascita può rappresentare ad esempio un viatico perfetto per raccontare chi sia e cosa faccia un autore di giochi, questo demiurgo dell’esperienza le cui ricette sono bramate oggi come mai da tante aree di interesse. Al tempo stesso, la statura del singolo sembra sovrastare sistematicamente i bordi della definizione professionale canonica: troppo consistente la visione estetica, troppo eleganti e profondi i riferimenti culturali, troppo numerosi gli strumenti intellettuali che Randolph utilizza nella sua opera per potervi leggere altro da una poetica ludica in sostanza unica e impareggiabile.
Se quindi da un lato l’obiettivo del percorso espositivo è di mettere in luce alcuni aspetti fondamentali del pensiero e della prassi creativa di Randolph, è impossibile non riflettere su come tale lezione, per motivi che andremo ad identificare tra poco, sembri proporre una definizione e una prassi di peso paradigmatico circa la natura eminentemente autoriale di quella particolarissima attività umana che chiamiamo l’invenzione di un gioco.
Come ci insegna Andrea Angiolino nel suo splendido affresco biografico, quella di Randolph è stata fra le primissime cifre espressive riconosciute dall’industria dei giochi e dal suo pubblico. Tale evidenza si è trasformata poi in reale influenza anche grazie alla cruciale e vittoriosa rivendicazione nei confronti delle aree produttive del settore per la costante inclusione del nome degli autori sulla copertina dei giochi da tavolo, mozione di cui Randolph si è fatto notoriamente e energicamente capofila – lo testimonia in mostra il leggendario sottobicchiere firmato dai tredici autori di Norimberga nel 1988, con dichiarazione d’intenti in tal senso, esposto in prossimità del premio “Gioco dell’Anno” vinto da Venice Connection nel 1999.
Del resto, ciò emerge in modo indissolubile già appurando la consistenza della sua raffinatissima visione interattiva attraverso i più di 140 titoli pubblicati in carriera, nonché osservando la cura infinita dietro ai suoi celebri prototipi e alle opere artistiche che popolano i suoi giochi. Abilissimo nell’interagire con i cicli produttivi editoriali, Alex Randolph animava la totalità del processo creativo di una visione univoca e precisa dell’oggetto finale, visione che sapeva tanto comunicare quanto armonizzare nella prassi creativa dei suoi collaboratori, fino a restituire al giocatore un’esperienza curatissima in ogni aspetto. Un lavoro di concerto, impreziosito da pennellate di mistero, di ironia, di sorpresa, talvolta di acume agonistico, spesso di densa intensità filosofica.
Il “Regista di Giochi”, secondo una perfetta definizione di Gianluigi Pescolderung [1], graphic designer dello Studio Tapiro di Venezia, che nel 1988 collabora con Alex Randolph per i meravigliosi materiali grafici del best-seller Inkognito, esposti in mostra per la prima volta in assoluto. Tra questi, il celebre tavoliere composto da un collage di incisioni veneziane antiche, per un gioco la cui scintilla, come ricorda lo stesso Leo Colovini, è scattata in Randolph giocando fra le calli alla Briscola Bugiarda, variante in cui i 5 giocatori non conoscono inizialmente l’identità del proprio compagno.
Assai preziosa per un cittadino del mondo come Alex, tale curiosità territoriale lo aveva già accompagnato durante gli anni in Giappone, dove la passione per la ricerca scacchistica si approfondisce nel cursus honorum dello Shogi per lasciarci oggi titoli come Fantasmi, Buffalo, Plop! e il classico Twixt.
Chiavi indispensabili per decrittare il processo creativo di Randolph, sono poi presenti ben 27 dei famosi prototipi provenienti dallo Deutsches Spielearchiv / Haus des Spiels di Norimberga e realizzati sotto la stretta supervisione di Randolph collaborando con il tornitore Angelo Della Venezia e l’illustratore Fabio Visintin, di cui in mostra esponiamo anche una storia a fumetti dedicata allo stesso “Scopritore del Twixt”, dalla grande delicatezza [2]. Dove è stato possibile farlo, prototipi, bozza del regolamento, illustrazioni, modelli di materiali di gioco sono esposti accanto al gioco da tavolo edito, ricostruendo quindi la traiettoria produttivo-creativa nella sua interezza.
Vale la pena menzionare infine Vampiri in salsa rossa del 1991, con l’esordio dell’illustratrice Karin Schliehe, che, appena ventiquattrenne, realizza uno dei comparti visivi più entusiasmanti dell’intera ludografia randolphiana. In mostra, l’occasione unica di guardare gli acquerelli originali, fra cui i design alternativi della copertina, poi abbandonati. Suggestiona riflettere come questo gioco abbia segnato anche il debutto editoriale per due maestri come Dario De Toffoli e Walter Obert che, come lo stesso Colovini aveva già fatto nel 1986 con Drachenfels, poterono leggere il loro nome sulla copertina, opportunamente riportato accanto a quello del maestro. In alcuni casi, quasi sempre con Visintin, sul fronte viene menzionato anche l’illustratore.
In questa capacità di coinvolgere umanità attraverso l’emozione del gioco – di cui sottolineava ad ogni occasione utile la natura totalmente inutile e in tal senso espressione di un atto libero, prezioso nella sua urgenza proprio perché tutt’altro che indispensabile, al pari delle attività umane più ideali – si annida forse un piccolo segreto di Alex Randolph: i festeggiamenti per il centenario dalla nascita hanno portato a rimettere sotto la luce l’attualità e l’identità di un pensiero ludico imprescindibile: “Insomma, ho spesso la sensazione che nell’intera civilizzazione non ci sia niente di più curioso ed intrigante che un gioco da tavolo” [3].
Note al testo:
[1] La definizione è stata suggerita durante una tavola rotonda dal titolo “Immaginando Sagaland: Alex Randolph e l’estetica dei giochi” a cui hanno partecipato lo stesso Pescolderung, Andrea Angiolino, Cosimo Cardellicchio e Dario De Toffoli, all’interno del convegno online “The Role of Images in Games: from aesthetics to function”, organizzato dal Game Science Research Center, in collaborazione con Asmodée Game in Lab, il 26 e 27 aprile 2022.
[2] F. Visintin, Good Vibrations, da “Natali neri e altre storie di guerra”, ed. Comicout, 2014.
[3] Alex Randolph, homo ordinator, 1999. Trascrizione di Dario De Toffoli di un intervento presentato a Firenze durante i “Board Game in Accademia III”, disponibile su www.archiviodeigiochi.it