Charles Hoy Fort

L'archivista dell'Impossibile
di Alessio Porcacchia
[pubblicato su RiLL12, novembre 1998]


Nonostante tanti "esperti" partecipino a talk-show e scrivano tomi immensi su tutti gli inspiegabili eventi di attualità di cui si sente talvolta parlare, nessuno cita mai il Pioniere dell'incredibile, l'Eremita del Bronx, Charles Hoy Fort.

Questi, tra l'800 e il '900, è stato il primo indagatore del mistero: ha classificato, schedato, riordinato per gruppi tutti i fenomeni inspiegabili realmente comprovati e citati nelle migliaia di riviste da lui controllate in vita (tra le tante ricordiamo: l'American Almanach del 1833, il London Times - annate 1880/93 -, l'Annual Record of Science, il Philosophical Magazine, Les Annales de la Societè Etimologique de France, la Monthly Weather Review, l'Observatory e il Meteorogical Journal).

Con questo articolo voglio rendere omaggio alla sua memoria e al suo mastodontico lavoro, che ha introdotto una nuova e incredibile visione del mondo.
Vorrei però ricordarlo anche come un uomo dalle molteplici attitudini, assolutamente unico, come dimostra il suo hobby di giocare da solo a scacchi su una scacchiera (da lui inventata) di 1600 caselle.
Thank you, Charles!

La Vita e le Opere
Charles Hoy Fort nasce ad Albany il 6 agosto 1874, maggiore di tre figli, da una famiglia di immigrati olandesi.
Nel 1892 lascia la casa paterna, a causa del dispotismo del padre, per lavorare come reporter a New York. Dalla fine del 1892 al 1896 viaggerà molto, arrivando fino a Capetown (Sudafrica) dove contrarrà la malaria.
Sempre nel 1892 si sposa, a New York, con la giovane governante di famiglia Anna Filan.
Dal 1893 vive poveramente nel Bronx con lei, vendendo saltuariamente i suoi racconti a vari giornali e riviste e comportandosi come un eremita (nota era la sua pirofobia, causata anche dalla paura che bruciasse l'incommensurabile mole di riviste e giornali che teneva in casa).
Nel 1900 finisce la sua autobiografia, Many Parts.
Nel 1905, a 31 anni, comincia a lavorare per una casa editrice, riuscendo a vendere bene i suoi scritti a Theodore Dreiser (scrittore e giornalista, uno dei maggiori romanzieri statunitensi d'inizio secolo, NdP), che poi diventò suo intimo amico.
Dal 1906 frequenta assiduamente la libreria pubblica di New York.
Sempre in questi anni, inizierà ad avere frequenti crisi depressive e scriverà la raccolta di racconti The Outcast Manufacturers.

Nel 1915 scrive un pamphlet sconcertante, X and Y, dove parla di due strane civiltà - chiamate genericamente X e Y - che controllano la nostra. Intanto, Dreiser lo convince a cominciare il suo primo libro: The book of the Damned.
Nel 1916 la fortuna comincia a girare anche per Fort, che si concentra solo sulle sue ricerche.
Nel 1919 pubblica The book of the Damned, che produrrà negli ambienti intellettuali newyorkesi una vera rivoluzione: in esso si dichiara per la prima volta che sulla nostra terra arrivano dei visitatori da altri mondi, e che la concezione del nostro mondo è errata e semplicistica.
Nel 1920, vittima di una forte crisi depressiva, brucia (purtroppo) più di 40.000 delle sue annotazioni.

Nel 1921 si trasferisce con la moglie a Londra, dove lavora alla sua nuova opera, New Lands. Qui frequenta giornalmente la British Library e visita molti musei, in cerca di materiale.
Nel 1923 esce New Lands (alcune fonti parlano del 1921), un attacco in toni satirici alla pomposità degli astronomi.
Nel 1929 torna nel Bronx.
Nel 1931 finisce Lo!, libro che introduce l'idea del teletrasporto, e Wild Talents, poi pubblicato postumo. Comicia a perdere progressivamente la vista.
Charles Hoy Fort muore il 3 maggio 1931, per una malattia sconosciuta.

Studi e Teorie
Nell'arco della vita, Charles Fort catalogò migliaia e migliaia di eventi strani, tutti accertati e citati nelle più disparate riviste (da quelle di astronomia a quelle di zoologia).

Eccone alcuni esempi:
"...2 Novembre 1819: pioggia rossa su Blankemberg... 14 Novembre 1902: pioggia di fango in Tasmania... 30 Giugno 1892: pioggia di rane a Birmingham... 24 Gennaio 1891: fiocchi di neve grandi come sottocoppe a Nashville... 5 Luglio 1853: un iceberg volante si abbatte a pezzi su Rouen... 30 Novembre 1880: esseri alati nel cielo di Palermo a ottimila metri di altezza... 22 Novembre 1821: urli echeggiano sul cielo di Napoli...".

E ancora: caravelle di viaggiatori celesti, ruote luminose nel mare, aeroliti, piogge di carne e di zolfo, bare di piccoli esseri venuti da altrove fra le rocce di Edimburgo, sfere di fuoco, impronte di un animale favoloso nel Devonshire, impronte di ventose su montagne, macchine nel cielo, strani movimenti di comete, cataclismi inspiegabili, iscrizioni su meteoriti, neve nera, lune blu, temporali di sangue, precipitazioni di materia vivente, città volanti...

Il tutto catalogato in più di 25.000 annotazioni, che trattano queste e altre voci ancora.

Nei suoi scritti troviamo un grande scetticismo nei confronti della scienza; prendiamo ad esempio una citazione da Wild Talents:
"...C'e una grande differenza tra le dichiarazioni autorevoli e le mie espressioni. E' la differenza che passa tra gli studi sull'atomo e gli eventi di tutti i giorni... Dissimile è la mia mente, nella quale tutte le cose sono fenomeno di studio, e quindi sono dati... Siccome elettroni e protoni sono cose piccole allora sono degne di studio, mentre pensionati e vagabondi sulle panchine del parco non possono essere studiati solennemente...".

E ancora: "...Nella topografia dell'intelligenza, si potrebbe definire la conoscenza come l'ignoranza circondata dal riso... Temo proprio che si debba dare alla nostra civiltà mondi nuovi in cui le rane bianche avranno diritto di vivere...".

Quando vennero pubblicati, i suoi lavori non furono gratificati da maestosi elogi: alcuni dichiararono che era il "ramo d'oro" dei matti (con riferimento all'omonima opera dell'antropologo James Frazer, ricchissima raccolta di dati sulle pratiche e i riti magico/ religiosi delle società antiche, NdP), altri dissero che erano mostruosità letterarie, solo pochi si espressero a favore.

La visione fortiana del mondo è sconcertante :
"...E se la terra non fosse reale in quanto tale? Se essa non fosse che qualcosa d'intermedio nel cosmo? La terra non è affatto indipendente, e la vita su essa forse non è affatto indipendente da altre vite, da altre esistenze negli spazi...".

Fort considera il nostro mondo come una specie di isola, circondata da arcipelaghi sconosciuti:
"...Piogge e nevi nere, fiocchi di neve nera come ghiaietto. Scorie da fonderia cadono dal cielo nel mare della Scozia. Le si trovano in così grande quantità che potrebbero rappresentare la resa globale di tutte le fonderie del mondo. Penso ad un'isola vicino a una rotta commerciale transoceanica. Essa potrebbe ricevere molte volte l'anno relitti provenienti da navi di passaggio.
Perchè non relitti o scorie di navi interstellari?
Ho l'impressione che sopra le nostre teste esista una regione statica, in cui le forze di gravità e metereologiche terrestri sono relativamente inerti, e che essa riceva dall'esterno prodotti analoghi ai nostri...".

Secondo Fort, l'impossibilità di spiegare molti fenomeni dipende dalla nostra prospettiva delle cose, canonizzata e convenzionale, quindi non pronta a percepire il reale significato di questi avvenimenti: "...Appare una nuova stella: fino a che punto differisce da certe gocce di origine ignota che sono state notate su una pianta di cotone dell'Oklahoma?..."
E ancora: "...Se non ci sono significative differenze non è possibile definire una cosa come significativamente diversa da un'altra. Che cos'è una casa? Un fienile è una casa, a condizione che ci si viva. Ma se la residenza costituisce l'essenza di una casa, piuttosto che lo stile architettonico, allora un nido di uccelli è una casa. Non serve il criterio che di fatto la occupi l'uomo, dato che i cani hanno la loro casa, nè il materiale di cui è fatta, dato che gli esquimesi hanno case di neve. E due cose così significativamente diverse come la Casa Bianca e il guscio di un granchio solitario si rilevano contigue... Tutte le apparenze sono ingannevoli poichè fanno parte di uno stesso spettro. Il piede di un tavolo non ha nulla di positivo, non è che la proiezione di qualche cosa. E nessuno di noi è una persona poichè fisicamente siamo contigui a ciò che ci circonda, dato che psichicamente non ci giunge altro che la nostra espressione dei nostri rapporti con ciò che ci circonda.
La mia posizione è la seguente: tutte le cose sembrano avere un'identità individuale ma non sono che isole, proiezione di un continente sottomarino, e non hanno contorni reali... Tutto ciò che ci circonda è una qualche parte di qualcosa che a sua volta è parte di un'altra: in questo mondo non c'e niente di bello, solo le apparenze sono intermedie tra bellezza e bruttezza. Solo l'universalità è completa, solo il completo è bello..."

Riguardo alle relazioni tra noi e i visitatori dello spazio, Fort spiega così perche loro non comunicano con noi:
"...Se potessimo, educheremmo, civilizzeremmo maiali, oche, mucche? Saremmo così intelligenti da stabilire relazioni diplomatiche con una gallina che faccia le uova per trarre soddisfazione dal senso della sua compiutezza? Io credo che siamo dei beni immmobili, accessori, bestiame..."

Per Fort la terra non è nient'altro che una no man's land, che altri coloni hanno esplorato e colonizzato, e poi si sono disputata fra loro. Forse per Fort siamo una proprietà di qualcuno di questi colonizzatori, e magari c'è qualcuno tra noi che conosce la verità (una specie di "capo- mandria") e che - all'oscuro di tutti - ci dirige secondo delle istruzioni verso misteriose funzioni.

La versione fortiana del non siamo soli non è certo ottimista, diciamolo chiaramente, ma secondo me forse è più vicina alla realtà di quanto vogliono far credere tanti "esperti" di rapporti con extraterrestri, per cui tutto è "fratellanza" e serve alla nostra "evoluzione spirituale". Magari la definizione dell'universo come grande "pollaio" cosmico sarà poco solenne e soprattutto poco allegra, ma la verità e la conoscenza non devono piacere, devono servire ad aprire la mente.

Leggendo le opere di Fort ci si pone molte domande sul destino dell'umanità, ma riflettendoci a fondo si potrebbe forse concludere che le sue idee non sono molto lontane dalla verità...

Oggi come oggi, tra i profeti delle assurdità e gli scettici ad ogni costo, preferisco sicuramente l'archivista dell' impossibile, Charles Hoy Fort.
In fondo, come diceva Edgar Allan Poe: "Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo / non è che un sogno dentro ad un altro sogno..."

In Italia, per quanto ne so, non sono mai state pubblicate opere di Fort, che sono praticamente sconosciute (alla Biblioteca Nazionale di Roma non c'è niente sui suoi lavori, sarà anch'esso un fenomeno fortiano?).
Nonostante questo, so che esiste una Società Fortiana Italiana, ma per mancanza di fonti ho preferito non parlarne.



Bibliografia
Le opere di Charles Fort, edito in inglese dalla Parabook;
Il Mattino dei maghi, di Pauwels e Bergier, Mondadori.

Inoltre mi sono avvalso di molto materiale presente su internet (grazie Edo!).

 

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