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Un viaggio nell’avventuroso mondo dei giochi di ruolo, nel romanzo segnalato al Premio Strega 2017
di Fabrizio Scatena
[pubblicato su RiLL.it nel luglio 2017]
Il sentimento che si prova leggendo La stanza profonda (ed. Laterza, 2017), per chi è stato un giocatore di ruolo, è molto probabilmente quello di una dolce nostalgia. Il ricordo delle ore trascorse intorno ad un tavolo insieme ai propri amici, armati di innocue matite, gomme, dadi, manuali e quaderni ad anelli, mentre si interpretavano maghi, guerrieri, ladri, ranger o altri personaggi immaginari, rivive in questo breve, ma intenso, romanzo di Vanni Santoni, meritatamente segnalato al prestigioso Premio Strega.
Lo scrittore toscano, grazie ad un’idea davvero geniale e a un libro ben scritto, ha saputo raccontare un mondo, o meglio i tanti mondi, che dagli anni ’70 ad oggi hanno generato la comunità internazionale dei giochi di ruolo (GdR, d’ora in poi).
La stanza profonda narra la crescita di un Dungeon Master, “la persona che conduce una partita impersonando anche il ruolo dei mostri” (come riportato nel “Manuale del Dungeon Master”, Regole Base – SET 1 di Dungeons & Dragons). Una storia che inizia con la scoperta dei GdR da parte del protagonista in età pre-adolescenziale, grazie al padre, vero e proprio precursore di questi giochi. Il legame con i GdR continuerà per tutta la sua vita, scandendo così le fasi del suo sviluppo di uomo, oltre che di esperto Dungeon Master.
La passione nutrita dal protagonista (di cui l’autore non menziona mai il nome) per i GdR, a partire dall’intramontabile Dungeons & Dragons e per molti altri sistemi di gioco come Cyberpunk 2020, Il richiamo di Cthulhu e GURPS, sono il collante che tiene insieme, per oltre vent’anni, il gruppo di amici che vive nel piccolo comune della Toscana in cui è ambientato il romanzo.
La stanza profonda è una vecchia cantina, in cui la sera di un giorno alla settimana Tiziano, il Silli, il Bollo, il Paride e altri amici danno vita a campagne di gioco, legittimando un rituale che alimenta la creatività, affina l’intelligenza strategico-tattica e libera il carisma dei membri del gruppo. Ma la stanza profonda è anche un luogo della mente: uno spazio condiviso in cui la comunicazione, esplicita ed implicita, è resa possibile grazie ai tanti e potenti archetipi junghiani, sedimentati e universalmente condivisi da generazioni di scrittori, artisti e giocatori di ruolo di tutto il mondo.
Il pregio maggiore di questo romanzo, e della scrittura di Vanni Santoni, è la capacità di saper raccontare e descrivere, con ironia e precisione, una vera e propria sub-cultura. Uno strato della società rappresentato da molteplici comunità di persone, spesso timide e introverse, intelligenti e creative, libertarie e un po’ fuori dalle regole (ma mai devianti in senso malavitoso). Nerd o geek che hanno contribuito a cambiare il mondo negli ultimi quarant'anni anni (molti di loro sono diventati ricercatori, informatici o imprenditori di successo), grazie soprattutto alla padronanza della tecnologia alimentata da una fervente immaginazione. Infatti alcune di queste persone (non tutte naturalmente), oltre ad essere molto fantasiose e visionarie, sono anche appassionate di tecnologia, e sono riuscite a integrare l’aspetto “creativo” della loro personalità con quello “razionale”, dando vita ad innovazioni spesso dirompenti in ambito scientifico, economico e sociale.
La stanza profonda verrà certamente apprezzato tanto dal lettore quarantenne, che ha vissuto negli anni ’80 l’epoca d’oro dei GdR (mentre scrivo ho alle mie spalle le tre mitiche scatole rossa, blu e turchese di Dungeons & Dragons, gelosamente conservate nella teca della mia libreria), quanto dal ventenne che ha invece conosciuto i GdR grazie alle consolle o ai PC, ma a cui manca il sapore vintage dei tradizionali sistemi di gioco “mappa, dado, carta e matita”.
Il ritorno d’interesse da parte dell’industria culturale per l’immaginario degli anni ’80 a livello ludico, musicale e cinematografico, è confermato anche dal grande successo di pubblico che ha riscontrato Stranger Things. Trasmessa e tutt’ora disponibile su Netflix, questa serie fantascientifica ambientata in una cittadina dell’Indiana racconta proprio le avventure di un gruppo di ragazzini e giocatori di ruolo, che vivono un’avventura reale come se fossero immersi in un GdR.
Il gioco di ruolo è infatti un medium che, come il libro scritto da Santoni, la televisione, la radio e Internet, mette il fruitore nella piacevole condizione di divertirsi, grazie all’inventiva dei suoi creatori e all’abilità dei giocatori. Ma, a differenza di questi mezzi di comunicazione, il GdR richiede una partecipazione più coinvolgente, perchè i giocatori/ fruitori devono interpretare i personaggi, di cui assumono le identità, interagendo continuamente per far progredire le avventure.
Se poi il gioco viene praticato a distanza di anni, consente soprattutto al giocatore senior di rivivere nella memoria momenti andati, e che probabilmente non ritorneranno più. Resta però il ricordo. La dolce nostalgia dei giorni trascorsi con gli amici, senza i pensieri, le preoccupazioni e i doveri che la vita adulta ci impone.
Ma come affermava George Bernard Shaw: “L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”.
Dedico questo articolo al mio amico Valerio Dominici, scomparso nel 2016. È stato un musicista, programmatore, papà e master di alto livello.