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Zagarolo Game City 2020: il report dell’incontro fra tanti game designer e uno scrittore di fantascienza
di Andrea Viscusi
[pubblicato su RiLL.it nell’ottobre 2020]
Nell’ambito del Fantastico, l’immaginario letterario e quello ludico sono molto vicini. Noi di RiLL lo sosteniamo da sempre… e per questo abbiamo chiesto ad Andrea Viscusi (pluri-premiato autore RiLLico, ai cui racconti abbiamo dedicato l’antologia L’esatta percezione) di raccontarci la sua partecipazione allo Zagarolo Game City, svoltosi a fine settembre 2020: ed ecco il report di un sorprendente incontro fra tanti game designer e uno scrittore di fantascienza...
Dal 21 al 30 settembre si è tenuto Zagarolo Game City, una game jam per quattro team di game designer ospitata dal Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, nei pressi di Tivoli (vicino Roma). Se non avete capito quasi nulla della frase precedente non preoccupatevi, la mia prima reazione quando ho ricevuto questa proposta è stata la stessa.
Difficilmente chi non è del settore può sapere che cos’è una “game jam”. Si tratta in pratica di una maratona di game design, una gara a creare un videogioco in squadra con altri sviluppatori entro un tempo limitato. Questa game jam si è svolta appunto nel borgo di Zagarolo, all’interno del palazzo che ospita lo Spazio Attivo, un hub tecnologico patrocinato dalla Regione Lazio che promuove e investe proprio nell’innovazione e la ricerca nelle nuove forme di comunicazione.
La gara funziona così: sedici game designer (età media 22-23 anni), selezionati con un bando, divisi in quattro team sulla base delle loro specifiche competenze, hanno dieci giorni di tempo per realizzare un videogame giocabile basato su un tema specifico. Ai partecipanti viene messo a disposizione vitto, alloggio e attrezzatura tecnica per lo svolgimento del loro lavoro. Alla consegna del gioco, una giuria internazionale di esperti valuterà ognuno dei progetti e stilerà la sua classifica, sulla base del quale al team vincitore sarà assegnato il montepremi.
Abbiamo detto che i giochi devono trattare un argomento preciso, e questa prima edizione di Zagarolo Game City aveva come tema “Scienza-Fantascienza”. Ai jammer era richiesto di sviluppare un gioco che quindi affrontasse in qualche modo il legame tra la scienza e la fantascienza. Ed è proprio per via di questo tema di fondo che mi sono trovato anch’io a partecipare alla game jam, in quanto relatore per la prima giornata.
Sono stato invitato per l’apertura della game jam, lunedì 21 settembre, a partecipare all’open debate insieme ad altri ospiti provenienti da ambiti diversi, ma che potevano offrire ai team alcuni spunti sui quali basare i loro progetti.
Nonostante la levataccia per arrivare puntuale per l’apertura dei lavori, entrato nello Spazio Attivo ho subito colto qualcosa di insolito: sei in un palazzo cinquecentesco con i soffitti affrescati, ma se abbassi lo sguardo trovi le stampanti 3D in funzione. Una strana dissonanza temporale, che ti fa capire subito che non c’è contraddizione tra il vecchio e il nuovo, tra forme tradizionali e moderne di creatività.
Arrivati tutti i partecipanti è iniziato l’open debate, e sono stati presentati gli ospiti. Oltre a me, che figuravo in quanto esperto di fantascienza, c’erano Daniele Feliziani di GreenMe, magazine di ecologia e sostenibilità, Andrea Baldini di AR Market, sviluppatore di applicazioni in realtà aumentata, ed Erwan Rivault dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). A presentare i nostri interventi Claudio Pollina, sviluppatore e autore, uno degli organizzatori della game jam.
Mi ero aspettato che parlare di fantascienza (in particolare nella sua forma letteraria) davanti a un gruppo di ragazzi che era lì per creare un gioco sarebbe stata un po’ una formalità, come quando a scuola ti facevano incontrare qualche esperto venuto da fuori, di cui in realtà non ti fregava nulla. Così ho iniziato a dare una mia definizione di fantascienza e del rapporto tra scienza e fantascienza (e a questo scopo ho citato proprio l'antologia “Fanta-Scienza”, edita un anno fa da Delos e che è stata apprezzata anche da Bruce Sterling), e a suggerire come oggi la fantascienza possa essere uno strumento importante per interpretare il mondo presente. Questo ha condotto a un imprevisto allineamento tra me e gli altri relatori: la discussione si è indirizzata sui rischi del cambiamento climatico (studiati dall’ESA, divulgati da GreenMe, tradotti in realtà aumentata da AR Market) e di come anche la fantascienza stia cercando di portare all’attenzione del pubblico, con la climate fiction e il solarpunk. Quest’ultimo in particolare ha suscitato parecchia curiosità, sia dei concorrenti che degli altri relatori.
I jammer hanno posto le loro domande, ed era evidente che il loro interesse fosse più che di cortesia, che stavano davvero pensando a come riprodurre con il linguaggio del videogioco i concetti di cui stavamo parlando, affrontandoli da punti di vista diversi ma sempre focalizzati sul tema di fondo. Dopo quasi due ore di dibattitto, le squadre si sono suddivise e hanno iniziato a buttare giù le idee per iniziare a lavorare sui loro progetti.
Nel pomeriggio, visto che ero lì per tutta la giornata, sono passato da ognuna delle squadre a offrire la mia consulenza dal punto di vista fantascientifico e narrativo, che sono quelli di mia competenza. I jammer non possono essere aiutati nel loro lavoro, perché ovviamente possono contare sulle loro abilità, ma io non avevo certo la conoscenza tecnica per aiutarli a scrivere il codice e elaborare gli asset da utilizzare nel loro gioco, quindi il mio intervento era lecito. Così ho avuto modo di approfondire insieme a loro i temi e il taglio che intendevano dare al loro gioco, suggerendo magari qualche prospettiva leggermente diversa o aggiungendo elementi e collegamenti con il presente, per dare maggiore significatività al loro progetto.
Ed è qui che ho potuto notare come in un contesto del genere parlare di fantascienza e di come questa ci possa aiutare a osservare meglio il mondo intorno a noi risulti del tutto naturale. Mentre a volte negli ambienti della “cultura” si ha l’impressione che la narrativa di genere sia il cuginetto scemo da assecondare ma mai prendere sul serio, con un pubblico di questo tipo il rapporto è completamente diverso. Anche se forse nessuno dei jammer era particolarmente appassionato di letteratura fantascientifica (infatti molti degli esempi che ho fatto li ho presi dal cinema, sicuramente più accessibile), gli stimoli di riflessione sono comunque stati recepiti e hanno portato a ulteriori approfondimenti, proprio perché la forza degli argomenti era sufficiente da suscitare il loro interesse, al di là della forma in cui venivano espressi.
Da parte loro, tutti i concorrenti della game jam avevano chiara l’idea che il loro gioco non fosse “solo un gioco”, ma un mezzo per poter trasmettere un messaggio a chi avrebbe fatto quell’esperienza.
Da questo punto di vista è stato estremamente rinfrescante notare come in un ambiente come quello del game design sia possibile portare avanti un discorso produttivo, che porta beneficio reciproco alle parti, e forse per chi scrive sarebbe proprio il caso di iniziare a guardare in quella direzione, per scoprire che c’è tutto un pubblico di creativi affamato di spunti e visioni, curioso e aperto a nuove idee, ben consapevole del ruolo che la sua forma di narrazione ricopre, forse in particolare per le generazioni più giovani.
Insomma, per dirla con una parola, c'è speranza.
(nella foto: Andrea Viscusi a Lucca Comics & Games 2019, mentre parla dell'antologia "L’esatta percezione" durante la premiazione del XXV Trofeo RiLL; foto di Valeria De Caterini)