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Intervista a Gail Jamieson, una delle responsabili della SFFSA (Science Fiction and Fantasy South Africa), in occasione del cinquantennale dell'associazione
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel luglio 2019]
Non credo capiti spesso, quando si parla di Fantastico, di pensare al Sud Africa. Certo, l’inventore della Terra di Mezzo, J. R. R. Tolkien, è nato a Bloemfontein, che ancor oggi è una delle più importanti città del paese, ma in generale è molto più immediato collegare il Sud Africa a Nelson Mandela (e alla lunga battaglia contro l’apartheid), oppure alle miniere di diamanti e d’oro, o magari alla flora e fauna, lì caratterizzati da un altissimo tasso di biodiversità.
Eppure, in questa nazione con tre capitali (Città del Capo, Pretoria e la già citata Bloemfontein), con dodici lingue ufficiali e che ha una superficie di 1,2 milioni di chilometri quadrati (circa quattro volte l’Italia, ma più o meno con la nostra stessa popolazione) c’è spazio anche per gli appassionati di letteratura dell’immaginario.
Dal 1969 è infatti attiva l’associazione SFFSA (Science Fiction and Fantasy South Africa), con cui RiLL ha il piacere di collaborare dal 2015.
La nostra collaborazione ha portato, ad oggi, alla pubblicazione (sulle antologie Mondi Incantati del 2015, 2016, 2017 e 2018) di quattro racconti premiati dagli amici sudafricani nel loro concorso NOVA; nel contempo PROBE, il magazine associativo della SFFSA, ha proposto ai suoi lettori diversi racconti vincitori del Trofeo RiLL (il prossimo sarà “Davanti allo specchio”, primo classificato nel 2017, che sarà incluso nel numero 181, in uscita a settembre 2019).
A giugno 2019 la SFFSA ha celebrato il proprio cinquantennale.
Con l’occasione, è uscito PROBE 180, un numero speciale che contiene interventi e articoli di persone e club che collaborano (o hanno collaborato) con la SFFSA. Noi RiLLini siamo stati onorati di essere invitati a parlare della nostra partnership con gli amici sudafricani; inoltre, abbiamo ritenuto fosse giusto dedicare su RiLL.it uno spazio a questa ricorrenza.
Il Sud Africa è un paese gigantesco, nel quale creare e mantenere viva per alcuni decenni una rete di persone che hanno in comune “solo” la passione per qualcosa non è affatto facile. Oggi molte delle comunicazioni fra i soci della SFFSA passano per Internet, il che semplifica un po’ le cose… ma, a ogni modo, raggiungere i cinquant’anni di attività è un traguardo davvero significativo, e a quanto ne so in Italia non esiste nessuna associazione o circolo o gruppo nel campo del Fantastico che abbia alle proprie spalle una storia così lunga.
È con piacere, quindi, che presentiamo ai nostri lettori questa intervista con Gail Jamieson, una delle responsabili della SFFSA, nonché una socia di lunghissimo corso dell’associazione (e qui sotto ritratta sorridente in foto).
Per… un viaggio inaspettato nel lontano Sud Africa!
Prima di tutto, Gail, posso chiederti di presentare l’associazione SFFSA ai nostri lettori? Qual è il vostro focus, le vostre attività e come gestite le vostre iniziative…
Per quel che so, la SFFSA è l’unico club sudafricano che si occupa di fantasy e fantascienza. Ci definiamo un club letterario, ma per essere onesti ormai siamo sostanzialmente divenuti un circolo di appassionati di fantasy e fantascienza. Siamo attivi nella provincia di Gauteng, la zona più popolata del Sud Africa (quella in cui si trovano Johannesburg e Pretoria, NdR); inoltre, abbiamo soci nella maggior parte delle altre otto province sudafricane e una manciata di iscritti residenti in altri paesi (Canada, USA, Australia e paesi europei).
Ci incontriamo una volta al mese e in quelle occasioni di norma abbiamo un oratore. Di solito si tratta di esperti in campo scientifico, ma talvolta anche del mondo letterario. In media partecipano circa venti persone a incontro, che quasi sempre finiscono con una cena e molte chiacchiere. Occasionalmente organizziamo visite di gruppo a posti interessanti, come il Cratere di Vreedefort (il più grande cratere meteoritico sulla Terra, con un diametro di circa 300 km, NdR); un’altra volta, invece, siamo saliti nella parte settentrionale del Sud Africa, per assistere a un’eclissi totale del sole.
Il cinquantennale è un traguardo davvero significativo per un club no profit. È probabile che i fondatori dell’associazione non pensassero di raggiungerlo! Dal 1969 a oggi come sono cambiate l’attività e la “vita” associativa della SFFSA?
Dubito che i fondatori pensassero che saremmo stati ancora attivi dopo cinquant’anni.
Per quel che mi sembra, e io sono membro ormai da quarantasei anni, il club non è cambiato molto nel corso del tempo. In un modo o nell’altro, abbiamo sempre avuto sufficienti fondi dagli iscritti per andare avanti. Abbiamo sempre avuto uno zoccolo duro di soci, che hanno tenuto in vita il club.
È strano, per me, leggere che la SFFSA è nata in seguito a una lettera pubblicata su un giornale (il vostro sito dice che il signor Tex Cooper scrisse a un giornale esprimendo il suo desiderio di formare un club sulla fantascienza, ricevette 37 risposte e alcune di quelle persone furono i fondatori della SFFSA). Tu come sei entrata nell’associazione?
Nel 1973 ho visto una pubblicità su un giornale della domenica, “The Sunday Times”, che pubblicizzava il premio NOVA per racconti. Avevo appena finito gli studi e non pensavo esistessero club dedicati alla fantascienza. Io leggevo fantascienza sin da quando ero bambina, fui davvero incuriosita. Partecipai al concorso e la mia storia finì fra le migliori venti. Allora mi iscrissi all’associazione e da allora ne sono stato un membro. La SFFSA è diventata parte della mia vita.
Posso chiederti di descrivere ai nostri lettori il mondo sudafricano del fantasy e della fantascienza?
Non è un contesto facile. In Sudafrica le persone che leggono molto sono poche, specialmente con l’avvento di Internet. E ancora meno sono quelli che leggono fantascienza o fantasy. D’altronde, molte persone che guardano i film di Batman o sui personaggi della Marvel si considerano appassionati di fantascienza.
Quindi direi che la letteratura dell’immaginario non ha molto spazio in Sudafrica, anche se il numero di autori che scrivono fantasy o fantascienza sta crescendo.
La SFFSA ha un magazine associativo, PROBE, pubblicato dal 1970, cioè da ben quarantanove anni. È evidente che PROBE sia un elemento centrale nella vita del club e per le relazioni fra i soci. Puoi presentare la rivista (e anche altre pubblicazioni eventualmente realizzate dalla SFFSA) ai nostri lettori?
Io posseggo il primo set di pubblicazioni del club, sin dalla prima newsletter. Uscirono sette newsletter, poi l’ottava fu il primo numero di PROBE. La copertina del numero 1 è riproposta su PROBE 180, che è un numero speciale della rivista, che celebra il cinquantennale (qui sotto potete vederne la copertina, di cui Gail parla più diffusamente nell'ultima domanda, NdR).
PROBE è sempre stato un elemento centrale della nostra attività e un mezzo per pubblicare i racconti del premio NOVA. Come associazione abbiamo sempre voluto incoraggiare la scrittura di storie di fantascienza e, successivamente, fantasy. Nei suoi 180 numeri, PROBE ha avuto sei o sette direttori e io stessa lo sono stata tre volte. Inoltre, PROBE arriva in un certo numero di paesi in tutto il mondo, visto che abbiamo anche soci d’oltremare, come dicevo.
Come club abbiamo anche curato la pubblicazione dei “The Best of SFSA”, che raccolgono le migliori storie del premio NOVA. Abbiamo realizzato tre volumi; ormai sono passati vent’anni dall’ultimo, e stiamo pensando di pubblicarne un quarto.
Sin dai primi anni ’70, la SFFSA bandisce il concorso NOVA, per racconti di fantascienza o fantasy. Alcuni dei racconti premiati li abbiamo pubblicati sulle antologie Mondi Incantati. Come è organizzato il concorso?
Come accennavo, il concorso è stato sin dall’inizio un’attività della nostra associazione. Lo reclamizziamo ogni anno, e alla fine di settembre si chiudono le iscrizioni. Riceviamo racconti soprattutto dal Sud Africa, ma occasionalmente anche da altri paesi.
Almeno cinque membri del club leggono ciascuna storia, sempre senza conoscere il nome dell’autore. I racconti sono valutati considerando sette diversi ambiti (qualità della scrittura, creatività delle idee creative, fascino...). Sulla base dei voti ricevuti, scegliamo i dieci finalisti, che a quel punto vengono proposti al giudice finale. Il giudice finale cambia di anno in anno e, dato che abbiamo un paio di professori di Inglese fra i nostri soci, abbiamo sempre una persona ben qualificata a scegliere i racconti da premiare. Anche alcuni scrittori sono stati giudice finale al premio NOVA, ad esempio Lauren Beukes, che ha vinto un premio Arthur C. Clarke.
Ritieni che il premio NOVA abbia aiutato gli autori non professionisti del Sud Africa a diventare scrittori?
Sì. In effetti, un certo numero di partecipanti pluri-premiati sono diventati scrittori professionisti. Forse il più famoso è Dave Freer, che pubblica con Mercedes Lackey e Eric Flint. Nick Wood è un altro autore che ha all’attivo parecchi libri. E anche Gary Kuyper, che ha visto due suoi racconti tradotti su Mondi Incantati (nel 2017 e nel 2018, NdR), ha pubblicato numerosi libri e ora sta lavorando a una sceneggiatura. Insomma, penso che stiamo realizzando i nostri obiettivi e stiamo vedendo che sempre più autori sudafricani di fantascienza e fantasy pubblicano le loro storie.
Una cosa interessante è che il premio NOVA ha avuto a lungo una sezione specifica dedicata ai racconti di ambientazione sudafricana. Posso chiederti di spiegare, anche solo per sommi capi, le caratteristiche che una storia breve deve avere per sfruttare al meglio questa ambientazione?
Ovviamente, limitarsi ad ambientare una storia a Città del Capo o a Johannesburg non la rende sudafricana. I racconti devono cogliere quelli che sono gli aspetti culturali specifici del nostro paese.
Ad esempio, sono senza dubbio sudafricani i racconti che abbiano fra i personaggi dei Boscimani o membri di altre comunità del nostro paese (il Sud Africa è un paese fortemente multietnico, infatti è anche chiamato “raimbow nation”, NdR).
Ad esempio, nel 2009 il premio NOVA fu vinto da “Candy Blossom”, racconto di Dave Freer (un autore che citavo anche prima). Il protagonista di quella storia è assolutamente riconoscibile da un qualunque lettore sudafricano come un meticcio del Capo (in inglese, Cape Coloured, “persona di colore del Capo”, NdR).
Siamo ben attenti a non essere “politicamente scorretti” ma, appunto, riferimenti a persone di determinate comunità del nostro paese rendono senza dubbio sudafricani i racconti.
Ad eccezione del Trofeo RiLL e dei suoi autori pubblicati su PROBE, cosa sai degli scrittori di fantascienza / fantasy / horror italiani?
Sono in imbarazzo a dirlo, ma non so nulla della fantascienza italiana. Però i racconti del Trofeo RiLL usciti su PROBE mi sono piaciuti.
In Italia, fantascienza e fantasy sono stati considerati per molto tempo un genere letterario minore (e questo vale in parte anche oggi). In Sudafrica?
Probabilmente in Sudafrica non sono nemmeno considerati generi letterari. Alla maggior parte delle persone non interessa quel tipo di scrittura, anche se magari guardano “Iron Man”.
È molto difficile che uno scrittore di fantascienza / fantasy / horror italiano viva solo con i proventi delle sue pubblicazioni. In Sudafrica?
Direi che è lo stesso. Anzi, in realtà dubito che qualsiasi autore sudafricano, di qualsiasi genere, con la sola eccezione di Wilbur Smith, abbia mai guadagnato abbastanza dalla scrittura da poterci vivere.
L’ultima domanda riguarda la celebrazione del cinquantennale! Cosa ci puoi dire? So che un numero molto speciale di PROBE è uscito proprio in quest’occasione...
Su PROBE 180 abbiamo pubblicato interventi e contributi da tutto il mondo sul nostro cinquantennale; hanno reso speciale questa ricorrenza. La copertina è una specie di collage delle copertine di tantissimi numeri precedenti. Dal numero 24, la più vecchia copertina ancora “leggibile”, sino al numero 38 (il primo di cui curai la realizzazione) o al numero 100, che uscì per il quarantennale della SFFSA.
Per celebrare il cinquantennale abbiamo anche stampato una maglietta speciale, e nei prossimi numeri della rivista inserirò un report sulla cena di festeggiamento (un momento della quale è colto nella foto poco sopra, NdR). È stata una grande serata.
Sempre per festeggiare il cinquantennale, quest’anno agli autori premiati nel concorso NOVA daremo delle targhe ricordo, oltre che i “soliti” premi in denaro.
Ma, in generale, a parte la soddisfazione per aver raggiunto questo traguardo, la vita va avanti e così anche la SFFSA. Come qualcuno ha detto, spero che la SFFSA sia ancora attiva quando il primo numero di PROBE sarà consegnato alla colonia terrestre su Marte!
L’intervista a Gail Jamieson si chiude con questo bell’augurio, che noi RiLLini non possiamo che sottoscrivere. Oltre a ringraziare Gail per il tempo che ci ha dedicato, è doveroso per noi ricordare anche Gavin Kreuiter, il responsabile del premio NOVA, che dal 2015 supporta con grande entusiasmo la collaborazione fra RiLL e la SFFSA.
Live long and prosper, SFFSA!!