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di Francesca Garello
Vincitore (ex aequo) del X Trofeo RiLL
[racconto presente nell'antologia Ritorno a Mondi Incantati, Nexus Editrice, 2004]
“Signora, devo essere sincera, la situazione non è buona.”
La professoressa alzò gli occhi dal registro e guardò la donna seduta davanti a sé con sguardo amichevole, ma cupo.
“Il ragazzo è intelligente, questo è certo, ma si impegna poco. E poi ultimamente sembra aver perduto ogni aggancio con il mondo reale, sono preoccupata.”
La madre deglutì a vuoto, poi tentò una debole difesa.
“Ma sa, è un periodo difficile. Io e suo padre ci siamo divisi da poco e lui è un po’ disorientato…”
La professoressa annuì.
“Questo è comprensibile: è sempre difficile per gli adolescenti affrontare il divorzio dei genitori. Ed io, le assicuro, gli concedo ogni benevolenza possibile per la sua situazione psicologica, ma Andrea sembra aver oltrepassato il limite.”
La madre si agitò sulla sedia, visibilmente a disagio.
“Ma cosa ha fatto di così grave? Non studia?”
La professoressa scosse nuovamente la testa.
“Se è per questo Andrea non è mai stato un grande studioso, finora si è sempre arrangiato alla bell’e meglio. Viene a scuola sempre con la lezione poco preparata, i suoi componimenti sono banali e pieni di errori di ortografia… insomma, poche idee e espresse male. Ma almeno erano idee normali. Si comportava come qualunque ragazzo della sua età con scarsa propensione allo studio. Ma da un mese e mezzo a questa parte…” scosse la testa, lasciando in sospeso la frase.
“…da un mese e mezzo a questa parte? Cosa è successo?” chiese ansiosa la madre.
“Me lo dica lei. E’ accaduto qualcos’altro in famiglia, a parte la vostra separazione?”
La donna annuì, lo sguardo d’un tratto pieno di tristezza.
“Sì, è morto mio padre. Andrea era molto legato a suo nonno, passavano molto tempo insieme nel suo capanno degli attrezzi, costruendo giochi e strani aggeggi, si raccontavano storie fantastiche e avventurose. E’ stata una grave perdita per lui.”
“Ah, mi spiace”. La professoressa accennò uno sguardo dolente, poi riprese: “Ecco, questo spiega molte cose. Più o meno dalla scomparsa di suo padre Andrea ha cominciato a fare cose strane. Guardi qui.” La professoressa aprì la sua cartella di cuoio e tirò fuori un fascio di carta spessa, di un delicato color avorio. La carta frusciò in modo particolare, restituendo il fascino degli antichi manoscritti. “Il mese scorso ho dato un tema sul Manzoni, come compito a casa. Qualche giorno dopo Andrea mi ha consegnato questo.” Spinse nelle mani della donna il fascicoletto.
La madre gettò uno sguardo sulla prima pagina e lesse il titolo, scritto in una grafia ordinata e minuta: “Vita di Alessandro Manzoni scritta da lui medesimo. Milano, 1872”. Alzò gli occhi confusa verso la professoressa.
“Legga, legga, vada avanti un po’…” la incoraggiò la docente.
Riabbassò lo sguardo sulla pagina manoscritta e lesse qualche altra riga. “La mia storia è dolorosa assai, e credo si troveranno a stento 25 lettori per queste mie note, ma poiché le mie parole sono ispirate dalla Provvidenza, dirò che son nato nell’anno del Signore 1785, in Milano…”
“Ma questa chi l’ha scritta? Non è la calligrafia di Andrea!”
La professoressa si incupì.
“Lui sostiene che sia appunto di Alessandro Manzoni.”
La donna si portò una mano alla fronte.
“Beh, capisco che sia un tantino stravagante, ma in fondo, se le nozioni esposte nel compito sono corrette, la forma può non avere troppa importanza, no? E’ un artificio letterario, direi anche piuttosto creativo.” Obbiettò per difesa d’ufficio la madre.
“Ha detto bene. SE le nozioni sono corrette. Ma non lo sono. In questa supposta autobiografia il Manzoni confessa che l’autore dei Promessi Sposi non è lui, ma sua moglie Enrichetta Blondel.”
La madre di Andrea corrugò la fronte e racimolò qualche ricordo dell’università.
“Ah, beh, non del tutto improbabile come teoria, no? Come si dice: dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna. Ci sono altri casi illustri, per esempio...” annaspò un po’ poi continuò, illuminandosi di soddisfazione, “Ecco, Anaïs Nin e Henry Miller.” Si pentì subito di quell’esempio. Date le porcherie che usava scrivere la Nin forse non era una buona idea citarla.
La professoressa non sembrò molto impressionata da quello sfoggio di cultura e proseguì implacabile.
“Già, ma nel manoscritto si dice che la Blondel si sarebbe ispirata a un romanzo a puntate pubblicato su L’Araldo della Massaia. Figuriamoci.”
La donna non replicò, per non ammettere che nella sua giovinezza aveva spesso pensato che quel noioso del Manzoni avesse copiato quell’insulsa trama da qualche romanzo d’appendice. Si riscosse dai suoi pensieri e cercò di concentrarsi sulla professoressa, che la guardava con l’aria di chi sta per dare un’altra brutta notizia.
“E non è tutto. Ho assegnato una ricerca su Ovidio, il poeta latino sa…” La madre annuì, incerta se precisare che lei sapeva benissimo chi fosse Ovidio oppure tacere aspettando il peggio. Decise di tacere.
“Ebbene, ho cercato di incoraggiare i ragazzi ad andare un po’ al di là del solito compitino scopiazzato dal libro di letteratura latina, cercare un punto vista nuovo. E Andrea mi ha puntualmente consegnato il compito qualche giorno dopo.” La professoressa estrasse dalla borsa un rotolo di carta leggerissima, avvolto intorno a due asticelle di legno. Dall’estremità di uno dei bastoncini pendeva una sorta di etichetta in cuoio, con sopra vergati dei segni molto confusi, legati tra loro in una sequenza incomprensibile.
“Cos’è?” chiese con un filo di voce la donna, senza avere il coraggio di allungare la mano per prendere l’oggetto.
“E’ un volumen. Una specie di libro antico. Insomma, è come scrivevano gli antichi romani.” La sua voce assunse un tono seccato mentre aggiungeva: “Ho dovuto farmelo leggere da una mia ex compagna di università che ora fa l’archeologa. Non sono pratica di paleografia latina…”
“E che cosa c’è scritto?” chiese la donna quasi contro la propria volontà, indicando il cartiglio che dondolava davanti ai suoi occhi.
“Publii Ovidii Nasonis Carmina Laeta.” Fissò per un attimo la donna. “Capisce?”
“Veramente no. Cioè, sì, capisco che non è una cosa molto normale, ma forse ha voluto dare un po’ di fascino storico a un compito tutto sommato prevedibile. La pergamena è carina, no? Insomma, l’aveva detto anche lei di cercare di fare un lavoro un po’ originale” annaspò la madre.
La professoressa la guardò freddamente.
“Ovidio non ha mai scritto dei Carmina Laeta. Ha scritto i Tristia, ben altra cosa.”
“Ah, poverino” commentò la madre, senza saper più cosa dire davanti a quella incredibile rivelazione storico- letteraria.
“E comunque è papiro, la pergamena l’hanno inventata più tardi” puntualizzò la professoressa.
“Ecco. Capisco” aggiunse compunta la donna, non capendo affatto che accidenti c’entrasse la data di invenzione della pergamena con i problemi scolastici di suo figlio. “E… le poesie sono almeno belle?” chiese più per prendere tempo che per altro.
“Sono bellissime. Anche troppo. Ovidiane fino all’ultimo distico elegiaco, dice la mia amica. Inedite. Ovviamente false. Ovidio è morto dopo aver scritto i Tristia, in esilio a Tomis, sul Mar Nero.”
La mamma mise insieme una difesa disperata.
“Beh, chissà, magari Ovidio non è morto alla data che si crede comunemente, o magari è andato via da... come si chiamava? Sì, Tomis. Si sa come vanno queste cose per gli autori antichi, non si hanno mai notizie sicure. E poi si dice di molte altre persone celebri che siano morte per finta e poi magari siano andate a vivere in un altro luogo sconosciuto e più tranquillo. Per esempio, Elvis Presley e Jim Morrison si dice che siano tutt’ora a Parigi sotto falso nome...” la donna si interruppe, schiacciata dallo sguardo della professoressa. Fece un debole sorriso e cambiò strategia.
“E poi non può essere stato Andrea a scrivere quei Carmina Laeta! Lui è sempre andato malissimo in latino!” La madre si accorse un attimo troppo tardi dell’inopportunità di quel commento, e si abbandonò contro lo schienale della sedia, svuotata.
La professoressa fece un gesto vago, come se l’obiezione non avesse alcuna rilevanza.
“Ah, su Internet ormai si trova di tutto. E ovviamente Andrea ha un computer collegato ad Internet, vero?” guardò la madre con sguardo accusatorio.
“Ecco, sì… gliel’ha regalato mio marito poco prima di andarsene.” Prese attenta nota di quel particolare. Sarebbe stato un altro utile elemento da discutere nella causa di divorzio.
“Lo immaginavo.” La professoressa non aggiunse altro, lasciando che il silenzio scendesse gelido sulla conversazione appena conclusa.
La madre di Andrea si sforzò di trovare un ultimo argomento per mitigare la situazione di suo figlio.
“Professoressa, io non sarei così severa. Dopotutto, se ha fatto queste cose per lei, se si è così sforzato per sorprenderla con un compito fuori dal comune è segno che per lei ha una particolare considerazione, che ci tiene al suo giudizio.” Un po’ banale, ma l’adulazione è sempre una strada degna di essere tentata, si disse la donna.
La docente prese un lungo respiro, poi frugò nuovamente nella borsa. Un brivido corse lungo la schiena della mamma di Andrea.
“Ecco, questo l’ha consegnato al mio collega di matematica.” Con una certa fatica estrasse dalla cartella un tomo dall’aria vecchiotta, rilegato in bel cuoio con rinforzi ai bordi. Questa volta la mamma non si sottrasse ai suoi doveri, prese il libro e lo aprì alla prima pagina. Sospirò.
“Di nuovo in latino...”
“Sì, ma questa volta si tratta di un trattato scientifico. Il titolo, come può vedere, è Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Sa di chi è?”
La donna deglutì, abbassò lo sguardo e lesse rassegnata:
“Isaac Newton.” Guardò la professoressa e aggiunse: “Quello della mela.”
“Esatto, quello. E’ la sua opera più famosa, pubblicata nel 1687. Vi espone la sua famosa legge della gravitazione universale, una pietra miliare del pensiero scientifico occidentale. Ma legga sotto il titolo, quelle parole più piccole.”
La madre obbedì nuovamente.
“Pars Secunda sive Adjecta. Che significa?”
“Parte seconda o aggiunta. Quest’opera sembra essere un’aggiunta alla prima stesura dei Principia. Il mio collega mi ha detto che contiene un’estensione alla legge di gravitazione universale, riguardante i reciproci comportamenti di materia e antimateria...”
La madre chiuse il libro con rassegnazione.
“Va bene, professoressa, ho capito. Gli parlerò.”
“Sì, gli parli, ma non solo. Si imponga, faccia sentire il polso dell’educatrice. I ragazzi d’oggi hanno bisogno di essere guidati, corretti. Non si può lasciarli in balìa della loro immaginazione, non possono essere lasciati liberi di abbandonarsi ai viaggi della mente. Andrea così non andrà da nessuna parte. Guardi, le dirò: era meglio prima, con tutta la sua svogliatezza e con le poche idee banali che si portava dietro. L’immaginazione è una bella cosa, ma è nociva se non è mitigata da un solido senso della realtà.”
La professoressa si alzò, come a indicare che il colloquio era finito.
“Ed ora non si scoraggi. C’è ancora tempo fino alla fine dell’anno per recuperare la situazione. Certo, è necessario vedere un po’ di impegno da parte di Andrea, oppure...” guardò la donna con sguardo significativo.
La madre annuì, alzandosi a sua volta.
“Non si preoccupi, vedrà che da ora in poi le cose cambieranno. Glielo assicuro.”
La madre rientrò in casa come una furia. Si precipitò verso la camera di Andrea, dalla quale proveniva un allegro motivetto di rock’n’roll. Aprì la porta senza tante cerimonie e affrontò il ragazzo, che stava giocando con la Playstation insieme ad un tipo grasso con un assurdo paio di stivali da cow-boy ricamati.
Gli strappò di mano il joypad e lo gettò a terra furente.
“Ehi, mamma! Ma sei impazzita?” protestò il ragazzo.
“Impazzita io? Tu piuttosto. Torno adesso dal colloquio con la professoressa di lettere...” non completò la frase, fissando il figlio con lo stesso sguardo di un’Erinni.
Andrea assunse un’aria allarmata, ma sorrise disinvolto.
“Ah, sì? E che vi siete dette di bello? Ti ha detto dei miei progressi?”
“E come no! Mi ha raccontato di Alessandro Manzoni, Enrichetta Blondel e L’Araldo della Massaia! E mi ha srotolato in faccia l’inedito libro dei Carmina Laeta di Ovidio! E mi ha illustrato la seconda parte dei Principi matematici di filosofia naturale. Devo continuare?” la voce della donna aveva assunto un tono stridulo simile a quello dei gabbiani.
“No, no, mamma, basta così, ho capito.” Lanciò un’occhiata nervosa verso il suo grasso compagno di giochi, che continuava imperterrito a pestare sui tasti, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole e la bocca perennemente in movimento a tritare merendine. “Va bene, ora sistemo tutto.”
“No, tu non sistemi proprio niente, sei in punizione. Per prima cosa, niente Playstation per il prossimo mese!”
“Un mese?? Ma mamma, è troppo!” pianse disperato Andrea.
L’amico di Andrea perse la presa sul joystick, le sue folte basette tremarono e le paillettes della giacca sembrarono scintillare con meno allegria.
“E non è finita. Niente computer o Internet fino alla fine dell’anno scolastico!” rinforzò la mamma, con una luce maligna negli occhi.
“Fino alla fine del... ma siamo ad aprile!” calcolò con puro orrore il ragazzo.
L’amico di Andrea mise in pausa il gioco, palesemente agitato, e si sistemò nervoso le frange della giacca.
La donna lo guardò di sfuggita, poi riprese la ramanzina al figlio.
“E quanto al capanno degli attrezzi, ti proibisco di metterci piede finché non sarai maggiorenne. E la macchina del tempo del nonno finisce nella spazzatura. Non mi interessa se l’ha lasciata a te. Non sei in grado di occupartene! Tutta la famiglia ci ha messo le mani in tutti questi anni e anche io, da ragazza, qualche sfizio me lo sono tolta. Ma tu con questa tua mania di esibizionismo ci hai messi tutti in pericolo.”
“Ma mamma, l’ho fatto solo per migliorare la mia situazione scolastica!”
“Ah, bel risultato che hai raggiunto. Ora i tuoi professori sono convinti che non solo sei somaro ma anche mezzo matto. No, no, quella cosa deve sparire, benché mi dispiaccia.”
“Ma mica puoi scaricarla in un cassonetto!”
“Infatti no. E’ troppo grossa. Chiamerò il numero verde del Comune, manderanno un camion per i rifiuti speciali.”
Andrea cadde in ginocchio, incapace persino di dire “no”.
La mamma fece per uscire, poi si girò e guardò severa il compagno di giochi di Andrea, che faceva il vago guardando fuori dalla finestra.
“Ah, e lei signor Presley, faccia le valigie. Stasera se ne ritorna a Parigi.”
Francesca Garello è archeologa, archivista, scrittrice di racconti e curatrice di molte antologie e progetti nel campo del Fantastico. Dopo essere comparsa come autrice in numerose antologie del Trofeo RiLL (che ha vinto due volte di seguito: nel 2004 con “Rifiuti Speciali” e nel 2005 con “Pari Opportunità”), dal 2016 partecipa spesso all’annuale Mondi Incantati in veste di traduttrice.
Con la casa editrice Homo Scrivens ha pubblicato “L’uomo che volle farsi strega”, antologia che raccoglie diciotto suoi racconti fantastici.
Leggi l'intervista a Francesca Garello realizzata in occasione del trentennale del Trofeo RiLL.