Un degno avversario

di Antonio Milanese
Quarto classificato al XVI Trofeo RiLL
[racconto presente nell’antologia Riflessi di Mondi Incantati, ed. Giochi Uniti, 2010]


Visto dall’alto, il regno di Saal ha la forma di un coniglio accovacciato tra i cespugli. Confina a Sud con Ooper, repubblica di instancabili lavoratori, a ovest con Liumidan, un essere umano di dimensioni abnormi, a nord-est (per capirci, tra l’incrocio di una foglia del cespuglio e l’attacco dell’orecchio destro del coniglio) col regno rivale di Kooma. Sempre pensando al coniglio, al posto degli occhi si trovano due laghi: il primo è abitato da giganteschi tritoni, il secondo no, essendo profondo ventitré centimetri. Tra i due laghi si trova il castello del re di Saal, dimora di sovrani illustri, tutti provenienti da un’unica stirpe, se escludiamo il breve “periodo dei sosia”. In passato, ciascuno dei re aveva potuto dimostrare il suo valore affrontando le più temibili avversità: pesti, invasioni, carestie, guerre e mode di fine secolo. Ma la più grave tra tutte queste disgrazie giunse, sotto forma di notizia riservata, alle orecchie del povero re Sempronio.

“Un cavaliere dal cuore d’oro?”
“Proprio così, mio signore.”
“La fonte è attendibile?”
“Quasi certa, direi. È mio cognato, lavora alle Poste.”
“Vostro cognato? Ma non riparava i carri?”
“Quello è il primo… io parlo del sesto.”
Non volle ascoltare altro. Ordinò al giullare di lasciare la sala e sprofondò in una meditazione malinconica e immobile. Un cavaliere dal cuore d’oro, davvero un colpo basso. Per mesi il re di Kooma gli aveva lasciato credere che avrebbe schierato un geologo, e invece adesso - zac! - a sorpresa, aveva tirato fuori un cavaliere dal cuore d’oro. Che trucco da quattro soldi. E lui c’era cascato.
Da quel che aveva riferito il giullare, poi, il cavaliere sembrava avere tutte le carte in regola: nessuna lite condominiale, nessuna multa per sosta vietata, iscritto a due gruppi di volontariato, persino padre amorevole. Individui del genere si dicono “unici al mondo”, e questa per il re era la peggiore delle notizie. Anch’egli, tempo prima, aveva inviato per tutto il regno dei talent scout alla ricerca di un uomo con quelle caratteristiche, ma il referto dell’osservatorio socio-antropologico aveva recitato questo bollettino di guerra: “In questi anni non abbiamo rilevato un solo padre amorevole, pare siano uno più carogna dell’altro. Disponiamo, però, di diversi nonni affettuosi e sembra che di recente, a ovest delle cascate di Nuvol, sia stata segnalata una zia simpatica.”
Una zia simpatica, un nonno affettuoso… Il destino dell’imminente torneo era segnato: il ducato di Mannonia sarebbe passato nelle mani del re di Kooma, e addio provincia col reddito pro capite più alto, senza tacere il fatto che il duca era uno straordinario compagno di bevute.
Alla fine anche la malinconia capitolò, e ad essa si sostituì l’azione. Il re provò a immaginare una contromossa. Quale creatura schierare come campione? All’inizio pensò a un drago, ma quelle bestiacce erano date 7 a 1 già contro i cavalieri ordinari, figuriamoci contro quelli dal cuore d’oro; per non parlare del fatto che, da quando il drago era diventato il simbolo del movimento animalista, la sensibilità pubblica verso quelle creature era radicalmente mutata. Ma la scelta non era così vasta; oltre ai draghi erano rimaste a disposizione solo due viverne, che però servivano ad alimentare la caldaia.
Non sapendo che pesci prendere, decise di rivolgersi al vecchio mago Cacolio.


Il mago Cacolio, uomo alto, magro e incredibilmente vecchio, era considerato l’essere più saggio del regno da quando, grazie a un vuoto legislativo, aveva ingannato il sistema previdenziale andando in pensione ad appena 61 anni; adesso che di primavere ne aveva viste 832, era solito trascorrere le sue giornate a ridosso dei cantieri stradali, criticando puntualmente qualunque intervento di manutenzione, soprattutto se ordinaria. Infatti, proprio ai bordi di un cantiere, mentre sbirciava da un buco nella palizzata, fu raggiunto dalla convocazione reale. Si presentò a corte in ritardo, indossando la sua solita mise: una lunga tunica rossa a quadrettoni su cui aveva appuntato una spilla di cui non ricordava la provenienza, ma a cui - forse proprio per questo - era morbosamente legato.
Dopo aver ascoltato il discorso del re, domandò con stupore:
“Un uomo dal cuore d’oro… La fonte è attendibile?”
“Quasi certa” intervenne il giullare. “È mio cognato, lavora alle Poste.”
“Tuo cognato? Ma non faceva il divinatore?”
“Il quinto... Io parlo del sesto, il fratello.”
Il mago promise, salutò e si recò in biblioteca. Consultò il grande almanacco degli incontri - dovette contenderlo a una folta schiera di scommettitori sistemisti - e cercò tutti i precedenti che vedevano protagonisti i cavalieri dal cuore d’oro. Le statistiche erano sconfortanti. A parte un match sospeso per invasione di arena da parte di un cavallo parlante di fede socialista, tutti gli incontri si erano conclusi con una netta vittoria dei cavalieri. Non v’era stata creatura in grado di sopraffarli: orchi, viverne, pubblici dipendenti, sauri, totani bardati, folletti. Nessuno.
“Vi è solo una possibilità” concluse.


Il re, nel frattempo, girava intorno al trono seguito dal giullare che cercava distrarlo, riuscendo, però, soltanto ad accrescere la sua irritazione. Quando il re arrivò a pensare che, in caso di sconfitta certa, avrebbe gettato nell’arena proprio il giullare, e senza dirgli niente fino all’ultimo momento, giunse Cacolio:
“Sire, ho bisogno di voi.”
“E io di buone notizie. Dite pure.”
“La nostra unica speranza giace in un libro che… non si trova qui.”
“Qual è il problema?”, chiese esultante il re. “Lo ordineremo! Se altri sudditi devono ordinare libri potremo anche dividere le spese di spedizione…”
“Ho un cogn…” li interruppe il giullare.
“…ato che fa il corriere, sì, lo immagino” disse il re, per poi lasciare la parola al mago.
“La questione non è così semplice. Di questo libro esiste un’unica copia, conservata nella biblioteca di Turi Empleio che, come ben sapete, non effettua spedizioni. Per di più è scritto in Xantil, una lingua ormai perduta.”
“La solita cultura annientata dai barbari” bofonchiò il re.
“Non proprio, sire, credo sia stato un tragico miscuglio di alcool, festini imperdibili e sostanze ai limiti della legge. Poi l’analfabetismo di ritorno ha stralciato la poca istruzione superstite.”
“Bene. Prendete quel che vi serve e partite, ma fate in fretta. Il torneo inizia fra tre giorni.”
“Se permettete un’ultima richiesta, maestà…” iniziò il mago inchinandosi. “Avrei bisogno di un accompagnatore. La mia vista è debole e pare che quel libro sia stato pubblicato solo in versione tascabile economica con caratteri infimi, pagine incollate, inchiostro leggero e carta che non sarebbe degna di asciugare il vostro regale fondoschiena. Per questo mi chiedevo se il qui presente giullare…”
“Ve lo cedo volentieri” esclamò gioioso il re.
“No, dicevo, se il giullare, tra i suoi mille cognati, ne avesse uno valoroso…”
“Mi dispiace, potente mago” rispose il giullare “sono tutti dei gran vigliacchi. Ma posso accompagnarvi io, se permettete.”
“Vostra maestà propone alternative?” chiese speranzoso Cacolio.
“A corte gli unici senza occupazione, al momento, sono degli stagisti appena usciti dall’accademia…”
“Prendo il giullare” concluse risoluto il mago.
Così partirono alla volta della biblioteca più grande del mondo, che non si trovava né all’interno della capitale né in un palazzo prestigioso, bensì nei sotterranei di una locanda di periferia che fu di Turi Empleio, scomparso qualche anno prima per un infarto da ispezione sanitaria.
Era successo tutto per caso: molti anni prima, il vecchio Empleio, stanco di dover restituire tutti i libri che gli ospiti della locanda dimenticavano sul comodino il giorno della partenza, decise di creare un deposito in cui ciascuno, all’occorrenza, avrebbe potuto ritirare il suo tomo. Col tempo, tuttavia, il numero di libri era diventato considerevole, tanto che non li si poteva più stipare in una stanza. Quando ormai serpeggiava l’idea di cucinare i libri spacciandoli per pasta sfoglia, un cuoco si accorse che sotto la locanda i topi avevano scavato chilometri di cunicoli in cui potevano passare anche quattro, cinque persone per volta. Anziché preoccuparsi per la stabilità del suo edificio, il vecchio Empleio decise di sfruttare l’occasione: adattò i cunicoli a corridoi della biblioteca e attrezzò gli spiazzi fra essi come arene per i combattimenti dei galli. Finalmente i libri non erano più un problema!
In tempi recenti, un’indagine aveva anche confermato quello che in molti ormai immaginavano: la biblioteca di Turi Empleio aveva superato per numero di volumi quella centrale del regno. Il proprietario, venuto a conoscenza della notizia, scoppiò a ridere e dichiarò solennemente che per l’occasione avrebbe imparato a leggere. Il nobile intento, però, fu stroncato dal tragico malore. Tra due ali commosse di folla, la sua bara fu portata a spalla dagli scarafaggi della cucina. Quel mattino, chiunque pensava che uno scarafaggio non potesse piangere fu costretto a ricredersi.


Una volta arrivati alla locanda, il mago e il giullare andarono al bancone e ordinarono da bere. Accanto a loro stava un vecchio dall’aspetto stralunato. Indossava un paio d’occhiali senza lenti, un portabarba e un lungo accappatoio dalla cui tasca usciva un giornale inumidito, di due mesi prima.
“Cosa ordina?”, gli chiese la ragazza che serviva.
“I-io… non ricordo di essere mai stato qui” rispose il vecchio, fissandola con occhi impauriti.
“Ma signor custode, lei viene qui ogni giorno!”, esclamò la ragazza, sorridendo.
“Allora mi dia il solito” replicò il vecchio senza battere ciglio.
Il mago e il giullare ordinarono ancora da bere, per dimenticare la scena, poi chiesero al custode di guidarli verso il libro che cercavano. La ricerca fu lunga, un po’ per l’estensione dei cunicoli, un po’ per la scarsa memoria della guida e un po’ per la passione del mago per le lotte dei galli. Alla fine, comunque, riuscirono a trovare il libro. Congedato il custode, il mago prese il tomo tra le mani e lo alzò solennemente. Poi, sperando di non essere visto dal giullare, sbirciò il prezzo in terza di copertina.
“Bene, è nostro!”, constatò con finta voce profonda. “Ma ora viene la parte più difficile: interpretare lo Xantil. Sembra che nessuno ormai parli questa lingua. Dunque, armiamoci di una grammatica e di un dizionario, e proviamo a tradurre parola per parola.”
“Beh, potente mago, lei è libero di non credermi ma…”
“Hai un cognato che conosce lo Xantil?”
“Proprio così. Gestisce un allevamento di tritoni a sud di Foll.”
“Ma non è illegale allevare tritoni?”
“Non se sei un tritone.”
“Capisco. Guidami da lui, allora. Ma prima scommettiamo sul gallo con la parrucca verde.”
In pochi minuti, preso dalla febbre del gioco, il mago perse l’intera cifra ricevuta dal re. Per questo motivo furono costretti a raggiungere a piedi la baia dei tritoni. A peggiorare la situazione s’era messo il giullare, che per soddisfare non so quale impulso dato dal suo mestiere, s’era messo a suonare l’ukulele e a gridare canzoni da osteria. Dopo la ballata sulle mogli dei controllori, Cacolio, per farlo smettere, prese la sofferta decisione di conversare con lui: “Di’ un po’, come mai hai scelto di fare il giullare?”
“Non l’ho scelto, potente mago. Fu tutta colpa di un giuramento.”
“Che genere di giuramento?”, chiese Cacolio, sorpreso di vedersi incuriosito.
“Mio padre, uomo tanto allegro quanto sfortunato, in punto di morte mi fece giurare che avrei passato tutta la vita ad allietare questo regno.”
“E dimmi un po’, fece prestare un giuramento analogo anche a tua sorella?”
“No, potente mago, solo a me. Guardi, siamo arrivati.”
La spiaggia era immensa. Non vi era un’onda fino all’orizzonte né una nuvola in cielo, e non si udiva il verso di un solo gabbiano. Era il perfetto quadro della noia, il luogo utopico dove anche il più entusiasta degli uomini si sarebbe annegato dalla disperazione. Il giullare portò le mani alla bocca ed emise un verso straziante. Cacolio sobbalzò, poi chiese:
“Sarebbe questo il richiamo dei tritoni?”
“No, faccio così ogni volta che vedo il mare. Mio cognato dovrebbe tornare a riva ogni tre ore, è uno shopping-addicted.”
“Allora aspetteremo” disse il mago, sedendosi sulla sabbia.
Due ore prima del tramonto, il gigantesco tritone emerse dal mare. Aveva pettorali invidiabili, e i tre robusti bicipiti culminavano in tre forti mani che stringevano tre portafogli rigonfi. Incuriosito dalle due figure sulla spiaggia, andò loro incontro. Riconobbe senza sforzo il giullare che lo istruì sulla situazione. Il tritone accettò di aiutarli, a patto che il giullare e il mago compissero una breve ma pericolosa missione.
La compirono.
A quel punto il tritone prese il libro e, per liberarsi le mani, mise due dei portafogli sui pettorali.
Il mago gli si avvicinò mormorando: “Prima di iniziare, perdoni la domanda, ma vorrei chiederle… come fa a conoscere lo Xantil?”
“Oh, frequentai un corso gratuito per disoccupati trecento anni or sono, ma lo abbandonai quando capii che non rilasciavano attestati. In effetti, ho qualche problema con i verbi irregolari, e alcune forme di congiuntivo” rispose con un po’ di vergogna
“Non si preoccupi, traduca finché può” lo rassicurò Cacolio.
Il tritone schiarì la voce e declamò:
Gentile lettore,
in questo libro si dispiega la summa di tutto il nostro sapere. Una volta ogni cento anni il più saggio del nostro regno (o, in sua assenza, il vicesaggio, il terzosaggio e così via) ha il privilegio di aggiungere una e una sola frase a questo tomo. Per questo, gentile lettore, ti chiediamo di non saltare la prefazione, in quanto ci vollero più di sedicimila anni per scriverla, di cui quattromila solo per completare i ringraziamenti.

Che faccio, potente mago?”
“Salta e vai all’indice.”
“Dunque:
Pagina 3: Storia e teoria delle evocazioni.
Pagina 31: Evocazioni a progetto.
Pagina 42: Serve una mano per il trasloco? Evoca un troll.
Pagina 60: Evocare un demone celeste, il sabato.
Pagina 89: Evocazioni leggendarie: minotauri, serpi, gorgoni, cavalli alati e idraulici onesti.
Pagina 110: Angeli, eroi, paladini, fate e spiriti felici.
Pagina 138: Diavoli, demoni, elfi oscuri, vampiri, Gianluca.
Pagina 160: Oh no, e adesso? Risoluzione dei problemi.
Appendice: Diritti e doveri delle creature evocate.

Il tritone s’arrestò e guardò il mago con aria interrogativa.
“Dunque… Vedi un po’ cosa dice dei demoni.”
“Potente mago” obiettò il giullare “un essere malvagio e potente potrebbe ridurci tutti in schiavitù! Non sarebbe meglio evocare una creatura buona?”
“Certo!”, esclamò Cacolio, e aggiunse in tono sarcastico: “Un cavaliere dal cuore d’oro contro un angelo! E cosa faranno, una gara di complimenti? Prego, dia il primo colpo. No, lo dia lei. Su, su, insisto! No! Qui ci vuole pane per i suoi denti. A cavaliere buono risponderemo con demone malvagio.” Poi suggerì al traduttore: “Ce ne serve uno che respiri la nostra stessa aria, non come quell’eroe che evocai seicento anni fa…”
Il tritone sfogliò le pagine con impazienza, pensando: prima lo trovo, prima posso mettere le mani su quel completo in saldo. Alla fine esclamò trionfante: “Eccone uno: demone di Qool. Categoria: malvagio. Alto circa seimila piedi, colore rosso di Persia.”
“Di dove?”
“Boh, è scritto qui. Composto al 20% da sostanze gassose. Occhi infuocati. Artigli cromati. Dice di aver trascorso un’infanzia poco felice. Nei combattimenti è praticamente invincibile. Dall’anamnesi non risultano allergie particolari, solo una lieve intolleranza agli insaccati. Capacità di lavorare in team di creature infernali. Colleziona oggetti in materiale riciclato.”
“Potrebbe andare. Legga le avvertenze per l’evocazione, sono sempre scritte in piccolo.”
“Una cattiva evocazione può provocare seri danni al mago e all’intero universo conosciuto. Se la formula preparatoria non è scandita secondo le corrette regole fonetiche, l’intero pianeta potrebbe trasformarsi in un gigantesco intestino. Se il cerchio magico non viene tracciato correttamente, tutti gli yogurt scadranno all’istante.”
“Non stiamo rischiando troppo, potente mago?”, chiese il giullare visibilmente scosso. “Ho fatto la scorta al mercato appena due giorni fa.”
“Non ti preoccupare, mio fido giullare. Ce la faremo.” Detto questo, Cacolio strappò la pagina sull’evocazione e se la mise in tasca. Assolto il suo compito, il tritone scappò via per non arrivare in città a saracinesche abbassate.


Il mago e il giullare tornarono dal re. Lo trovarono appena fuori dalle mura, mentre con la carrozza reale si dirigeva verso il luogo del torneo. Il giullare iniziò a gridare per fermare il convoglio: “Sire, sire! Ce l’abbiamo fatta!”
Il re si lanciò fuori dalla carrozza in movimento, atterrando ai piedi dei due. Alzatosi in piedi, si guardò subito intorno. Il mago capì e disse: “Non è qui, sire. Lo evocherò io stesso nell’arena di battaglia.”
Senza perdere tempo, il re tornò sulla carrozza, ne scagliò fuori un ragazzo con una scopa in mano e uno scolapasta in testa, e fece accomodare Cacolio e il giullare. Poi ordinò al cocchiere di ripartire.
In effetti, il re di Kooma si trovava già al centro dell’arena, a godersi gli incitamenti del suo pubblico. Stava con le braccia conserte e nei suoi occhi si leggeva la soddisfazione per una vittoria già ampiamente annunciata. Il suo cavaliere arrivò poco dopo, scusandosi per il quasi ritardo. Si giustificò dicendo che aveva perso tempo a causa della dichiarazione dei redditi: voleva esser certo di non pagare neanche un centesimo in meno del dovuto.
“Paga pure le tasse” disse tra i denti il re di Saal. “Spero, potente mago, che il nostro guerriero riesca a fronteggiare tanta rettitudine.”
Cacolio non disse nulla. Seguito dal giullare, andò al centro dell’arena. Tracciò un cerchio perfetto col gesso. La folla lo guardava in silenzio mentre proseguiva, disegnando altri simboli. Infine, estrasse il foglio dalla tasca e declamò:
“Pitamùl, pitamùl, o resighi vissùl”
Il cielo si oscurò. La terra tremò. Le persone intorno si strinsero le une con le altre. Anche la fierezza del cavaliere dal cuore d’oro sembrò vacillare. Un fumo denso e nero si sprigionò dal cerchio. Fiamme abbaglianti saettarono intorno. Nella nebbia, due occhi gialli e rabbiosi presero a sfavillare.
“Guarda la sua pelle” disse un uomo attonito. “È color cremisi!”
Il giullare si voltò preoccupato.
“Ma ora…” riprese l’uomo “…ora sembra più un rosso di Persia.”
Il fumo si diradò. Il gigantesco demone guardò con perfidia il cavaliere, che sembrava essere sprofondato nell’armatura. Vi fu un attimo di silenzio. Poi il re gridò: “Popolo di Saal, ecco il nostro campione!”
La folla scoppiò in un boato di gioia, seguito da applausi e complimenti per il demone. Gli abbracci di terrore si erano tramutati in manifestazioni di giubilo. Il re di Kooma abbassò gli occhi. Il giullare si lanciò al collo di Cacolio gridando: “Ce l’hai fatta, potente mago, ce l’hai fatta!”

Dieci minuti dopo erano tutti già schiavi del demone.


Antonio Milanese è nato a Catania nel 1986, ultimo di tre fratelli.
Laureato in Logopedia e in Semiotica, lavora come logopedista a Bologna.
Ama i viaggi, lo sport e i computer. Adora leggere di tutto, in particolare le storie in grado di raccontare la fantascienza con ironia e leggerezza. Il suo autore preferito è Douglas Adams.
Con “Un degno avversario” si è classificato al quarto posto al Trofeo RiLL nel 2010; l’anno successivo è stato fra gli autori vincitori di SFIDA, altro concorso bandito da RiLL, con il racconto “Richiesta di trasferimento” (pubblicato nell'antologia "Il FUNZIONARIO e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni").

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