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Intervista a Maurizio Ferrero su I volti degli spiriti, antologia di suoi racconti fantasy e fantascientifici curata da RiLL
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel febbraio 2023]
Dal 2012 le antologie personali della collana Memorie dal Futuro si chiudono con un'intervista all'autore/autrice dei racconti pubblicati nel volume. Con piacere proponiamo adesso on line le domande e le risposte di Maurizio Ferrero sui racconti de I volti degli spiriti (e non solo!).
Maurizio, quest’anno l’antologia personale di RiLL è dedicata a te. Che effetto ti fa?
È un grosso obiettivo che si realizza. Ho iniziato a partecipare al Trofeo RiLL nel 2010, prendendolo come un appuntamento annuale per testare le mie capacità. Quando sono arrivato per la prima volta in finale, nel 2015, ho capito che qualsiasi cosa stessi facendo... beh, stava funzionando.
Mi sembra di aver messo una puntina su una mappa a ogni tappa raggiunta nel concorso e ora, con questa antologia... ci sono voluti dodici anni, ma è la destinazione finale. È una bella sensazione, ma ho già cominciato a chiedermi E adesso?
Viaggiare su questo sentiero mi ha aperto molte altre strade che sto tuttora percorrendo. Sono soddisfatto, ma il cammino è ancora lungo. Solo un passo alla volta.
Tu hai vinto due volte il Trofeo RiLL (con Tutto inizia da O nel 2016 e Ana nel Campo dei Morti nel 2018): un risultato rimarchevole, dato che riceviamo 300 e più racconti a edizione. Inoltre, con Il Senzamente sei stato uno dei vincitori di SFIDA nel 2020. Pensare a te per la personale è stato naturale… ma tu te lo aspettavi?
No... e sì. Non pensavo sarebbe arrivata così presto. Dopo aver vinto il Trofeo RiLL per la seconda volta mi sono dato un obiettivo: continuare a partecipare finché non avessi “raggiunto” l’antologia personale. Se non fosse stato quest’anno, sarebbe stato prima o poi.
Di sicuro avreste continuato a vedermi fra i partecipanti.
Tu partecipi abbastanza spesso a concorsi letterari. Oltre ai “racconti RiLLici”, in questo libro lo testimonia La cura del gregge, che ha vinto il premio Oltre la Soglia nel 2018. Inoltre, hai partecipato con buoni risultati ai contest on line del sito Minuti Contati. Che rapporto hai con i concorsi?
Sono un buon modo per mettersi in gioco e testare le proprie capacità. Venire anche solo selezionato come finalista, specie se ci sono molte storie partecipanti, getta una luce diversa sui tuoi testi. Inizi a pensare Questo racconto funziona, ora cerco di capire perché.
Negli ultimi tre anni ho diminuito le mie partecipazioni ai concorsi, in favore di un riscontro molto più diretto e immediato: il forum di Minuti Contati. Credo di aver imparato più cose sulla scrittura che in tutto il periodo precedente. Il confronto diretto con altri autori disposti a leggere le tue storie e a commentarle senza peli sulla lingua è fondamentale: ricevere una critica schietta può far male, ma le ossa rotte si saldano sempre più forti.
Il mio consiglio a tutti gli aspiranti autori è di fare altrettanto: sbattere la faccia contro il muro finché non si capisce il modo di romperlo.
I racconti di questo libro sono sostanzialmente di due generi: il fantasy e la fantascienza, tendenzialmente distopica, spesso post apocalittica. È un caso o…
Il fantasy e il post apocalittico sono i miei generi preferiti. Per quanto sembrino agli antipodi, hanno svariati punti in comune: in entrambi è molto facile narrare storie che parlano di sopravvivenza, perdita, ripartenza, autodeterminazione, scoperta, tutti temi che mi sono cari. Inoltre, i mondi fantasy e post apocalittici sono, per loro stessa natura, selvaggi. Possono essere più o meno civilizzati (io prediligo i secondi), ma c’è sempre un ampio spazio di manovra per i protagonisti delle (mie) storie, che possono muoversi in strutture sociali diverse da quelle a cui siamo abituati nel mondo reale, oppure forgiarne di proprie.
Credo non ci sia niente di più esaltante che scegliere il proprio destino, spezzando le proprie catene. I miei protagonisti vivono in mondi dove c’è la possibilità di farlo. Ovviamente, non sempre ci riescono.
Spesso in questa antologia i protagonisti delle storie sono bambini o ragazzi. Come lo spieghi?
Onestamente, è solo un caso.
I bambini, però, sono un motore grandioso per le storie: sono liberi, rispetto agli adulti hanno meno vincoli da rispettare, anche in termini di morale. Possono essere crudeli, scavezzacollo, sbadati o chiassosi, e avranno sempre la giustificazione pronta al loro comportamento: sono bambini. Che siano protagonisti o meno, assumono facilmente un ruolo centrale nelle narrazioni. Inoltre, la loro crescita permette di esplorare i temi tipici dello Young Adult, genere che non prediligo ma che mi è capitato di scrivere (Ana nel Campo dei Morti, ad esempio).
Un altro elemento ricorrente è la presenza di spiriti (non a caso il titolo del libro è I volti degli spiriti). E questo avviene più nei racconti di fantascienza che in quelli fantasy….
Cercare la “purezza” di un genere si poteva forse fare il secolo scorso, quando ancora c’era molto da dire e non tutte le strade erano state esplorate. Io preferisco di gran lunga un fantasy con elementi fantascientifici (o un fantascientifico con elementi fantasy) rispetto a riproporre i soliti elementi di world-building che rendono univoco un testo.
Credo che il futuro della letteratura sia rappresentato dall’ibridazione tra i generi: un modo per spingere chi legge fuori dalla sua comfort zone e fare immaginare scenari più difficili da prevedere.
Gli spiriti rappresentano un po’ questo concetto: sono ibridazioni di materiale e immateriale, di vivo e morto. Un animismo scientifico o una religione concreta. Forse è per questo che mi affascinano così tanto.
Quando scrivi fantasy ti allontani chiaramente da alcuni topos del genere (il paladino, la corte di nobili e/o cavalieri, le battaglie epiche…), dando spazio alla gente comune o scegliendo un registro un po’ ironico. È questo il fantasy che più ti piace?
Mi piace scrivere storie di gente comune in contesti straordinari, piuttosto che di gente straordinaria in contesti comuni. Il fantasy ha origine dalle leggende popolari, ma, complice la spinta commerciale sempre più forte, questa caratteristica ha iniziato a perdersi in favore di eroi predestinati, battaglie per la salvezza del mondo, stregoni dai poteri illimitati. Di storie così ne ho lette in quantità e trovo che abbiano un problema: identificarsi con i protagonisti è difficile.
Trovo molto più interessante due briganti che si accoltellano in un vicolo rispetto a una lotta senza esclusione di colpi contro il signore dei demoni. O la leggenda del contadino che uccide zombie a colpi di rastrello per difendere un campo di grano, non le tribolazioni di corte del nobile di turno. Queste storie hanno molta più presa su di me, perché so che non sarò mai l’eroe predestinato... ma forse potrei essere il contadino armato di rastrello.
I racconti qui raccolti sono diversi sia dal tuo romanzo, Ballata di Fango e Ossa (ed. Moscabianca) sia dalla tua antologia Gemme e Boccali (Delos Digital). Vuoi parlarcene?
Ballata di Fango e Ossa è un grimdark, un sottogenere che si discosta dal fantasy più tradizionale per l’assenza di personaggi dichiaratamente “buoni” e “malvagi”. I toni realistici, con protagonisti definiti in una scala di grigi, e l’assenza di speranza e finali zuccherosi, ne costituiscono la base. Ballata è un’ibridazione strana, perché mischia il grimdark allo spaghetti fantasy (un fantasy all’italiana picaresco e brancaleonesco, NdR). Si tratta di una storia per stomaci forti, data la violenza e la spietatezza dei protagonisti, che però sanno anche essere grulli e chiassosi.
Grullo e molto chiassoso è anche Cletus Crane, protagonista dell’antologia Gemme e Boccali. I toni di quei racconti sono più leggeri e volgari, indicati per gli amanti dello sword & sorcery che vogliano farsi qualche risata facile.
Aggiungo una nota: Testimonianza d’un cavalier virtuoso è ambientato nello stesso mondo di Ballata. I lettori più attenti avranno notato una citazione diretta al romanzo!
I volti degli spiriti contiene una sorta di trilogia fantascientifica: I bambini di Neia descrive i prodromi della fine di un mondo, mentre Ana nel Campo dei Morti e Ana nella Grande Voliera la vita dopo una guerra che ha spazzato via tutto. È un’interpretazione corretta?
Sì, è così. Dapprima ho scritto I bambini di Neia, non pensando a storie successive. Ana nel Campo dei Morti è nato l’anno successivo. Non ne è il seguito diretto, ma è corretto pensare che il mondo di Ana sia lo stesso di Lorenzo, Aurelia e Nadia, decine di anni dopo.
Ana nella Grande Voliera è invece nato cinque anni dopo il precedente, che è anche il tempo che trascorre tra la fine del primo racconto con Ana e l’inizio del secondo.
In effetti, appena abbiamo iniziato a parlare della personale mi hai detto che avresti scritto una storia lunga e inedita. Perché proprio un nuovo racconto con Ana?
Da un po’ mi frullava in testa l’idea di scrivere di nuovo di Ana, e questa antologia mi ha fornito l’occasione giusta.
Ana è un personaggio che mi è rimasto particolarmente nel cuore. Il finale aperto del primo racconto lasciava spazio a un seguito, e sentivo che la sua avventura non era ancora finita.
A proposito dei racconti con Ana, secondo me con queste due storie tu “disegni una traiettoria”, consegni una riflessione a chi ti legge.
Nel primo racconto Ana è una dodicenne alle prese con il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Un cambiamento travagliato e tortuoso, ma necessario se si vuole crescere e andare avanti con la propria vita (infatti Ana attraverserà il campo minato). Nella seconda storia, Ana di anni ne ha diciassette e affronta il passaggio all’età adulta (un po’ anticipata, ma nella Grande Voliera non c’è spazio per chi decide di rimanere debole). Il cambiamento è ineluttabile e doloroso, anche se legato a una condizione più mentale che fisica. L’età adulta ci mette di fronte alle nostre responsabilità e ci fa capire che le cose e le persone possono andar perse, e tu non puoi farci proprio nulla. Ana inizialmente rifiuta questo fatto, poi lo accetta e diventa più forte.
Ana è una ragazza curiosa, intelligente ma anche imprudente. È un personaggio con cui ho voluto parlare del cambiamento della crescita, che non smette mai di verificarsi, anche una volta giunti in età adulta. Chissà, forse non è l’ultima volta che racconterò una sua storia.
Non sei comunque un autore che si prende troppo o sempre sul serio. Ti concedi infatti divertite puntate verso il bizzarro, se non addirittura il demenziale: penso a Il Senzamente e al racconto che chiude il libro, California Princess…
La bizarro fiction è un genere con pochi cultori, specie in Italia, ma che ho sempre trovato affascinante. Scrivere storie assurde è un ottimo modo per pensare fuori dagli schemi e abituare sia me stesso che il lettore a immaginare scenari imprevedibili.
Non necessariamente ciò che si scrive deve avere un significato profondo, può essere solo una storia divertente da leggere. Mi piace rompere gli schemi per crearne di nuovi, oppure prendere uno schema consolidato e mettergli una nuova cromatura. California Princess è la solita storia del cavaliere che affronta il drago per salvare la principessa. Solo che il cavaliere è una donna transessuale, il drago un mutante post apocalittico e la principessa un’auto che è la fusione tra l’Interceptor di Mad Max e il camper di Barbie.
Come scrivi le tue storie? Dove trovi le tue idee?
Trovo di rado spunti nella vita quotidiana. Il mondo vero è troppo noioso.
Di solito le mie storie nascono da un sogno. È successo per Ana: sognai una ragazzina che catturava serpenti in un prato. L’immagine si ficcò così a fondo nella mia testa che iniziai a pensare chi potesse essere quella ragazzina e cosa ci fosse oltre quel prato.
Le storie con scene più avventurose, invece, hanno origine da situazioni analoghe che mi capita di imbastire al tavolo di gioco. Sono un master di giochi di ruolo da ormai vent’anni, le storie che ho narrato e ascoltato giocando sono centinaia. Non ho mai trascritto un’intera campagna, perché quel che funziona al tavolo quasi mai funziona nella letteratura, ma singole scene forti, vissute con molto entusiasmo da parte dei giocatori, o certi personaggi memorabili, hanno certamente influito sulle mie storie.
In che misura quel che scrivi riflette le tue convinzioni, sogni o anche ansie e paure?
Sono molto pessimista per il futuro. Proprio per questo immagino scenari alla Mad Max: il mondo è finito, ma non sarebbe maledettamente divertente correre nel deserto con auto truccate, abbigliati da predoni con il mohawk?
Scherzi a parte, forse è proprio per esorcizzare futuri oscuri che scrivo di mondi selvaggi. Immaginarsi scene da film è molto più rassicurante che assistere a un lento decadimento della società e all’innalzamento di muri che si pensava fossero stati abbattuti per sempre.
Quel che scrivo ha solitamente una caratteristica: vorrei vederlo realizzato oppure non vorrei mai vederlo realizzato.
Per maggiori dettagli sull’antologia “I volti degli spiriti” rimandiamo a un’altra pagina di questo sito (il libro è disponibile presso RiLL, su Amazon, Delos Store, Lucca Fan Store, Libreria Savej; in formato e-book, come kindle su Amazon e come EPUB su KOBO, La Feltrinelli e Mondadori Store).
Leggi l’introduzione di Andrea Viscusi all'antologia “I volti degli spiriti”
Maurizio Ferrero
I volti degli spiriti
Racconti fantastici
Acheron Books
138 pagine, formato tascabile.
Codice ISBN: 9791254980996
Illustrazione di copertina: Valeria De Caterini
prezzo di copertina: 10 euro (qui la pagina per l'acquisto su Amazon, Delos Store, Lucca Fan Store, Libreria Savej)
prezzo speciale RiLL: 10 euro (spese postali incluse)