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di Guido Alfani
Secondo classificato al VII Trofeo RiLL
[racconto presente nell'antologia Sognando Mondi Incantati, Nexus Editrice, 2006]
Entrano in paese senza timori, fieri sui loro grandi cavalli. Si dirigono verso il centro, la piazza dove ogni settimana si tiene il mercato. Davanti alla taverna l’oste ha disposto qualche tavolino, ed un gruppo di anziani siede silenzioso, ciascuno di fronte ad un boccale di buona birra (la distilla Jeb di persona, e ci sa fare), fissando i nuovi arrivati. Uno di essi - di certo il guerriero, guarda che arsenale si porta dietro - scende dal suo stallone e si avvicina ai vecchi.
“Qui si può affittare una stanza?” chiede senza convenevoli a Jeb, ma la sua voce è gentile. Hanno visto di peggio. E: certo che si può affittare una stanza, cosa credete? Questa è una taverna come si deve, con tavoli solidi, buona birra, una grande stalla ed un paio di stanze per gli avventurieri di passaggio. Ne passano tanti.
“Come, tanti?”
Eh sì, cosa credete? Di essere i primi a cercare il tesoro del negromante Lotario? Ma ora seguitemi, che vi mostro la stanza. Il ragazzo, qui, provvederà ai cavalli.
Il guerriero non fa una piega, ma esita a seguirlo, e allo sguardo saggio dei vecchi non riesce a nascondere che è sorpreso. Questo è un fesso. Sui loro cavalli, invece, la donna (sacerdotessa? Druida? Speriamo non un’altra ladra…) e l’uomo magro col mantello nero (potrebbe girare con un biglietto incollato sulla fronte: MAGO) si agitano, nervosi. Qualcuno dei vecchi sorride, e beve un altro sorso. Poi, però, smontano anche loro, affidano le redini al garzone e seguono Jeb.
Dopo un po’, l’oste torna e chiede ai vecchi se vogliono ancora un boccale. Ha un ampio sorriso stampato sul volto; gli stranieri pagano in oro. Lui ed un paio di altri si scambiano occhiate, poi uno, quello con la lunga barba bianca (la barba più lunga del paese, ragazzo! E bada di portar rispetto, che tra questi peli ci sono nascosti interi tesori…) dice una sola parola: drago. Tutti bevono.
Gli stranieri hanno chiesto acqua calda per lavarsi (quella femmina deve essere proprio una sfacciata, divide con loro la camera) e birra scura per mandar giù la polvere del viaggio. Il mago, però, è fuori dopo poco, e si dirige senza esitazioni verso i tavolini all’aperto. Non chiede il permesso, ma si siede ad uno di essi ed ordina un boccale di vino elfico. Questi maghi. Vino elfico non ce n’è, però il rosso della casa è ottimo, ed allora vada per quello. Tutti i vecchi lo stanno fissando, e lui alza il bicchiere e dice: “Alla salute” e beve. Bevono tutti. Fa una smorfia; Jeb è tanto bravo a fare la birra, quanto cane a fare il vino. Cane…
“Allora, cosa sapete del negromante Lotario?” chiede. Tutti lo fissano; nessuno risponde. Fruga in una tasca, e tira fuori qualche moneta, buttandola sul tavolo. Oro. Lo guardano in silenzio, poi un vecchio, dalla lunga barba bianca e sudicia - oddio che schifo, c’è qualcosa impigliato dentro - si sporge e spinge il denaro verso di lui. Non vogliono oro, perché del negromante Lotario non sanno nulla. Nulla… tranne che in molti hanno cercato il suo favoloso tesoro tra quelle colline; loro li hanno visti partire, ma ben pochi sono tornati.
“Non sapete proprio altro?” dice il mago, con la voce dubbiosa ed arrogante. E’ stato lesto a riprendersi i soldi. Avido…
Nulla, non sanno nulla. Ma…
“Cosa? Ma cosa?”
In effetti, è una fortuna che un gruppo di avventurieri coraggiosi sia arrivato proprio adesso, perché il villaggio è in pericolo. Dalle fredde montagne del Nord è scesa una bestia feroce, un drago!
Molti annuiscono, l’hanno visto volare al crepuscolo, la lunga coda guizzante nell’aria, e la gente del posto non può fare nulla, sono tutti contadini lì, non conoscono la guerra e non hanno armi, e la bestia se li mangerà uno alla volta, come fossero pecore, mentre sono al lavoro nei campi…
Il mago non dice nulla, il suo volto è inespressivo. Si capisce lontano un miglio che non gliene frega niente della sorte del villaggio, ma il vecchio non ha parlato per lui. È proprio vero, lo dicono tutti: quel vecchio ha gli occhi anche dietro alla testa.
Dall’ingresso della taverna esce la donna. È rimasta nell’ombra ad ascoltare.
“Dobbiamo aiutare questa povera gente” dice. Tutti le rivolgono i loro migliori sorrisi di gratitudine, ma il mago la fissa, con irritazione ed un po’ di disprezzo. Tra i due la tensione cresce, si sente l’elettricità nell’aria. Il vecchio capisce che si prepara un confronto, e gioca la sua carta migliore. È strano che un drago sia arrivato fin lì, non capita spesso… un drago rosso, poi, e quelle sono bestie a cui, ha sentito dire, interessa solo un bel letto di monete e gemme su cui dormire. Va’ a capire perché è venuto da quelle parti…
Il mago lo fissa. Anche lui ha sentito quelle storie sui draghi. Nei suoi occhi si legge una cupidigia profonda.
Guarda la donna. “Per questa volta faremo come dici tu”, concede. Com’è magnanimo. “Ma la prossima decido io.” Tutti uguali, i maghi.
Gli stranieri partono il mattino dopo; il villaggio intero si è radunato per salutarli. Gli hanno donato un po’ di provviste, ma la tana della bestia è vicina: se sopravvivono, saranno di ritorno per sera. Prepareranno una grande festa per ringraziarli. Mentre si allontanano, il guerriero si volta e saluta, poi manda baci con la mano ad un paio di belle ragazze del paese. Un buffone, oltre che un fesso.
Di ritorno a casa, un bambino chiede al padre notizie sul negromante Lotario. L’uomo magro ha interrogato pure lui, il giorno prima; perché in paese non ha mai sentito quella storia di tesori e di grandi magie? Perché, perché… perché è una favola per bambini, e lui è ormai un ometto, e poi deve sapere che ci sono due tipi di favole: quelle che si sentono da secoli, e che sono trasmesse nelle generazioni, di padre in figlio, e sono le migliori; e poi altre favole, che prima non c’erano, e poi puff!, sono lì, ed a qualcosa servono pure loro… ma a cosa? Ah, capirai, capirai. Quando sarai un uomo e non più un ometto, capirai. Ma queste sono cose che si dicono i padri ed i figli, e non sono fatte per le orecchie degli stranieri, quindi attenzione! Che le cinghiate fanno male…
Verso sera, gli stranieri tornano. Hanno con sé la testa del drago, ed il villaggio li accoglie festante. Le ragazze baciano il guerriero, i vecchi ringraziano la ragazza (vorrebbero baciare pure loro, ma temono che lei non sarebbe d’accordo) ed il mago, ignorato da tutti, fissa invidioso l’uno e l’altra. Come se non bastasse il fatto che il tesoro della bestia era davvero poca cosa, e certo non erano le incredibili ricchezze del negromante Lotario!
Conducono gli avventurieri in piazza, dove tutto è pronto per una grande festa: hanno disposto lunghi tavoli di noce con comode panche, grandi botti di birra (ed un barilotto di vino acido per quello spocchioso che non conosce il buono della vita) sono allineate su un lato, e sull’altro enormi graticole si stanno riscaldando sulla brace rovente, in attesa che sia portata la carne ed il banchetto abbia inizio. Servono agli eroi due enormi boccali colmi di birra ed una grande coppa di vino rosso, e glieli riempiono in continuazione, festeggiando. Le bevande portano via la fatica, e il fresco della sera e l’allegria fanno dimenticare i rischi corsi quel giorno. Il sole tramonta definitivamente e giunge la notte, e continuano a bere e scherzare, in attesa del pasto. Nessuno ha disposto torce o lanterne; l’unica luce è data dalla bella brace rossa.
“Non è un po’ buio?” chiede gioviale il guerriero, fissando le ombre in cui si muovono i paesani, impegnati in ulteriori preparativi. No, no. Non ti preoccupare, che il cielo è sereno e la luna sta per sorgere, e stanotte sarà finalmente piena e grande e luminosa.
Il guerriero ride, e beve. E beve. E poi guarda la luna che sorge davvero, ed è proprio grande e luminosa. Così bella… quella notte certo farà innamorare un paio di quelle pollastrelle di paese. Poi il suo stomaco rimbomba, vuoto e cavernoso, e chiede:
“E la carne? Quando arriva la carne?”
La carne è già arrivata, risponde una voce roca, e poi si trasforma in un ringhio, basso e minaccioso. Dalle ombre emergono delle sagome, alcune alte più di uomini, altre più basse, come bambini, ma tutte sembrano ricoperte di peli o pelliccia, ed hanno orecchie lunghe ed appuntite. Canini aguzzi brillano alla luce della luna.
La notte si riempie di suoni: tavole rovesciate e boccali in frantumi, poi urla di dolore, d’agonia, ed infine lo sfrigolio del grasso sulla brace, invitante, delizioso. Ma qualcuno non ha saputo attendere e, accucciato in un angolo, divora crudi pezzi scelti: una mano, o un piede, croccanti ma al tempo stesso succosi di sangue fresco.
I festeggiamenti durano a lungo, fino a notte fonda, poi molti se ne vanno a dormire (domani devo lavorare, c’è la semina, purtroppo), stanchi ma sazi e felici. Rimangono in pochi, stremati, seduti ai tavolini di fronte alla taverna a bere altra della buona birra di Jeb.
Uno dice: speriamo ne arrivino presto altri. Qualcuno risponde: sì, gli avventurieri sono buoni. Un terzo beve un lungo sorso, pensoso, poi si gratta un grosso orecchio peloso e li informa che, quando il periodo di luna piena sarà finito, si dovrà recare in città per affari suoi, e dirà in giro che un altro gruppo di avventurieri è scomparso vicino al villaggio, ma che raccontavano di aver trovato il tesoro del negromante Lotario e che, anzi, l’avevano visto.
Il suo vicino approva e pensa di annuire, ma la luna è alta nel cielo e piena, e luminosa; ed allora non sa trattenersi, o non vuole, solleva il muso ed ulula alla notte, e tutto il paese gli risponde, riempiendo il silenzio della voce del branco.
Guido Alfani è nato a Castellamonte (Torino) nel 1976 e vive con la sua famiglia a Milano.
È professore ordinario di Storia Economica presso l’Università Bocconi. È anche ricercatore affiliato presso lo Stone Center on Socio-Economic Inequality di New York, lo Stone Center for Research on Wealth Inequality and Mobility di Chicago, il CAGE Research Centre di Warwick, e il Center for Economic Policy Research (CEPR) di Londra.
Si occupa di storia economia e sociale e di demografia storica, con particolare attenzione alla disuguaglianza economica e alla mobilità sociale, alla storia delle epidemie e delle carestie e ai sistemi di alleanza sociale. Ha pubblicato numerosi articoli e monografie scientifiche, tra i quali, in italiano: “Il Grand Tour dei Cavalieri dell’Apocalisse. L’Italia del lungo Cinquecento” (Marsilio, 2010); “Pandemie d’Italia. Dalla Peste Nera all’influenza suina: l’impatto sulla società” (Egea 2010, con A. Melegaro); “Come déi tra gli uomini. Una storia dei ricchi in Occidente” (Laterza, 2024).
Ha vinto la terza e la sesta edizione del Trofeo RiLL, rispettivamente con i racconti “Inferno” e “Il peso degli angeli”. È anche arrivato quarto nel 1999 (con “Il Principe e Cenerentola”) e secondo nel 2001 (con "Storia di Draghi e Negromanti").
(biografia aggiornata al settembre 2024)
Leggi l'intervista a Guido Alfani realizzata in occasione del trentennale del Trofeo RiLL.