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Intervista agli autori del XIX Trofeo RiLL e di SFIDA 2013 pubblicati nell'antologia Perchè nulla vada perduto e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni
di Alberto Panicucci
[pubblicato su RiLL.it nel dicembre 2013]
A poco più di un mese dalla cerimonia di premiazione del XIX Trofeo RiLL e SFIDA 2013, a Lucca Comics & Games, torniamo a parlare dell’antologia che propone i racconti premiati in quei concorsi: Perchè nulla vada perduto e altri racconti dal Trofeo RiLL e dintorni (ed. Wild Boar, 2013). Lo facciamo con la ormai tradizionale intervista collettiva agli autori di quei racconti, sperando così di soddisfare (e/o stimolare) la curiosità degli appassionati.
Fra i nove autori premiati e pubblicati merita un particolare spazio Davide Camparsi, il vincitore del XIX Trofeo RiLL, il cui racconto dà anche il titolo all’undicesima antologia della collana Mondi Incantati. Il bravo Davide viene intervistato a parte, in modo più ampio, e della chiacchierata con lui in questa pagina trovate “solo” un assaggio.
Fatta questa premessa, iniziamo parlando dei racconti premiati nell’ambito del XIX Trofeo RiLL: un’edizione del concorso che ricorderemo a lungo, visto che con 260 partecipanti è la seconda della nostra “storia” per numero di iscritti. Un dato, questo, che rende molto significativa la vittoria di Davide Camparsi che, per di più, conosce con la nostra antologia la sua prima pubblicazione.
Perché nulla vada perduto è, in effetti, un racconto molto particolare. Elementi tecnologici (come le nanotecnologie, le macchine super intelligenti e le astronavi) sono ben presenti nella storia, ma accanto a questi si rileva un forte “sentimento” visionario, se non addirittura mistico. Un connubio che distingue il racconto dalla grandissima parte di quelli che normalmente riceviamo. E che Davide spiega così:
“Più che una scelta si tratta di una suggestione, dovuta al fatto di scrivere una storia a tema libero finalizzata a partecipare al Trofeo RiLL.
Il tentativo è stato quello di esprimere la meraviglia del fantastico attraverso le varie possibilità e contraddizioni della mente umana: che si trattasse della sua capacità di immaginare e realizzare il futuro, di rivivere un leggendario passato creato dalla letteratura o, in qualche modo, nel trovare risposte a domande sulla natura umana - che è forse l’unica costante del progresso e della storia. Pensavo quindi ad un racconto ad ampio respiro, ma contenuto nella brevità richiesta dal concorso.
Un linguaggio poetico mi sembrava il più adatto a definire i punti salienti della trama e a lasciare lo spazio per intuizioni e suggestioni personali.”
Per ulteriori approfondimenti sul racconto vincitore del XIX Trofeo RiLL vi rimandiamo all’intervista al suo autore… e intanto passiamo a Davide Carnevale, secondo classificato con Il Tanatofono. Un racconto di fantascienza ambientato ai giorni nostri, e che va subito al sodo: sin dalle prime righe sono in scena il Signor Cooper, il protagonista, e il macchinario intorno a cui ruota tutta la storia. Insomma, un racconto volutamente senza “svolazzi”, divagazioni, sempre concentrato sulla trama e il suo sviluppo, Davide…
“In realtà Il Tanatofono non era che una delle tante trame di possibili racconti che mi erano venute in mente quando ho deciso di scrivere qualcosa per il Trofeo RiLL. Suonava più o meno così quando l’appuntai: defunto riportato in vita con qualche aggeggio tecnologico ha un dialogo grottesco con i suoi becchini. Le altre trame però erano tutte difficili da sviluppare in sole ventunomila battute, e in questo il regolamento del Trofeo è molto chiaro. È una limitazione molto vincolante per chi scrive, ma non necessariamente negativa, anzi. Richiede capacità di sintesi, ma se la trama è troppo articolata rischi comunque di scrivere il riassunto del racconto (lungo) che avevi in mente. La fantascienza invece è in grado di raggiungere ottimi risultati anche con il racconto breve, perché, come sostiene Philip Dick, è una letteratura delle idee.
Nel periodo in cui ho scritto Il Tanatofono avevo letto molti racconti di Richard Matheson, il maestro di chiunque aspiri a scrivere storie di fantasia, ed ero rimasto affascinato dalla sua capacità di cambiare la sicura realtà dei suoi mondi con dei colpi di scena sconcertanti.
Credo che per la scrittura essenziale e asciutta del mio racconto debbo molto a lui, ma per quanto riguarda lo shock ho voluto eliminare completamente il sensazionalismo per concentrarmi di più sulla riflessione sui temi che stavo sviluppando.”
In effetti nel racconto, che pure si legge divertendosi molto, fanno capolino temi giganteschi: la vita dopo la morte, la tecnologia (e come questa entra nella vita delle persone), il valore dei ricordi, il concetto di identità…
“Ho cercato di creare una trama minimale, lasciando solo intuire le implicazioni che uno strumento come il Tanatofono poteva avere nel mondo del racconto, così che ognuno potesse elaborarle individualmente. Non volevo dire che quella tecnologia fosse sbagliata o che la scienza in generale sia sbagliata, né volevo dare un giudizio su temi come l’eutanasia o l’accanimento terapeutico, ma semplicemente un punto di vista diverso, attraverso la lente distorcente della fantascienza.
Penso che il tema più importante del mio racconto sia quello dei ricordi, di come definiscano l’identità di una persona, ma l’argomento di fondo voleva essere la dignità umana, e di come spesso non ci accorgiamo della sua fragilità.”
Anche il racconto terzo classificato, Parole Proibite, di Luigi Rinaldi, è un racconto di fantascienza ambientato al giorno d’oggi. Ma un oggi alternativo: nel rispetto dei canoni delle “ucronie”, Luigi immagina che la Storia abbia preso una piega diversa da quella che tutti conosciamo, e partendo da questo assunto ha costruito la sua storia. Che, però, non contiene “solo” la rappresentazione di un’Italia diversa da quella che tutti conosciamo…
“Ho preso spunto da un classico dell’ucronia: la vittoria dell’Asse durante la Seconda Guerra Mondiale. Più che speculare sulle ovvie distorsioni di un’ipotetica Europa ancora pervasa dagli eccessi ideologici (o, viceversa, almeno in parte liberatasi da essi), mi sono chiesto cosa avrebbe davvero significato per i giovani di questo oggi alternativo vivere, ma soprattutto crescere, privi di una presa di coscienza collettiva generata dalla Beat Generation prima (il Grande Dubbio), dalla rivoluzione Rock (la Grande Spinta) e dal ’68 (il Grande Sogno) poi.
Ho ipotizzato giovani per lo più edonisti, senza reali modelli di riferimento culturali se non i propri padri, dotati anche di autocoscienza (come il protagonista della storia), ma disorientati, interdetti e in crisi al momento di cercare le risposte giuste, proprio perché privi di quello spirito critico generazionale che avrebbe permesso loro di trovare innanzi tutto le domande giuste.
Scrivere il racconto, in questo senso, è stato un divertente esercizio mentale.”
Chiude la sezione dedicata al XIX Trofeo RiLL nell’antologia il racconto quarto classificato: I Silvani non dimenticano, di Luigi Musolino. Una vecchia conoscenza del nostro concorso, che ha vinto nel 2010 e nel 2012, sempre con storie che riprendono e rielaborano in chiave horror-grottesca i miti e le leggende del folclore italiano. Anche il racconto premiato quest’anno mantiene questa impostazione, che è un po’ il “marchio di fabbrica” del bravo Luigi:
“Io credo che ogni cosa possieda un lato oscuro. E secondo me paesi e nazioni non sfuggono a questa semplice regola.
Nell’immaginario collettivo il Belpaese è un luogo idilliaco, fatto di tramonti dorati, paesaggi bucolici, divertimento, buon cibo. Ma siamo molto più di questo. La storia dell’Italia è costellata di miti e leggende, di creature mostruose fuoriuscite dalle pieghe del folclore e dell’immaginazione popolare. In alcune zone il ricordo di queste storie si sta perdendo, è un processo naturale, purtroppo, ma in alcune regioni (pensiamo al sud Italia) la memoria del mito è più radicata e viene tramandata di generazione in generazione.
Spesso è difficile rintracciare l’origine di questi racconti, comprenderne la genesi. Molte volte si trattava di storie per spiegare fenomeni naturali bizzarri. In altri casi l'orrore, sussurrato nelle case davanti al camino, la sera, era un semplice spauracchio per bambini. Come l’Uomo Nero, il Babau.
Pochi conoscono la leggenda di Mama ‘e Su Sole, ad esempio. Una donna mostruosa del folclore sardo che, secondo la leggenda, rapirebbe i bambini durante le prime ore del pomeriggio, quelle più calde e assolate. È evidente l'intento del mito: spaventare i bambini impedendo che uscissero nel solleone, rischiando malori e insolazioni.
Di racconti del genere ne esistono a centinaia. A volte sono frutto della fantasia dell’uomo. In altri casi, come ho potuto testimoniare di persona, c'è qualcosa di più.
Calare il mito dei fauni, dei Silvani, in Piemonte, è stato per me un processo naturale. Nei nostri boschi gli avvistamenti di spiriti buoni o malevoli, fino a qualche decennio fa, erano all’ordine del giorno. Quindi mi sono detto: perché non prenderne spunto e stravolgere un poco il folclore locale utilizzando una famiglia di satiri in lotta da generazioni con una famiglia piemontese?”
…la trama del racconto di Luigi Musolino è perfettamente riassunta in questa domanda, e vale la pena leggerlo per scoprirne tutti gli sviluppi. Questo vale, in realtà, per tutti i racconti premiati al termine del XIX Trofeo RiLL, e per quelli selezionati nell’ambito di SFIDA 2013.
Per chi non lo ricordasse, SFIDA è il premio che dal 2006 RiLL riserva agli autori giunti almeno una volta in finale al Trofeo RiLL. Un concorso gratuito, che mette in palio la pubblicazione nel Mondi Incantati annuale.
L’edizione di quest’anno era rinnovata, rispetto al passato: la sfida consisteva nello scrivere un racconto fantastico che avesse “la conquista” come titolo e tema. Desideravamo infatti creare un evidente fil rouge fra i racconti pubblicati e, insieme, dare massimo risalto a come ciascun autore avrebbe narrato la propria storia, dato però il comune punto di partenza.
I testi selezionati da RiLL, come sempre in forma rigorosamente anonima, sono cinque, opera rispettivamente di Enrico Di Addario, Angela Di Bartolo, Massimiliano Malerba, Antonella Mecenero e Andrea Viscusi.
Il racconto di Antonella Mecenero è quello che ha ricevuto il premio speciale Lucca Comics & Games, l’award che la direzione del festival toscano assegna ogni anno a quello che ritiene il migliore dei testi vincitori di SFIDA. Al centro della storia è l’incontro fra un uomo e una donna, sospeso fra spazio e tempo. Una storia di montagna, ma anche una riflessione su cosa vuol dire (può voler dire), per un uomo e una donna, “trovarsi”. Giusto, Antonella?
“Io credo che i limiti possano sempre essere trasformati in opportunità. Ultimamente ho scritto racconti molto più lunghi (dalle 30.000 fino alle 60.000 battute) e, dovendo in questo caso stare invece in uno spazio più ristretto, ho pensato che per il racconto per SFIDA fosse ideale delineare non più di due personaggi. Da qui l’idea di due protagonisti provenienti da epoche diverse.
In un ambiente ostile, staccati dal loro contesto, senza più nulla da perdere, non possono che mettersi completamente a nudo. Forse, per creare un vero rapporto, questo è l’unico modo, in ogni tempo e in ogni spazio.”
Una storia costruita intorno a due personaggi, sicuramente, ma in cui la montagna è il terzo fondamentale protagonista…
“Come la protagonista, Roberta, sono cresciuta immersa nei racconti di montagna. Mio padre era maestro di roccia CAI e alpinista semi professionista. Anche se la vita, poi, mi ha portata lontano dalle vette, l’amore per l’alta quota mi è rimato dentro, insieme al profondo rispetto che mi è stato insegnato per un ambiente bellissimo, ma spietato. Se ho potuto scrivere questo racconto, quindi è grazie a mio padre, a cui è idealmente dedicato.”
È una storia di montagna anche quella di Enrico Di Addario, che racconta la conquista di una vetta, attraverso una scalata in condizioni estreme, nell’Himalaya degli anni ’30. Ma il “viaggio” del protagonista, Hans, è anche qualcosa di più personale, profondo, come scopre presto anche il lettore…
“È stata una scoperta anche per me! L’obbiettivo che avevo era quello di raccontare un viaggio interiore, una ricerca che si fa conquista solo quando in effetti ricerca non è. Potrei dire l’illuminazione capita, parafrasando detti assai più famosi, mentre la ricerca dell’illuminazione finisce in qualche modo per allontanarla, ostacolarla.
Per l’economia del racconto a un certo punto ho capito che la vicenda doveva avere una spiegazione, una partenza relativamente lontana nello spazio, seppur vicina nel tempo, che andasse a chiarire le premesse (appunto, questa non-ricerca). L’idea di collocare questa partenza in un dialogo tra lui (Hans) e una lei - da me immaginata con le fattezze della divina Louise Brooks - è venuta naturalmente.
È stato solo dopo, mentre i personaggi parlavano, dialogavano tra loro, che mi hanno fatto notare questo parallelismo, fra la conquista di una vetta e quella di una donna. Per questo parlo di una vera e propria scoperta: quello che via via pensa il mio personaggio nel corso del dialogo è esattamente quello che andavo pian piano scoprendo io, su tutte le implicazioni del parallelo tra conquistare una donna e conquistare una montagna (implicazioni da me mai prese prima in considerazione). E qui si torna alla premessa: la conquista è maggiormente possibile quando non la si persegue affatto.”
Diversamente dallo scalatore Hans descritto da Enrico di Addario, i protagonisti del racconto di Massimiliano Malerba hanno le idee molto chiare su quel che vogliono (ottenere o impedire).
"La conquista" narrata da Massimiliano è una storia fantascientifica, ma con radici ben piantate nella realtà: la conquista al centro del racconto, infatti, è quella di un’azienda, vero e proprio ecosistema, moderno formicaio in cui si è intrufolato, mimetizzato, un aracnide invasore… un’idea sicuramente forte, di cui Massimiliano parla così:
“Sicuramente il racconto costituisce una espressione di temi a me molto cari, oltre che un chiaro omaggio alle riflessioni, ampiamente utilizzate in certa science-fiction, sulla percezione della realtà e di se stessi, della propria vera identità.
L’ambientazione dentro l’oppressiva e inquietante realtà dell’azienda-formicaio riproduce la sintomatologia di un disagio profondo, vissuto in certi ambienti lavorativi, nei quali l’individuo viene strappato dalla sua identità e innestato in un meccanismo produttivo della cui intelligenza spesso non fa parte. La tremula luce dei neon nelle multinazionali diventa così il paradigma langhiano di una condizione, un marchingegno bene oliato dove la termite-uomo è volta a produrre, spesso senza sapere il perché, il nettare del valore aggiunto, spremitura diretta del suo sudore e della sua esistenza.
Il termitaio-azienda mi è sembrato il luogo ideale dove ambientare una caccia all’uomo di dickiana memoria, nella quale la conquista del potere è perpetrata con l’inganno e la mimesi, perfetta riproduzione di quanto avviene in natura con i predatori aracnidi mirmecomorfi: esseri che ingannano qualsiasi sistema di controllo del formicaio, anche quello della stessa regina, per poter sfamare la loro sete di vita.
È stato interessante traslare questa idea all’interno di una azienda e capire quali estreme conseguenze ne potessero derivare. Ed è stato difficile mantenere questa impostazione, questo paragone, per tutto il racconto. Ancor più sfidante si è rivelato dare coerenza e spessore ai personaggi, pur restando nei limiti di lunghezza imposti. Anche per questo il concorso si chiama SFIDA!!"
Andrea Viscusi ha elaborato “la conquista” in chiave fantastorica, tirando in ballo personaggi reali (Guglielmo Marconi ed Ettore Majorana, Benito e Rachele Mussolini, Nikola Tesla), e legandoli insieme con un filo rosso tanto lungo quanto mai forzato.
Il risultato è una storia sorprendente, una personalissima spiegazione della scomparsa del fisico italiano… Ma come hai fatto, Andrea?
“Sono partito dai personaggi di Tesla e Majorana. Le loro storie mi hanno sempre appassionato, e da tempo pensavo che in qualche modo fosse possibile collegarle. Così ho studiato la loro vita, la loro epoca, gli avvenimenti storici e scientifici, fino a trovare un filo che li potesse collegare. La cosa incredibile è che più andavo avanti in questa mia ricerca e più mi convincevo che questo collegamento esistesse davvero!
Per la verità esistono anche teorie molto più fantasiose della mia, che coinvolgono città segrete in Sudamerica in cui si sarebbero rifugiati tutti gli scienziati, ma non mi sembrava ci fosse bisogno di tirare in ballo cose del genere. Non credo di aver forzato niente: dopo tutto, gli incastri sono forse improbabili, ma non innaturali... ed è stato davvero divertente e istruttivo, per me, poter scrivere questa storia.”
Ultima in ordine di apparizione fra i vincitori di SFIDA 2013 è Angela Di Bartolo, la cui “conquista” è quella che chiude la nostra antologia.
Come nelle storie di Angela che abbiamo negli anni premiato e pubblicato, l’ambientazione è nel passato (l’antica Grecia, per la precisione), ma c’è una sostanziale novità: il racconto rielabora uno dei più famosi miti del mondo greco, e lo fa a partire da un elemento assolutamente fantascientifico, che “compare” nella storia abbastanza presto e poi accompagna i protagonisti per il resto della narrazione. Come nasce questa contaminazione?
“Davvero non lo so da dove sia nato questo spunto. Stavo disperatamente cercando qualcosa su cui costruire una trama e mi sono ritrovata un’immagine in testa, una di quelle immagini che scaturiscono a volte, senza un motivo apparente, da qualche piega della nostra mente. Ho visto un sasso: una pietra vivente, grigia e morbida come un piccolo animale, e su tale elemento ho imbastito una rielaborazione del mito di Icaro, che in quanto universale si presta bene, a mio parere, alle interpretazioni personali.”
Proprio proporre ai lettori alcune interpretazioni personali del tema de “la conquista” era l’obiettivo di SFIDA 2013. Pensiamo che la rosa dei cinque racconti scelti raggiunga questo scopo, e che la sezione SFIDA della nostra undicesima antologia sia un degno pendant della sezione dedicata ai quattro racconti premiati al termine del XIX Trofeo RiLL.
Adesso, comunque, lasciamo la parola ai lettori!
E' possibile acquistare l'antologia direttamente da RiLL, al prezzo speciale di 8 euro (spese postali incluse).
(foto di gruppo al termine della premiazione del XIX Trofeo RiLL; da sinistra: Davide Camparsi, Davide Carnevale, Antonella Mecenero, Alberto Panicucci, Enrico Di Addario, Luigi Musolino, Andrea Viscusi e poi i RiLLini Anna Benedetto, Edoardo Cicchinelli, Serena Valentini e Irene Celauro; foto di Deborah Celauro)