di Guido Alfani
Quarto classificato al V Trofeo RiLL
Cenerentola era in piedi accanto ad una finestra degli appartamenti reali. Con la mano teneva scostato un tendaggio di tessuto leggero e molto prezioso, così da poter vedere, oltre l'ampio cortile interno del castello, la torre dell'orologio. Cominciava ad albeggiare, e timidi raggi di luce tingevano le pietre antiche di giallo e d'oro. Ma l'attenzione di Cenerentola era concentrata sulla grossa lancetta, che tra poco -pochissimo- avrebbe proclamato ciò che già era visibile a tutti: un nuovo giorno. Finalmente, gli ingranaggi si misero in movimento. Don! Don! Don... ascoltò assorta il dolce suono delle enormi campane. La luce, colpendola direttamente, le feriva gli occhi, ma per nulla al mondo avrebbe distolto lo sguardo dal cortile. Una lacrima si aprì lentamente la strada attraverso morbide ciglia, e cominciò a scendere, inesorabile, lungo una gota perfetta, giù fino a perdersi tra labbra dal colore di rosa. Un'altra la seguì. E un'altra. Il sapore salato le ricordò cosa aveva patito, tutte le avversità che nella sua giovane vita aveva dovuto affrontare. Il principe, guardando quel viso illuminato dai raggi del nuovo sole, quegli occhi appena arrossati dalle lacrime, la trovò incredibilmente bella, di una bellezza terribile. Infine, Cenerentola si scosse, sbatté le palpebre e si asciugò le lacrime con un fazzoletto di finissima seta. Qualcosa, nel tendaggio, attrasse la sua attenzione, e lei lo afferrò con un gesto rapido ma pieno di grazia. Quando si girò a guardare il suo principe, gli rivolse un sorriso radioso. Quello appena iniziato era un giorno felice.
"Su, amore mio" disse "facciamo colazione".
Nessuno, solo un mese prima, avrebbe pensato di poter vedere un giorno sul suo viso affranto tanta felicità. La spensieratezza, la gioia di vivere con cui aveva incantato tutta la corte sembravano sparite per sempre, distrutte proprio nel momento in cui avrebbero dovuto esplodere incontenibili. Ma, si sa, la vita ci riserva mille sorprese, e le fiabe -perchè è una fiaba che ci accingiamo a raccontarvi- della vita sanno qualcosa. Cominceremo, dato che vogliamo essere originali, dal punto in cui molte fiabe si concludono: un matrimonio. Per essere precisi, il matrimonio tra una ragazzina di umile estrazione, Cenerentola, ed un principe, che da lì a poco sarebbe diventato re. Un matrimonio che tutta la popolazione del Regno avrebbe ricordato molto, molto a lungo.
Quel giorno, una gran folla si era radunata dinanzi alle mura del castello già molto tempo prima dell'alba, poiché il principe aveva invitato tutti -ma proprio tutti!- alla sua festa di nozze e perché tutti erano curiosissimi di assistere a quell'avvenimento importante. Soprattutto, volevano vedere la sposa, dato che chi l'aveva potuta ammirare la descriveva come la più bella creatura non solo del Regno, ma del mondo intero.
Attraverso la grata che impediva loro l'ingresso, i più fortunati potevano vedere i preparativi in corso nel vasto cortile interno. Un nugolo di servi si affannava a trasportare tavoli, disporre sedie, posate, boccali. I musici accordavano i loro strumenti, i giocolieri ed i danzatori compivano esercizi per sciogliere muscoli irrigiditi. Tutto il cortile veniva addobbato di festoni coloratissimi, fiori odorosi erano disposti ovunque. La folla, chiusa fuori, non poteva che aspettare. Tutti sapevano che non li avrebbero fatti entrare se non dopo il matrimonio, però nessuno poteva impedire che la propria impazienza crescesse sempre più.
A metà mattina i preparativi per la festa si conclusero. La gente, senza più nulla da guardare, cominciava ad annoiarsi, quando iniziarono ad arrivare, alla spicciolata, le carrozze coi principali nobili del Regno, i fortunati invitati ad assistere alla cerimonia di nozze. Le guardie si precipitarono fuori dal cortile per aprir loro un varco attraverso la folla vociante, per fortuna senza incontrare difficoltà. Man mano che entravano, i cavalieri e loro dame si davano molto da fare per esaminare tutti quei meravigliosi preparativi, cercando di non mostrare troppo interesse, troppo stupore per la grande ricchezza che vi era stata profusa. Dirigendosi verso la cappella del castello, dove li attendeva un posto riservato, si sforzavano di procedere con un passo pieno di dignità - cioè, di camminare il più lentamente possibile senza dare nell'occhio, così da essere ben certi di non essersi lasciati sfuggire nulla. Quando la piccola cappella fu piena, anche a loro toccò aspettare un bel po', senza altro da fare che guardarsi l'un l'altro e cercare di dar a vedere che, loro, a quel fasto erano abituati.
Finalmente, l'attacco della marcia nuziale liberò tutti dall'attesa. La comparsa della sposa, raggiante di bellezza e di felicità, venne salutata da un fragoroso applauso da parte della folla ammucchiata fuori dal castello, e da irrefrenabili scoppi di pianto da parte delle dame che attendevano in cappella, così rapite dall'atmosfera che si era creata da dimenticarsi che quella ragazzina tanto bella e a cui sentivano di volere così bene loro, nella maggior parte dei casi, la vedevano per la prima volta. Il principe, tutto contento anche lui, la aspettava impettito davanti all'altare, chiuso nella sua elegantissima uniforme azzurra da erede al trono e comandante in capo dell'esercito. La cerimonia fu estremamente commovente, ma il tempo pareva volare, e gli sposini sembrarono un po' stupiti di trovarsi già di fronte la regina madre che, com'era tradizione nel Regno, porgeva loro sorridendo gli anelli su di un cuscino di raso. Il principe infilò l'anello a Cenerentola, e tutti i presenti non riuscirono a trattenere un mormorio di approvazione. Poi, fu la volta di Cenerentola che, presa gentilmente la mano del principe, fece scivolare sul suo anulare il sottile cerchietto d'oro. All'improvviso, una rutilante nebbia azzurrina avvolse il suo sposo, così che la povera ragazza strillò dalla paura, e con lei tutta la cappella. Quando la nebbia si dissolse, al posto dell'uomo c'era un ranocchio. “Croack?” disse il principe, saltellando incerto verso Cenerentola. Lei sembrò sul punto di svenire, ma il sacerdote ebbe la prontezza di spirito di sorreggerla, pur senza capire bene cosa stesse succedendo. La situazione stava per precipitare nel caos, quando un grido tornò a concentrare l'attenzione sulla sposa.
"No!", urlava Cenerentola, fuori di sé. "No, mio principe adorato, non ti abbandonerò così"
Esclamazioni di stupore riempirono la navata, quando la videro gettarsi in ginocchio davanti al ranocchio e tendere verso di lui mani tremanti. Ma la sua voce non tremava mentre, raccoltolo delicatamente, gridava: "Il mio amore romperà questo malvagio incantesimo, il mio amore per te ti libererà." Ciò detto, la povera ragazza chiuse gli occhi, e tutti si commossero a vedere labbra del colore di rosa baciare la pelle viscida del ranocchio. Che bella conclusione, per un così bel matrimonio; la prova che l'amore sopporta ogni cosa, supera ogni avversità. Peccato che il bacio di Cenerentola non sortì alcun effetto, e lei si rialzò, spaurita, sempre tenendo in braccio il principe ranocchio. Tutti videro calde lacrime aprirsi la strada attraverso morbide ciglia.
"Finiamola con queste scemenze", disse una voce piena d'autorità. Tutti gli sguardi si concentrarono sulla regina madre, che avanzava a lunghi passi verso l'altare. "Ci penso io, a sciogliere questo ridicolo incantesimo". La regina, infatti, era anche la più potente maga del Regno, ed un silenzio pieno di aspettativa accolse i suoi primi mormorii di parole arcane. Qualunque fosse la magia che essa si accingeva ad operare, però, nessuno lo saprà mai. "Fermatela!" gridò infatti Cenerentola, stringendo gelosamente a sé il ranocchio, mezzo soffocato. "Fermatela! E' stata lei, ed ora vuole dargli il colpo di grazia! E' lei l'unica strega che vive nel Regno; è lei che ci ha dato gli anelli! Sicuramente, ha maledetto quello del mio principe; è sempre stata contraria a questo matrimonio, mi odia perché vengo da una famiglia povera..."
Cenerentola era così bella, nel suo abito bianco e con quegli occhi colmi di pianto, così fiera, parlava con tanta autorità e con tanto vigore, che tutti i presenti scoccarono sguardi dubbiosi, o irati, o addirittura pieni d'odio, alla regina madre. Del resto, che fosse una maga era ben noto, e come ci si può fidare di chi mormora continuamente parole incomprensibili? E poi, l'avevano visto tutti: era stata proprio lei, a porgere alla coppia gli anelli...
"Cosa?" disse, fingendo grandissimo stupore, la strega, "Cosa stai dicendo, razza di...", ma non poté finire la frase, perché le guardie presenti, avendo capito da che parte soffiava il vento, l'avevano afferrata per le spalle, ed ora stavano cercando di immobilizzarla, mentre lei, lottando come una furia, tentava di liberarsi e mormorava altri malvagi incantamenti. "Tappatele la bocca! Imbavagliatela, così che non possa gettarci contro le sue maledizioni!", ordinò Cenerentola. "Poi, legatela in modo che non possa muovere neanche un dito, e portatela via, lontano da me, imprigionatela, così che non possa rovinare la mia festa di nozze come ha fatto con la mia felicità". Tutti la guardavano, stupiti, mentre le guardie portavano via la regina madre, dovendo trascinarla per i capelli, dato che la megera continuava ancora a difendersi a morsi.
Cenerentola, col suo sposo mezzo svenuto in braccio, scese con aria maestosa i gradini dinanzi all'altare e si avviò verso l'uscita della cappella. Nessuno osava muoversi. Quando fu dinanzi all'ingresso, si girò, li guardò, e disse: "Cosa aspettate? La festa deve iniziare; il mio popolo attende da troppo tempo. Che questo sia un giorno di gioia, perché io condividerò tutti quelli futuri con l'uomo che amo." Li fissava con aria di sfida, e mai prima d'allora l'avevano vista così bella. La cappella esplose in un applauso incontenibile, in grida d'ammirazione e d'amore. Cenerentola si era conquistata tutti i nobili del Regno; si voltò, ed uscì a conquistarsi il popolo.
Fu una festa bizzarra, ma tutti si divertirono molto, anche se ogni tanto gettavano uno sguardo un po' imbarazzato al tavolo sopraelevato a cui la più bella creatura del mondo sedeva fianco a fianco con un ranocchio. Il principe, all'aria aperta, parve riprendersi e cominciò a saltellare qua e là sulla tavola. Solo Cenerentola sedeva, composta ed altera, senza assaggiare nessuna delle squisite pietanze che le venivano offerte. Una vera regina.
Ma quali eventi fecero sì che Cenerentola, fanciulla di umili origini, sposasse il principe ereditario di un Regno così importante, e divenisse regina? Conoscendo la povertà in cui venne alla luce, pochi l'avrebbero ritenuto possibile. Ma lei era come un diamante caduto nel fango, che basta ripulire un po' perché torni a brillare.
Cenerentola in seguito avrebbe raccontato con toni dolorosi le incombenze faticose e le angherie che aveva dovuto subire, vittima dell'anziana signora che l'aveva presa presso di sé come domestica e delle sue figlie, ma in realtà quella situazione non durò più di un mese. Dopo, venne ripulita, pettinata, vestita con abitini graziosi, vezzeggiata, ed educata come una principessina. La padrona di casa, infatti, non ci aveva messo molto ad accorgersi che quella ragazzina dal viso un po' sporco e dai capelli arruffati sarebbe potuta divenire una donna di eccezionale bellezza. La vecchia, infatti, era una potente strega, che però praticava le arti arcane solo di rado ed in gran segreto per non suscitare l'ira e la gelosia della regina madre, e sapeva bene che in tutte le cose belle c'è un po' di magia. Così, quando riuscì finalmente a scorgere la farfalla in quel bozzolo di ragazzina, capì subito che, con un po' di cura, Cenerentola avrebbe potuto stregare un uomo meglio di mille fattucchiere.
La poveretta aveva tanto sperato che una qualsiasi delle sue figlie rivelasse un po' di predisposizione per l'arte a cui lei aveva dedicato la vita, ma loro, ingrate, non avevano occhi che per i bei vestitini ed i bei giovinetti, di cui del resto erano del tutto incapaci di attirare l'attenzione. Senza quasi accorgersene, finì per vedere in Cenerentola la figlia che aveva sempre desiderato, e si dedicò con tutto l'amore e la dedizione di una vera madre a far sbocciare quel fiore raro, attendendo l'occasione adatta per farle ottenere tutto ciò che meritava.
Per una fortunata coincidenza, il principe non riusciva a trovare nessuna ragazza che fosse di suo gradimento. La regina madre, stanca di aspettare che il figlio si scuotesse, ed incapace di capire cosa passasse nella sua testa, gli strappò la promessa che, se avesse avuto di fronte tutte le giovani in età da marito del Regno, avrebbe scelto tra loro una sposa. Del resto, pensava la regina, la loro terra era piena di avvenenti marchesine e duchessine, e il principe ne avrebbe certo trovata una di suo gusto.
Quando la protettrice di Cenerentola venne a sapere che era stato organizzato un gran ballo a cui erano invitate tutte le giovani del Regno, capì che era giunto il momento di mettersi all'opera. Una notte di luna piena, sollevò il suo spirito dalle carni stanche di vecchia e volò fino al castello, correndo il grave rischio di essere scoperta dalla regina. Entrata nella stanza del principe, ne spiò a lungo i sogni.
Al mattino, mandò a chiamare Cenerentola, che fu sorpresa dell'aria un po' disgustata che aveva quella che ormai considerava una matrigna. "Figlia mia", le disse, "questa mattina andremo a far visita ad un artigiano di mia conoscenza, che ti preparerà le scarpette più strambe tu potresti immaginare. Delle scarpette di cristallo". A nulla valsero le proteste della povera ragazza, che sospettava che scarpette di quel genere non potessero essere molto comode. La vecchia fu irremovibile, e di lì a due settimane Cenerentola saliva, con un po' di fatica e molto dolore, la scalinata del palazzo in cui il gran ballo stava per cominciare.
Quando il principe la vide, non riuscì più a staccare gli occhi di dosso a quei piedini incantevoli, facilmente intuibili attraverso il duro minerale. Ballò con lei tutta la sera (la poverina fece miracoli nel nascondere il suo disappunto, dato che l'accanimento del principe la faceva molto soffrire), e si accese di folle amore. Quella notte, e tutte quelle successive, la sognò. Cenerentola col suo bel vestitino da ballo, Cenerentola con le sue scarpette di cristallo, scarpette di cristallo con tacchi a spillo, vicini a lui, sempre più vicini... Il principe si svegliò. Sapeva quello che voleva. Diede ordini immediati perché Cenerentola fosse prelevata immediatamente e fatta alloggiare al castello, come sua fidanzata ufficiale. La regina madre, che non era stata neppure consultata, andò su tutte le furie e corse a fargli una scenata.
Con sua estrema sorpresa, lo trovò così sicuro della propria decisione e così difficile da persuadere come non era mai stato in vita sua. Anzi, visto che di solito era di una passività totale, ne fu piacevolmente sorpresa. "Che quella sciacquetta faccia proprio al caso suo? Ma con quelle ridicole scarpette di cristallo, poi... però, certo che deve avere sofferto molto a ballare tutta la sera con quel maldestro di mio figlio..." diceva tra sè e sè la regina, che forse per sua fortuna non aveva capito affatto cosa attraeva il principe . Scartata l'ipotesi di far cacciare l'intrusa a pedate, usò le sue risorse di sovrana.
Così, il giorno dopo fece convocare Cenerentola nei suoi appartamenti. "Cara la mia piccola intrigante", le disse, "sappi che ho scoperto il piano tuo, e di quella strega presso cui vivi. Forse ti farà piacere sapere che ho già fatto cacciare dal regno la tua matrigna e le tue sorellastre, così che non potrai contare su un altro incantesimo per abbindolare il principe. Dimmi ora, cosa devo farne di te?"
Cenerentola sembrava terrorizzata, tutta rannicchiata sull'enorme poltrona in cui lei l'aveva obbligata a sedere. Poi, parve trovare un po' di coraggio, e disse, con grande passione: "Ma io amo il principe! Lo amo con tutto il cuore, e non so niente di magie ed incantesimi, né degli intrighi della mia crudele matrigna! Io non posso che ringraziarvi, mia regina, per avermi liberato da lei..." Così detto, Cenerentola si buttò ai piedi della regina madre e scoppiò in un pianto dirotto. Era così commovente, ispirava tanta compassione, che la regina quasi credette alla sua buona fede. Quasi. "Su, su, alzati. Non ti farò del male. Dimmi, cosa vuoi per andartene ? Del denaro? Dei gioielli?"
"Io non voglio andarmene! Io voglio il principe!" urlò Cenerentola, con disperazione molto convincente.
"In fondo, perché no?", pensava intanto la regina. "Questa sciocchina sembra avere una buona influenza su mio figlio. E il Regno ha disperato bisogno di un erede; i pretendenti alla successione già scalpitano... io sarò pur in grado di controllarla, no? E' solo una bambina, e in base alle nostre leggi mio figlio non diventerà re che alla mia morte... ed io non ho nessuna intenzione di morire." La regina sorrise alla povera ragazza, e la aiutò a rialzarsi.
Su di una cosa, però, si sbagliava. Cenerentola non era solo una bambina; era stata educata per lunghi anni per aver successo nell'impresa che si apprestava a compiere. La sua bellezza ed i suoi modi gentili affascinarono tutti coloro a cui rivolgeva la parola; molti avrebbero dato la vita per lei, nessuno l'avrebbe sospettata capace di male. Il principe la adorava, ed obbediva ad ogni suo comando, anche se Cenerentola con lui era sempre molto modesta e dimessa. L'unica cosa che lo contrariò un po', fu la sua richiesta di rinviare di alcuni giorni le nozze. La sua fidanzata attendeva infatti il ritorno di una certa camerierina ciecamente fedele, che le avrebbe portato un anello speciale per il suo futuro sposo. Un anello che proveniva addirittura da oltre i confini del Regno (la faccenda dell'esilio della cara matrigna era una vera seccatura), e che venne abilmente sostituito a quello preparato dalla regina, così da confezionare una bella sorpresa per il giorno del matrimonio.
Per il principe un po' le spiaceva, ma dopo aver intuito cosa desiderava da lei, le passò ogni scrupolo. Era una ragazzina romantica, e sognava di amare con dolcezza.
"Su, amore mio" disse Cenerentola "facciamo colazione".
Il principe, dentro la sua gabbietta dorata, la vide accovacciarsi dinanzi a lui. Era davvero splendida, coi biondi capelli accesi d'oro e di fiamme nella luce del mattino. Tuttavia, come sempre, vederla così bella lo intimoriva un po'. Lei gli sorrideva, mentre apriva con una mano lo sportellino della gabbietta. Nell'altra mano nascondeva qualcosa, e questo lo inquietò ancora di più. Il principe cominciò a saltellare qua e là, cercando di rifugiarsi nell'angolo più lontano senza darlo a vedere. Le sue paure, però, erano ingiustificate, perché di lì a poco lei gli offriva, tenendola delicatamente tra due dita, la bella mosca che aveva appena catturato sulla tenda. A quella vista, il principe abbandonò ogni cautela e saltellò in avanti, finché non fu abbastanza vicino da potersene impadronire facendo saettare la lingua. Lei rise di gioia; le piaceva molto quando il suo sposo si cibava così dalle sue mani.
Dal cortile interno del castello, intanto, giungeva un fastidioso vociare; gli operai stavano già smontando la ghigliottina con cui la regina madre era appena stata decapitata. Il principe, tuttavia, in quel momento aveva ben altro per la testa. La mosca che la bella Cenerentola gli aveva offerto era la migliore che avesse mai assaggiato, tenera e sugosa. Cercò di gustarla come una tale prelibatezza meritava. Decisamente, quella giornata iniziava nel migliore dei modi.
Lo sportellino della gabbietta era appena stato richiuso, quando qualcuno bussò timidamente alla porta delle stanze reali. "Cosa c'è?" chiese, con un certo garbo, Cenerentola. La risposta, mormorata da dietro la porta chiusa, era a stento udibile, ma il principe comunque non si curò di ascoltarla. Come sempre, dopo un buon pasto, lo prendeva una certa sonnolenza. Si accorse a stento che la sua sposa era tornata di fronte alla gabbietta e lo guardava con aria pensosa.
"E' quel paggetto che ieri ho detto di voler conoscere", diceva Cenerentola tra sé e sé. "Quello tanto carino, con quell'aria timida da pulcino bagnato..." Fissò la gabbietta dorata, ed il principe che stava per cedere definitivamente al sonno.
"Il mio principe vuole dormire?", disse. "Allora è meglio coprire la nostra bella gabbietta, no?". Cenerentola prese un drappo intessuto d'oro che serviva a quello scopo, e coprì l'augusta dimora del suo sposo. Poi, accertatasi di essere in perfetto ordine, come si addice ad una regina (ormai quel titolo le spettava, finalmente!) sfoderò tutto il suo fascino ed andò, piena di dolci aspettative, ad aprire al bel paggetto. Il principe, intanto, stava già sognando stagni silenziosi e nugoli di dolcissime zanzare.
Forse qualcuno di voi si sente ingannato? E perché mai, dato che avete avuto il vostro lieto fine (e con tanto di matrimonio, per di più)? Se avete capito almeno un po' il suo modo di pensare, non crederete certo che quella vita spiacesse al principe ranocchio, anzi. Il popolo, poi, non soffrì sotto il tallone della nuova regina più di quanto non soffrisse sotto quello della precedente, con la bella differenza che questa era molto più carina. D'altra parte, a Cenerentola piaceva sentirsi amata, per cui le rare volte che decideva di occuparsi degli affari del Regno, faceva sempre qualche gesto sconsiderato a favore dei suoi sudditi che contribuiva a renderla sempre più popolare. Insomma, veniva facile perdonarle molte cose. Così, quando annunciò che lei ed il principe stavano per dare un erede al Regno, nessuno si fece troppe domande. Certo, come conclusione di una fiaba è un po' strana, ma, si sa, la vita è strana. E le fiabe, della vita, sanno qualcosa.
Ma lei, Cenerentola, come stava? Beh, lasciatecelo dire... Cenerentola visse a lungo, felice, e contenta.
Guido Alfani è nato a Castellamonte (Torino) nel 1976 e vive con la sua famiglia a Milano.
È professore ordinario di Storia Economica presso l’Università Bocconi. È anche ricercatore affiliato presso lo Stone Center on Socio-Economic Inequality di New York, lo Stone Center for Research on Wealth Inequality and Mobility di Chicago, il CAGE Research Centre di Warwick, e il Center for Economic Policy Research (CEPR) di Londra.
Si occupa di storia economia e sociale e di demografia storica, con particolare attenzione alla disuguaglianza economica e alla mobilità sociale, alla storia delle epidemie e delle carestie e ai sistemi di alleanza sociale. Ha pubblicato numerosi articoli e monografie scientifiche, tra i quali, in italiano: “Il Grand Tour dei Cavalieri dell’Apocalisse. L’Italia del lungo Cinquecento” (Marsilio, 2010); “Pandemie d’Italia. Dalla Peste Nera all’influenza suina: l’impatto sulla società” (Egea 2010, con A. Melegaro); “Come déi tra gli uomini. Una storia dei ricchi in Occidente” (Laterza, 2024).
Ha vinto la terza e la sesta edizione del Trofeo RiLL, rispettivamente con i racconti “Inferno” e “Il peso degli angeli”. È anche arrivato quarto nel 1999 (con “Il Principe e Cenerentola”) e secondo nel 2001 (con "Storia di Draghi e Negromanti").
(biografia aggiornata al settembre 2024)
Leggi l'intervista a Guido Alfani realizzata in occasione del trentennale del Trofeo RiLL.