Fabrizio Bonci (2003)

Nel 2024 il Trofeo RiLL ha compiuto trent’anni!
Per festeggiare questo “compleanno”, abbiamo deciso di intervistare i vincitori e le vincitrici del concorso, dal 1995 a oggi: un viaggio nella storia del Trofeo RiLL, per parlare dei racconti che lo hanno vinto e delle persone che hanno scritto quelle storie (e la nostra storia). Pubblicheremo tutte le interviste nelle prossime settimane, fino a Lucca Comics & Games 2024.

Fabrizio, tu hai vinto il Trofeo RiLL nel 2003 con “L'Ospedale”: una storia che è una vera e propria discesa negli Inferi. vorrei chiederti di parlarcene, non solo a livello di trama, ma anche di quelle che erano le idee, gli spunti, gli obiettivi che ti eri dato quando l'hai scritta.

In realtà, il tema della discesa all’Inferno era maggiormente presente in un altro racconto che vi inviai, L’uomo che aveva le vertigini, nel quale rivisitavo in chiave fantascientifica il mito di Orfeo e Euridice. Il racconto non venne inserito nell'annuale Mondi Incantati, ma so che vi piacque, e poi fu pubblicato nell’antologia “Fata Morgana 7”, curata da Silvia Treves, e ricevette una menzione al premio InediTo.

Ne L’Ospedale, invece, il tema centrale è biopolitico. Quella che metto in scena in questo racconto è una distopia in cui il mondo, in seguito a un evento pandemico, è governato da una tirannia sanitaria. Tutto, in questo mondo dominato da un regime – se mi passi il termine – “iatrofascista”, si esprime nell’antitesi violenta tra salute e malattia, tra corpo sano e corpo malato, tra medico e paziente. Le uniche professioni consentite sono quelle sanitarie e i malati sono tutti coloro che non appartengono all’organizzazione sanitaria, cioè il resto dell’umanità.
La vicenda del protagonista, che subisce una progressiva degradazione da internista in una clinica di lusso a medico in cerca di lavoro in una zona selvaggia del nosocomio planetario, poi infermiere in quello che è a tutti gli effetti un lager e, infine, diviene un malato in fuga nelle profondità allucinanti del sottosuolo, può essere definita una discesa nell’abisso, sì, senz’altro.

(per inciso, “L'Ospedale” uscì nel primo Mondi Incantati pubblicato da un editore professionista, all'epoca Novecento GeC... senza dubbio si può dire che l'edizione 2003 segna l'inizio di una nuova fase per il Trofeo RiLL, che dura ancora oggi, NdR)

Cosa ricordi della premiazione, della partecipazione a Lucca Comics & Games e, più in generale, dell’interazione con RiLL in quell'occasione (e dintorni)?

Mi sono molto divertito a Lucca Comics & Games; inoltre, Lucca è una città bellissima. Poi, in quel periodo mi trovavo in Toscana con la mia compagna, Caterina Scala, per girare un documentario sui partigiani della brigata di minatori “Chiatti” e sulla strage nazifascista di Cavriglia, nella quale avevano perso la vita il mio bisnonno e altri minatori membri della mia famiglia. Separarmi per un po’ da quella storia terribile mi aveva fatto bene.
Della premiazione ricordo la presenza, oltre che dei RiLLini, di Franco Cuomo, che avevo trovato molto simpatico.
Di RiLL e del Trofeo RiLL che dirti? Massimo rispetto, e massimo affetto.

(per inciso, le parole di Fabrizio ci permettono di ricordare Franco Cuomo: giornalista, drammaturgo, scrittore, per un decennio giurato del Trofeo RiLL e amico di noi RiLLini; nel 2003 portammo Franco per la prima volta a Lucca Comics & Games come ospite, e il ricordo di quelle belle giornate passate insieme lenisce il dispiacere di non averlo più con noi, essendo venuto a mancare nel 2007, NdR)

Parliamo di te, adesso. Dal 2003 di tempo ne è passato! Cosa fai adesso, cosa hai fatto, in ambito letterario e non?

Che faccio? Vorrei poterti rispondere come il Rodolfo de La Bohème: scrivo. Ma io ho sempre scritto pochissimo, almeno di narrativa, e di solito non ho portato a termine quello che avevo iniziato a scrivere o l’ho buttato. Faccio male, faccio bene? Non lo so. Una volta volevo buttare un testo teatrale che avevo scritto, poi su suggerimento della mia compagna lo inviai a un concorso e vinsi. Il testo venne messo in scena in diversi teatri dalla regista Laura Bombonato. Casi della vita.
Quello che posso dire è che alla scrittura ho sempre preferito la lettura. È possibile che in futuro mi venga voglia di mettermi a scrivere narrativa seriamente, con continuità, magari riprendendo qualche romanzo incompiuto che avevo accantonato. Io, un po’ come uno degli eroi romanzeschi della mia gioventù, l’Ulrich de "L'uomo senza qualità", ho più il senso della possibilità che quello della realtà. E questo è quanto per quel che riguarda la mia vita letteraria, se vogliamo chiamarla così.

Riguardo alla mia vita in generale, potrei parlarti del mio lavoro di questi anni di gallerista e curatore d'arte e di organizzatore di festival ed eventi culturali – ti ricorderai Hotel Distopia, che avevo ideato e organizzato col patrocinio del Salone del Libro di Torino (in questo pagina, l'articolo che scrivemmo nel 2014, in occasione della prima edizione di Hotel Distopia, durante la quale "L'Ospedale" venne adattato e messo in scena, NdR) – e di altre cose che ho fatto, ma ritornerei a La Bohème, rispondendoti questa volta come Rodolfo: vivo. Ho vissuto e vivo. Almeno per adesso.
 

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