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Trasformare i problemi in opportunità – Appunti pratici di scrittura personale
di Nicola Catellani
[pubblicato su RiLL.it nel febbraio 2024]
Nicola Catellani, pluri-premiato autore del Trofeo RiLL (e a cui RiLL ha dedicato l’antologia personale Futuri inattesi) ci parla di come affrontare la scrittura (in generale) e degli elementi per lui centrali nello scrivere un racconto.
Sullo stesso tema, potete leggere anche gli interventi di altri autori/autrici cui RiLL ha dedicato un’antologia personale: Antonella Mecenero, Laura Silvestri, Davide Camparsi, Maurizio Ferrero, Massimiliano Malerba, Valentino Poppi, Luigi Rinaldi, Andrea Viscusi.
Come premessa a questo articolo, esordisco con un sillogismo:
1) Se è vero il proverbio “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”,
2) e io sono qui a insegnare come si scrive un racconto,
3) …ecco che il sillogismo è già pronto a trarre le sue nefaste conclusioni.
Quindi, perché dovrei tirarmi la zappa sui piedi presentandomi come insegnante?
Diciamo allora che in questo articolo non proverò a insegnare un bel niente, ma mi limiterò a ripercorrere passo passo il mio modo di scrivere un racconto, nella speranza che qualcuno di questi spunti possa essere utile anche a chi legge.
Innanzitutto vorrei elencare alcuni prerequisiti a mio parere indispensabili per chiunque voglia scrivere racconti e/o romanzi.
1) Aver imparato al momento opportuno a scrivere correttamente in italiano; dove per “momento opportuno” intendo “negli anni della scuola dell’obbligo”, quando la nostra mente è pronta e ricettiva a comprendere e ricordare che tra il soggetto e il verbo non ci va la virgola, le concordanze dei tempi verbali, l’utilizzo delle frasi subordinate, e altre basilari conoscenze sintattiche che ci permettano di scrivere una frase comprensibile. A tal fine credo sia anche fondamentale conoscere la differenza di utilizzo tra la virgola, il punto, il punto e virgola e i due punti. Naturalmente chi non avesse imparato a scrivere correttamente “nel momento opportuno” non è escluso del tutto dalla scrittura, ma troverà più difficoltà in corso d’opera.
2) Per provare a diventare scrittori di racconti e/o romanzi di un determinato genere letterario occorre innanzitutto essere lettori di quel genere letterario.
Non scrivete fantascienza se non avete letto molta fantascienza! Non è sufficiente limitarsi a infarcire di termini tecnici in un racconto. Per scrivere fantasy non basta infilare la magia, gli elfi e i nani in una storia. Non basta nemmeno aver visto film e telefilm. Occorre conoscere le tematiche più note di quel genere, le sue pietre miliari, e soprattutto i luoghi comuni da evitare! Nella fantascienza e nel fantasy ormai si è scritto di tutto su tutto, e il rischio di ricadere nel “già letto” è sempre dietro l’angolo.
3) Infine può essere utile leggere qualche libro o articolo su “come si scrive fantascienza e fantasy” (ma anche su come si scrive in generale). Credo che all’atto pratico sia impossibile seguire tutte le indicazioni che propongono, ma sicuramente saranno utili per spunti e intuizioni da ricordare e utilizzare nel momento in cui scriviamo.
A questo proposito, RiLL.it propone altri articoli omologhi a questo, scritti da altri autori e autrici cui RiLL ha dedicato un’antologia personale, e ne consiglio la lettura. Ognuno di essi affronta il tema di “come scrivere un racconto” sotto diversi punti di vista, dando ottimi suggerimenti (per un rapido riepilogo degli articoli cui Nicola si riferisce, rimandiamo a un’altra pagina del sito, NdR). Ci tengo anche a segnalare il link al corso online gratuito “Scrivere un romanzo in 100 giorni”, di Morgan Palmas, da cui ho tratto vari utili consigli alcuni anni fa.
Detto ciò, come promesso all’inizio, mi accingo a descrivere in 15 punti il mio personale metodo di scrittura. A voi lettori il compito di trarne eventuali spunti per trovare il vostro personale metodo.
Andiamo a incominciare.
Per scrivere un racconto, io ho bisogno di…
1) Avere il colesterolo alto, ovvero trasformare un problema in un’opportunità.
Alcuni anni fa, il mio medico di famiglia mi disse che nel lungo periodo il mio colesterolo costantemente alto avrebbe potuto portarmi dei problemi di salute. Mi prescrisse quindi una terapia, che tra le varie cose comprendeva “una passeggiata di almeno mezz’ora, tre volte alla settimana”. Iniziai pertanto a seguire le indicazioni: poiché la passeggiata, per avere effetto, doveva essere svolta di buon passo, e possibilmente senza soste, presi a camminare a caso per le vie e i parchi della mia città, talvolta in luoghi dove normalmente capitavo di rado o praticamente mai. Non avendo altri compiti da svolgere in quella mezz’ora se non camminare, iniziai a utilizzarla per vagare, oltre che col corpo, anche con la mente. Approfittai così di questo periodo di tempo per riflettere sulla scrittura, per guardarmi attorno, per cogliere spunti da ciò che vedevo attorno a me, per riorganizzare mentalmente qualche trama, e così via. Se non fossi stato “costretto” a fare questa passeggiata, stando a casa di certo non mi sarei preso queste mezz’ore di meditazione, riflessione, elucubrazione. In questo modo invece ho potuto cogliere due piccioni con una fava, e molte delle mie ultime idee per racconti sono nate durante queste passeggiate, un pezzettino alla volta.
2) Un file di appunti.
Nel computer tengo a portata di mouse un file di testo, che utilizzo per scrivere appunti quando mi viene in mente un’idea, sia al ritorno dalle mie passeggiate che in qualsiasi altro momento della giornata. L’idea può essere un concetto, una parola, a volte un titolo, una frase, qualsiasi cosa mi abbia ispirato un possibile tema per un racconto. Nel tempo, man mano che gli appunti crescevano, li ho poi suddivisi per categorie e tipologie di possibili racconti. E li ho lasciati lì a decantare. Di tanto in tanto, quando ho bisogno di un’idea, vado a rileggermi il file per vedere se qualche appunto può “germogliare” e svilupparsi in una possibile trama, oppure se da esso nascono (per associazione d’idee o per altro tipo di ragionamento) ulteriori note collegate. Quando questo succede, quell’appunto viene “estratto” dal file e diventa un nuovo file a sé stante, dove il suo concetto può essere sviluppato ulteriormente. Ho quindi una cartella con una collezione di questi file, da aprire al bisogno. Molti non li userò mai, probabilmente, ma chi può dirlo in anticipo?
3) Un titolo.
Quasi sempre decido il titolo del racconto come prima cosa. Anzi, talvolta il titolo è proprio lo spunto che ho scritto nel mio file, da cui parto per sviluppare l’idea di un racconto (è stato così con “Il Bar Subito Dopo”, racconto vincitore del Trofeo RiLL 2021).
In genere cerco di inventare un titolo che possa attirare l’attenzione, che stimoli un minimo di curiosità nel lettore e lo porti a iniziarne la lettura.
4) La trama.
Scrivo nel file la trama del racconto a grandi linee, elencando i punti principali che potrei toccare nello svolgimento. La trama nasce sviluppando lo spunto iniziale, talvolta procedendo per tentativi per vedere dove può portarmi la fantasia.
Spesso inizio una trama, poi arrivo a un punto morto. A quel punto lascio perdere, e riprendo in mano il file più avanti, lasciando passare un po’ di tempo e magari ricominciando da zero per svilupparla in un’altra direzione.
5) I personaggi.
Nel frattempo, mentre girovago da una possibile trama a un’altra, stabilisco anche quali e quanti sono i personaggi, il minimo numero indispensabile per il tipo di vicenda e la lunghezza ipotizzata del racconto. Un’accortezza che cerco di seguire (imparata da uno di quei famosi libri su “come scrivere”) è quella di non dare mai ai personaggi dei nomi che si assomiglino tra loro, o che inizino con la stessa lettera: questo al fine di renderli immediatamente distinguibili tra loro e facilitare la comprensione al lettore (altrimenti, divertitevi voi a distinguere a occhio le azioni di John, Jack, Jim e James!)
6) Il finale.
Per me è fondamentale decidere in anticipo dove il racconto andrà a parare, ovvero quale sarà il suo finale. Finché non ho deciso questo, non inizio la scrittura del testo. Sapere qual è l’obiettivo della storia mi serve per organizzare concretamente la vicenda nel suo svolgimento e mi aiuta a definire – prima nella mia mente e poi in un file – i passaggi logici che porteranno la trama fino a quella conclusione. Parlo di “passaggi logici” perché il finale deve essere la conseguenza logica di quanto è successo fino a quel momento: può anche prevedere un colpo di scena, ma questo colpo di scena dev’essere giustificato in base a quanto è avvenuto in precedenza (è un po’ come scoprire il colpevole nei gialli). Per i finali infatti evito assolutamente l’uso del deus ex machina, ovvero l’evento o il personaggio che giunge in modo inaspettato e non correlato alla trama per risolvere la vicenda: penso che sarebbe come prendere in giro il lettore.
Attenzione: come ho detto, non comincio a scrivere un racconto se non ho già un finale, ma questo non significa che arriverò davvero a quel finale. Infatti talvolta i racconti hanno la capacità di modificarsi da soli mentre vengono scritti, e può benissimo succedere che nel corso della vicenda mi capiti di trovare un finale che reputo migliore. In questo caso, ovviamente, scelgo quello.
7) Una scadenza.
Una volta stabilito tutto ciò, per scrivere concretamente un racconto devo avere una scadenza. O, in alternativa, devo darmela io stesso, ma è più difficile.
Un personaggio di Douglas Adams diceva: Amo le scadenze, amo il rumore che fanno quando mi sfrecciano accanto. Io invece amo le scadenze perché mi consentono di pianificare il lavoro: se so che fra un mese devo aver terminato un racconto, mi organizzo in modo da arrivare in tempo. Se non ho una scadenza, qualsiasi altro mio impegno personale e familiare rischia di avere la precedenza. Perché scrivere dà soddisfazione, ma è anche impegnativo: se non fai lo scrittore per vivere, allora ti ci vuole la motivazione per arrivare a concludere un’opera. Una scadenza lo è.
8) La scaletta.
È la diretta conseguenza dei punti precedenti. Ho un’idea, un’ambientazione, un finale, una scadenza: adesso metto in fila i contenuti del racconto in brevi frasi, a indicare le varie scene che si susseguiranno nella vicenda. Sono poco più che appunti, ma mi servono per avere sott’occhio la possibile scansione della trama, e la lunghezza complessiva del racconto. Se devo scrivere un racconto di 20.000 battute, e ho una scaletta di 20 punti, so che mediamente ognuno occuperà circa 1.000 battute. Monitorando il “Conteggio parole” di Word, sono in grado di capire se sto scrivendo troppo poco o se sto sforando.
9) L’incipit.
Quando inizio a scrivere un racconto medito molto sull’incipit, ovvero la frase di apertura. Al pari del titolo, anche questa serve a invogliare o meno a proseguire la lettura. È un piccolo amo per catturare l’attenzione del lettore, ma senza esagerare nell’originalità a tutti i costi: può dare un accenno del tono o del contenuto del racconto, suggerire un particolare curioso, presentare un elemento straniante che verrà poi spiegato in seguito.
Ecco alcuni esempi (tratti da miei racconti), che giocano sul tema della morte: “Sei appena morto, ma ancora non lo sai” (da “Il Bar Subito Dopo”); “L’ultimo dei marziani morì qui a Pontorso tre anni fa, nel marzo 1995” (da “F.lli marziani, dal 1947”); “Alcuni anni fa venni sorteggiato per fare lo scrutatore in una camera mortuaria” (da “Urne elettorali”).
(tutti e tre i racconti di cui qui Nicola Catellani riporta l'incipit sono inclusi nella sua antologia personale Futuri inattesi, curata da RiLL, NdR)
10) Scrivere ogni giorno.
Questo è fondamentale, per me. Dal momento in cui stabilisco di cominciare a scrivere un racconto (e ancora di più nel caso di un romanzo) mi impegno a scriverne ogni giorno almeno due cartelle (3.000 caratteri, o una pagina di Word, font Calibri, dimensione 14, interlinea 1,5). Che io ne abbia voglia o meno, che mi senta ispirato oppure no. Per me significa circa tre quarti d’ora / un’ora davanti al computer.
Tenendo conto che ho già un lavoro vero che mi impegna buona parte della giornata e ho – come tutti – altri vari impegni extra-lavorativi e familiari, non è sempre facile riuscire a ritagliarsi ogni giorno il tempo necessario. Ma è indispensabile, soprattutto per il morale: vedere le pagine scritte che aumentano sempre di più stimola ad andare avanti fino alla fine. Dopo due giorni vedo che ho scritto 6.000 caratteri, dopo una settimana 21.000 (in pratica, un racconto delle dimensioni adatte per il Trofeo RiLL). Mantenendo rigorosamente l’impegno giornaliero, in tre mesi è teoricamente possibile scrivere un romanzo di 180 pagine.
Naturalmente può capitare (e capita) di avere ogni tanto un imprevisto che quel giorno mi impedisce di scrivere: l’importante però è non prenderlo come scusa per fare una pausa più lunga, altrimenti è finita. Bisogna riprendere a scrivere subito il giorno dopo, magari recuperando anche il quantitativo di pagine non scritte il giorno prima.
11) Interrompere la scrittura.
Inizio a scrivere, scrivo tutti i giorni, ma i risultati quotidiani possono essere alterni. Ci può essere il giorno in cui non so come proseguire la trama, medito su ogni frase per vari minuti, e scrivo magari solo 1.000 parole; ci può essere quello in cui la trama scorre liscia e procedo per 4.000 e oltre. Quando è possibile, e soprattutto in questo secondo caso, non proseguo a scrivere tutto quello che mi sta venendo in mente. Mi interrompo prima di esaurire le idee.
Questa è una mossa puramente psicologica e strategica nei miei confronti. Mi serve per avere voglia di ricominciare a scrivere il giorno dopo, perché so già cosa devo scrivere e sono consapevole di aver lasciato qualcosa di incompiuto. È un po’ come “prendere la rincorsa”: invece di partire da fermo, proseguo sullo slancio del giorno precedente.
12) Non usare tutto lo spazio disponibile.
Soprattutto quando scrivo racconti, cerco di pianificare il lavoro in modo che la prima stesura non occupi tutto lo spazio disponibile (ad esempio, nel Trofeo RiLL i racconti possono essere lunghi al massimo 21.600 caratteri). Questo mi consente, quando vado a rileggere la prima stesura, di poter aggiungere frasi e parole, dove necessario per chiarire qualche passaggio. È sempre più facile aggiungere frasi che toglierle, lo garantisco per esperienza personale.
13) Lasciar decantare il racconto.
Una volta terminata la prima stesura, non vado a rileggere subito il racconto. Lo lascio intatto nel computer per qualche giorno, a volte anche di più (scadenze permettendo), in modo da cercare di “dimenticare” ciò che ho scritto. In questo modo, quando lo riprendo in mano, vivo la lettura quasi come se quel testo l’avesse scritto un’altra persona, il che rende la revisione più efficace.
14) Rileggere, correggere, rileggere.
Quando rileggo il racconto, lo leggo tutto di filato, da cima a fondo.
Proprio perché l’ho fatto “decantare”, come dicevo, mi accorgo meglio dei passaggi che non funzionano, delle ripetizioni di parole e delle frasi da modificare. Inoltre controllo la coerenza interna, nella trama e nei particolari (niente di più facile che nelle prime pagine abbia scritto una cosa, e poi nelle ultime ne abbia scritto una diversa). Fatto questo, lo rileggo, controllando e correggendo ulteriormente ortografia, sintassi e punteggiatura. Poi lo rileggo ancora. Lo lascio decantare un altro giorno. Lo rileggo nuovamente. In genere, nel caso di un racconto, lo rileggo dalle tre alle cinque volte.
15) Non farlo leggere a nessuno.
Non faccio leggere a nessuno la versione finale del mio racconto: né parenti, né amici, né colleghi.
Se voi avete a portata di mano un amico professionista in grado di fare una critica costruttiva e un editing spietato, buon per voi. Io non ce l’ho. Il rischio in cui si corre facendo leggere racconti ad amici, parenti e conoscenti (i quali magari vorrebbero fare tutt’altro, ma non se la sentono di rifiutarvi un favore) è che tutti vi dicano quanto sono belli e nessuno si azzardi a sollevarvi la minima critica. In genere è una perdita di tempo. Io preferisco inviare i miei racconti direttamente a concorsi e/o editori, dove c’è gente che ha la competenza e le qualità per giudicare il mio lavoro, e non si fa scrupoli nello scartare o nel darmi consigli per migliorare. Se il lavoro è buono, prima o poi verrà pubblicato: e allora, e solo allora, dirò ad amici, parenti e conoscenti di andarlo a leggere, se vorranno. Se non è buono, meglio che lo sappia solo io.
Ecco qua, la mia lista della spesa è terminata. Ora tocca a voi vedere cosa tenere e cosa buttare di tutto questo (e di ogni altro eventuale consiglio di scrittura che potete trovare in giro), per definire un modo di scrivere che sia congeniale per voi.
Concludo segnalando che anche nella scrittura di questo articolo ho seguito le stesse regole che ho appena elencato (mi era stata data come scadenza fine gennaio 2024, per una lunghezza tra i 5.000 e i 20.000 caratteri; l’articolo è stato immaginato durante le passeggiate di dicembre, abbozzato tra dicembre e gennaio, scritto a metà gennaio e riletto a fine gennaio).
Infine, vi segnalo che da un paio d’anni il mio tasso di colesterolo è perfettamente nella norma, e sto continuando a fare in modo che ci resti.
Buona scrittura a tutti!
(nella foto: Nicola Catellani a Lucca Comics & Games 2023, mentre presenta l'antologia personale Futuri inattesi, durante la premiazione del 29esimo Trofeo RiLL; foto di Saverio Catellani)
Per maggiori dettagli su Futuri inattesi, l'antologia che RiLL ha dedicato ai racconti di fantascienza di Nicola Catellani, rimandiamo a un'altra pagina di questo sito.
In formato cartaceo, il libro è disponibile presso RiLL, al prezzo speciale di 12 euro (spese postali incluse), e inoltre su Amazon, Delos Store, Lucca Fan Store (al prezzo di 12 euro, più spese postali).